Nel libro di Antonio De Lauri un pezzo di storia dimenticata che permette di decifrare il presente.
Siamo ormai giunti quasi alla fine dell’anno che ha visto le celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, quelli passati sono stati mesi nel corso dei quali abbiamo assistito alla riproposizione di avvenimenti e personaggi della nostra storia, episodi e nomi spesso mitizzati, che sono stati protagonisti di quel periodo che va appunto sotto il nome di “Risorgimento”.
“Risorgimento” è un termine che nella sua etimologia sta ad indicare un momento storico nel quale un paese “risorgeva”, si risollevava da una condizione evidentemente ritenuta di “morte”. Ma in realtà per descrivere quel periodo storico si tratta di un termine improprio, l’Italia aveva bisogno di essere unita, non di “risorgere”, la sua storia lontana e quella più recente era stata ricca di cultura e arte, nelle sue Università era nata la rivoluzione scientifica mentre a Roma sorgeva l’ Accademia dei Lincei, una delle prime al mondo.
La teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Darwin, essendo stata pubblicata nel 1859, si inserì nel contesto risorgimentale finendo con l’essere però subito strumentalizzata in funzione antitradizionalista. La rottura col passato veniva vista in determinati ambienti come una premessa necessaria per la nascita della nuova patria, e la teoria darwiniana sembrava prestarsi bene a tal fine.
Nascevano così i circoli dei “Liberi pensatori”, nei quali si diffondeva l’idea che si dovesse combattere la religione per conquistare la libertà. Venivano così riprese e diffuse le idee del biologo e filosofo tedesco Ernst H. Haeckel, per il quale la storia delle nazioni seguiva le leggi biologiche dell’evoluzione degli organismi, ma a quelle idee si opponeva fortemente il pensiero di Benedetto Croce che invece affermava con convinzione la separazione tra “storia” e “natura”. Il dibattito infine si esaurì e giunse il ‘900, con il suo carico di scontri tra nazioni, col trionfo delle ideologie razziali e dei sistemi atei o comunque materialisti.
Il saggio di Antonio De Lauri, per usare una sua espressione, ci offre la possibilità di riascoltare le “voci dei vinti”, di quegli uomini, spesso di grandissima levatura, che si impegnarono per una visione del mondo in cui la scienza non fosse sinonimo di scientismo e materialismo, in cui lo studio dell’evoluzione non fosse strumentalizzato contro la religione.
Uomini che proponevano la visione di un mondo in cui l’uomo fosse ontologicamente diverso dagli animali e che quindi non dovesse seguire la legge di una natura dai “denti e artigli insanguinati”, per usare le parole di Tennyson.
Ma come sappiamo le cose andarono diversamente, e oggi quelle “voci dei vinti” sono diventate un patrimonio da recuperare, una testimonianza di grandissimo valore che non solo ci parla di come sarebbero potute essere le cose se fosse prevalsa una visione diversa dell’uomo, ma che ci fornisce un materiale preziosissimo per affrontare le grandi questioni intellettuali, scientifiche e sociali del presente.
Antonio De Lauri, La “patria” e la “scimmia” Il dibattito sul darwinismo in Italia dop l’Unità – ed. Biblion 2010