PANE, AMORE E FANTASIA!


Ambrosius Francken I, detto il Vecchio, Motiplicazione dei pani e dei pesci, 1598, cm 280 x 212 , Anversa

Premessa: Le letture della Domenica XVII dell’Anno B (2Re 4, 42-44; Sal 144/145; Ef 4, 1-6; Gv 6, 1-15) pongono immediatamente l’ascoltatore, il lettore e chi desideri meditarle, di fronte al dilemma moderno: i miracoli nel NT e nell’AT sono veri? Quando considerarli veri e quando no? La questione è complessa e ben studiata. Su questo si veda l’ Approfondimento a chiusura dell’articolo.

Con Gesù, che dà da mangiare a una grande folla (Gv 6, 1-15), si inizia la lettura del capitolo 6 del Vangelo secondo Giovanni e si apre la sezione di Giovanni dedicata al tema del pane, ampiamente affrontato nel bellissimo ed inesauribile testo di Papa Benedetto XVI Gesù di Nazaret, I, 306-316.

Mons. Tarcisio Tironi, Parroco Emerito della Parrocchia Santa Maria Assunta e San Giacomo Apostolo Maggiore di Romano di Lombardia (BG) e Diretto del del MACS-Museo di Arte e Cultura Sacra) così commenta:

“…Tenendo in una mano il testo evangelico e nell’altra la riproduzione di una delle tante opere d’arte ispirate dal brano giovanneo, rigustiamone la prima parte del sesto capitolo.

Leggiamo quindi la «Moltiplicazione dei pani e dei pesci» dipinta ad olio su tavola da Ambrosius Francken I, detto il Vecchio nel 1598 … Nella grande pala d’altare (altezza 280 cm; larghezza 212 cm) troviamo la narrazione del miracolo – da Giovanni chiamato «segno» – operato da Gesù e presente in tutti e quattro i Vangeli. Da buon fiammingo il pittore sottolinea ogni particolare di una grande scena dove Gesù, appena salito sul monte, si siede e dopo aver visto che una grande folla sta venendogli incontro, mette alla prova Filippo dicendo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Francken ci invita a comprendere lo svolgersi dei fatti secondo il Vangelo mettendo al centro in primo piano sulla sinistra del Maestro proprio l’apostolo interpellato che si gira per chiedere aiuto agli altri, pure loro molto preoccupati. Dall’altra parte, con l’abito verde, interviene Andrea, fratello di Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Eccolo il ragazzo con il contenuto della merenda sulla quale il Maestro, dopo aver fatto sedere sull’erba gli uomini in numero di cinquemila circa, sta facendo scendere la benedizione: «Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano».

Guardiamo a destra, in alto e a sinistra, dietro il gruppo centrale: uomini, donne e bambini, seduti ordinatamente lungo il pendio collinare, stanno mangiando. Di particolare efficacia, sulla sinistra in primo piano, la mamma che guardandoci sta dando un pezzettino di pane al figlio in spalla. Sullo sfondo, al centro del quadro alle dieci ceste pieni di pezzi avanzati, da destra e da sinistra se ne stanno aggiungendo altre due.

Da Gesù attento a sfamare la gente, impariamo che, come afferma Miskin, il protagonista del romanzo «L’idiota» di F. Dostoevskij, «La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera»”.

La moltiplicazione di Giovanni, più volte ricorrente in tutti i vangeli canonici, e quindi con un significato centrale nella narrazione e catechesi Apostolica, indica la vicinanza di Gesù al bisogno della gente sicuramente affamata, ma che ancora, come la Donna Samaritana al pozzo, dovrà scoprire che non vi è solo una fame materiale, come non vi è solo una sete fisica. D’altro canto, Gesù non aveva forse detto: “Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?

6 Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora al paralitico, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». 7 Ed egli si alzò e andò a casa sua” (Mt 9, 6-7).

Dalle stesse parole di Gesù si evince che il miracolo, il fatto straordinario, diviene segno per chi sa vedere oltre ed è testimonianza di un potere superiore di Gesù. Il paralitico andò a casa davvero con le proprie gambe. In lui tutto, infatti, è creato e rinnovato: Ecco io faccio nuove tutte le cose! (Ap 21, 5).

Già Eliseo, con la potenza dello Spirito ricevuto da Elia, moltiplicò i venti pani d’orzo (20=5×4. 5 pani moltiplicati per i 4 angoli della terra a significare l’universalità del cibo che sfama), come il Sal. 144/145 decanta Dio, che dà il cibo a tempo opportuno e questa è consolazione per l’uomo. L’uomo è accolto nel suo bisogno e nella sua miseria anche materiale, non solo spirituale. Ciò che è visibile è prova delle cose invisibili e dell’invisibile Dio (cf Eb. 11, 1). E Paolo, in Ef. 4, 1-6 della seconda lettura, esorta a conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace, pace data anche dalla presenza del pane che sfama chi non ne ha e che era convenuto per vedere e forse ricevere i segni, ma in realtà invitato da Gesù a vedere oltre. Come se Gesù avesse detto:-È più facile dire: Credi nel pane che dà la vita o distribuire pane a tutti avendo solo cinque pani? Perché crediate che il mio Pane dà la vita eterna, prendete e mangiate tutti!

Questo pane, anche materiale, li fa sentire tutti uniti e appagati, ma, certo Gesù in Giovanni e in Paolo chiede di più. In Paolo dice che dobbiamo essere:

5 un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 6 Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti (4, 5-6).

Attraverso il Pane Dio potrà essere tutto in tutti. Ma la strada è ancora lunga. Infatti, la gente lo seguiva per i segni sugli infermi (v. 2). Gesù, però, si ritira sul monte perché ora non è lì per i segni, ma per insegnare ai discepoli e stare in comunione con il Padre.

Il fatto che fosse vicina la Pasqua è un richiamo alla sua immolazione (pane-croce-sangue). Solo chi passa dall’immolazione potrà capire il vero senso di quei veri segni. Ma Gesù alza gli occhi e vede venire la folla e mette alla prova Filippo: Come faremo? Filippo offre una risposta razionale: duecento denari (1 denaro erao la paga di 200 giorni di lavoro) non sarebbero sufficienti. Pietro, futuro Pastore della Comunità, parla dei 5 pani e 2 pesci del bambino. Pani e pesci che al momento per gli Apostoli non hanno ancora un significato salvifico consapevole perché non è giunta l’ora di Gesù eloro non hanno ricevuto lo Spirito.

I pani, però, sono simbolo della comunione futura e al contempo sono anche i soli a disposizione per sfamare il corpo. I pesci saranno riferimento ai salvati, ma anche due poveri pesci assolutamente insufficienti. E 5+2 sono 7 elementi, facilmente riconducibili alla prima creazione, che aspetta di essere rinnovata con l’8° giorno, il primo giorno dopo il Sabato.

Qui si inserisce l’opera di Gesù, il segno, ovvero, un miracolo che, per chi ha occhi, è segno di risurrezione e di vita e, per chi non ha occhi, è solo un fatto al massimo inspiegabile.

Ma il mite e dolce Gesù invita a sedersi, come sarà alla mensa dell’ultima cena, all’Eucaristia, ed erano circa 5.000. Se ci pensiamo, il quinto giorno della creazione, adombrato nel 5×1000, è quello in cui Dio crea gli animali, ovvero, indica tutto ciò che è naturale e che da sé non è capace di Dio, di Vita eterna, da solo non può essere Pane di Vita.

Gesù rende grazie, le sue parole trasformano, in questo caso non la natura, da pane in corpo, ma la quantità da poca a molta. Lui non opera prima il miracolo, ma comincia subito a fare, dare, dare, dare. E veramente, quando si inizia a dare, non ne manca mai.

Un giorno, Don Bosco non aveva più nulla in dispensa e sua Mamma Margherita non sapeva che fare. Glielo disse, sperando

che Giovanni trovasse una soluzione. Giovanni pregò (rese grazie), pregando Colui che è datore di ogni bene. Fece mettere in fila i suoi 400 ragazzi dell’Oratorio, affamatissimi come sempre, e, presa una ciotola di castagne, cominciò a distribuirle a manciate a uno a uno. Quando ebbe finito, la sua ciotola era ancora piena, come all’inizio. Si conservano ancora oggi nella sua camera da letto-museo, un po’ annerite, ma son quelle.

Certo che quei ragazzini cercavano Don Bosco perché gli dava da mangiare, giocare, un lavoro, ma anche perché gli insegnava il Vangelo, Pane di vita eterna!

E i dodici canestri che gli Apostoli ritirarono alla fine? Beh, sono il segno che questo Pane non si esaurirà finché sulla terra ci sarà bisogno della Chiesa e anche dopo, in Cielo, poiché là, più che mai, occorrerà il Pane della vita per tutti e per sempre.

La gente, dopo aver visto e mangiato, deduce che Gesù è un Profeta e si entusiasma. Caspita! ci dà da mangiare, a noi che abbiamo sempre fame e non ci basta mai! Ma Gesù legge bene dentro il cuore, li capisce! Ma deve metterli nella giusta comprensione del segno. Capisce che vogliono farlo re. Lui, però, non è re di questa terra, non è il re del mondo, che sarà, invece, l’Anticristo, e si ritira nuovamente sul monte. Ha dato un assaggio in figura in un segno reale, storico, ma il cui significato è più grande e infinito. Chi mangia di me non morirà in eterno! (cf Gv 6, 51).

APPROFONDIMENTO: Dicevamo che le letture della Domenica XVII dell’Anno B (2Re 4, 42-44; Sal 144/145; Ef 4, 1-6; Gv 6, 1-15) pongono immediatamente l’ascoltatore, il lettore e chi desideri meditarle, di fronte al dilemma moderno: i miracoli nel NT e nell’AT sono veri? Quando considerarli veri e quando no? La questione è complessa e ben studiata. La Chiesa in ciò guida al necessario discernimento. Ci si attiene a quanto detto da Il Catechismo della Chiesa Cattolica, che ne parla in diversi dei suoi canoni (p. es. ai nn. 156; 434; 468; 547). Qui non ne trattiamo, assumendo l’insegnamento della Chiesa come vero e fondamento della fede. “Gesù accompagna le sue parole con numerosi « miracoli, prodigi e segni » (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato” (CCC 547).

Aggiungiamo solo che Joseph Ratzinger –Papa Benedetto XVI parla a lungo della credibilità dei miracoli, prodigi e segni del Signore Gesù per esempio nel famoso Gesù di Nazaret, I (Rizzoli-Libreria Editrice Vaticana, 2007) e risulta particolarmente utile la Premessa al libro (pp. 7-20) dove Eglli esamina la questione del metodo critico e il rapporto tra il Gesù storico e il cosiddetto Gesù della Fede, che non possono essere separati. Suggeriamo l’attenta lettura dell’intervista  Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio. In colloquio con Peter Seewald, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, pp. 51-54, in cui Papa Benedetto con chiarezza dice: “In che misura le leggi naturali debbano essere scavalcate o se in esse siano già implicite le variabili di cui Dio si serve non è questione di primaria importanza. Oggi ci rendiamo conto sempre più chiaramente di conoscere le leggi naturali solo come regole applicative. In ultima analisi non siamo in grado di stabilire cosa sia intrinseco alla natura e quale sia la portata delle leggi naturali. È importante rendersi conto che Dio non si è ritratto dal mondo dopo averlo creato. Ritratto in questo senso: lasciare funzionare il meccanismo secondo quelle regole che sono state prestabilite una volta per tutte. [51] No, Dio può agire. Continua ad essere il Creatore e a conservare la capacità di intervenire”. …

Nella questione dei miracoli è implicita (una idea) quella di Dio. Chi non riconosce i miracoli, ha un’altra concezione di Dio. Penso che siamo giunti alla questione chiave. Non si tratta di stabilire se questo o quell’evento straordinario costituisca un miracolo. Si tratta di affermare che Dio rimane Dio. E che può continuare ad agire nel mondo come Creatore e Signore quando vuole e nel modo che vuole e che è meglio per il mondo. (http://scrittidijosephratzinger.blogspot.com/2013/05/sui-miracoli-e-importante-rendersi.html).

In casi particolari sarà la Chiesa a indicare quale narrazione non sia da considerare storica e in che senso. Non potremo dire che il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci non si riferisca ad un fatto storico precisamente accaduto e restringerci a un significato ‘spirituale’, proprio di un’intimistica persuasione di fede, che coglierebbe, per esempio, il valore della presunta generosità del ragazzo che possiede i cinque pani e i due pesci. Dovremo riconoscerne, invece, anche il significato per la fede di quel segno che a tutti fu visibile, anche se non per tutti fu chiaro nel suo significato e questo pur qualora non lo fosse nemmeno per l’uomo d’oggi.

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O. F. M. Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Ancora con Padre Gianmarco Arrigoni O. F. M. Conv., Non è qui, è Risorto! Mimep-Docete, Marzo 2024.

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