La conquista della castità

Un ideale da recuperare

Conservati casto

I Tm 5,22

Certamente uno dei bisogni più urgenti della società e della Chiesa del nostro tempo, soprattutto nella formazione dei giovani, ma anche in ordine alla salvaguardia della famiglia, della vita religiosa e del comune buon costume, è quello ripristinare la stima e la pratica della temperanza sessuale sulla base di una giusta etica sessuale.

Un tempo si parlava di «purezza». Ma la purezza deve qualificare ogni virtù in quanto tale, e non può essere predicata in modo specifico o per antonomasia della temperanza sessuale. Da qualche tempo nel linguaggio della Chiesa si è diffuso il termine «castità», che con più chiarezza e precisione rimanda il pensiero alla moderazione dell’attività  sessuale. In passato, per la verità, questo termine veniva spesso preso nel senso di un’astinenza totale da questa attività, propria, per esempio, del voto religioso. Così oggi ormai si parla comunemente non solo di castità consacrata o religiosa, ma anche di una castità matrimoniale, una castità giovanile, una castità vedovile e via dicendo.

Il termine latino castus significa effettivamente «puro», «mondo», «integro», «onesto»; ma non necessariamente in relazione al sesso, ma come virtù in generale, tanto che anche che uno scrittore che avesse un buono stile era detto castus.Da castuspoi viene castigo, che è l’azione spesso severa per moderare o reprimere l’impulso sessuale e ottenere appunto la castità.

Ma mi pare che sia stata una buona idea quella della Chiesa quella di allargare il senso di questo termine a significare in generale la pratica virtuosa nei confronti del desiderio o dell’istinto o dell’impulso sessuale, pratica, che può comportare una repressione perpetua o temporanea, a seconda che si tratti rispettivamente dello stato non matrimoniale o dello stato matrimoniale. Quello che oggi occorre tornare a comprendere ed insegnare soprattutto ai giovani è quali sono i motivi che giustificano l’astinenza sessuale e quali sono i mezzi pratici per realizzare questo obbiettivo.

Gesù paragona la condizione del religioso tenuto al voto di castità a quella di un eunuco (Mt 19,12), rifacendosi con un crudo termine ad un’antica pratica barbarica ed umiliante, adottata per i guardiani delle donne negli harem dei signori del suo tempo. Naturalmente non va presa alla lettera, ma si tratta di una metafora, con la quale Gesù vuole esprimere la dedizione totale e senza riserve del religioso alla causa del regno dei cieli.

Tutto dev’essere posticipato e, se occorre, abbandonato, alla conquista del regno. Il religioso lascia tutto per Cristo, in vista di avere fin da adesso il centuplo (Mt 19,29) di ciò che ha lasciato, insieme con tribolazioni e in premio la vita eterna. Dunque il religioso non abbandona il sesso per sempre, ma per ritrovarlo glorioso e immortale nella vita futura.

La castità è una difficile conquista, una ardua scalata alpina, una gloriosa padronanza di sé, una dolce serie di rinunce e di volontari sacrifici, una conquista graduale, mai del tutto conseguita nella vita presente, anche dai più santi e più casti, esclusa la Madonna.

Illusione e falsa soluzione è quella violenta, di tipo platonico od origenista, simile a quel dentista, che anestetizza il nervo perché il paziente non senta più il dolore al dente. L’origenista, invece, fa lo stesso ragionamento di uno, che si togliesse l’apparato uditivo per non essere assordato dai rumori o che si togliesse gli occhi per non essere abbagliato dal sole.

Non è il desiderio sessuale come tale che induce al peccato. Al contrario, è Dio stesso che ha posto tale desiderio nel cuore dell’uomo e della donna. Ma è la concupiscenza della carne, che è quel desiderio cieco, sfrenato e smodato (libidine) o troppo debole o languido (frigidità), che è conseguenza del peccato originale. Occorre dunque non estinguere ma purificare il desiderio con la stessa astinenza sessuale o la sua moderazione. Questo è il compito della castità.

Essa è una virtù morale che ha per soggetto l’appetito sessuale o per reprimerlo  nelle varie condizioni umane, nelle quali è doveroso, sia laicali che sacerdotali e religiose, e sia per moderarlo  ragionevolmente nella condizione coniugale. Per sapere che cosa è la castità, occorre allora ricordare che cosa è la sessualità umana. Essa è una realtà molto complessa, che riguarda e coinvolge totalmente la persona nella totalità dei suoi piani di esistenza.

Certamente il sesso è un apparato organico addetto alla riproduzione della specie. La sua esistenza basilare è indubbiamente corporea. Comporta, come è noto, una duplice conformazione corporea, maschile e femminile, con appositi organi addetti alla riproduzione della specie, in modo tale che la specie umana è divisa in queste due classi o sottospecie maschio e femmina, sicchè ogni individuo umano sano e normale o è maschio è femmina.

L’anima dà vita, forma e attività a questa duplice configurazione corporea a tre livelli di azione vitale: il livello biologico-neuro-vegetativo, espressione immediata della configurazione corporea ed organica, immediatamente deputato alla generazione mediante fecondazione, come avviene anche nelle piante.

Ma nell’uomo, come negli animali l’atto generativo non avviene solo in forza degli appositi dinamismi neuro-vegetativi, ma è ordinato da un atto di conoscenza sensibile, che suscita un’attrazione reciproca, e quindi avvia a sua volta nei due un impulso emotivo-affettivo passionale ed istintuale, l’amore, ossia il desiderio dell’incontro e dell’unione reciproca, come espressione dell’amore, unione che provoca l’atto  generativo.

Nell’uomo, tuttavia, come è noto, le forze che sorgono dalle potenze sensitive non sono sufficienti, come lo sono invece negli animali, per fare da guida alla sua condotta, ma occorre quella potenza che caratterizza l’uomo come tale, ossia la ragione, con l’aggiunta, nel cristiano, della fede. In tal modo, nell’uomo, come il sesso influenza il livello psicologico della persona, così influisce anche a livello spirituale, determinando le differenze spirituali tra uomo e donna. Per converso, è responsabilità della ragione e dello spirito e non della semplice passione o dell’istinto, regolare nell’uomo la vita e l’attività sessuale o con l’astinenza totale nelle varie condizioni di vita opportune o con quella parziale nel matrimonio.

Formazione alla castità

La repressione del desiderio e del piacere sessuale praticata dalla vera castità non ha lo scopo di estinguere la sessualità, ma, al contrario, di purificarla e ridarle l’energia edenica. Ancor più, è una specie di digiuno che deve preparare il banchetto escatologico, perché, secondo la fede cristiana, il sesso non deve finire con la morte, ma deve risorgere più glorioso che mai nella futura resurrezione.

S.Paolo insegna peraltro che la futura condizione dl resurrezione gloriosa è già pregustabile fin da ora, benché molto imperfettamente in alcuni inizi prefigurativi, che Paolo chiama «primizie e caparra dello Spirito», una specie di anticipazione della paga che Dio darà ai suoi fedeli in paradiso. Si tratta dell’avanzare dell’«uomo nuovo» mediante la mortificazione dell’«uomo vecchio».

Ora, il Concilio Vaticano II presenta la castità consacrata precisamente come  un segno prefigurativo dei beni messianici della futura resurrezione, dicendo che «lo stato religioso rende visibile per tutti i credenti già in questo mondo la presenza dei beni celesti e meglio testimonia la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo e meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria del regno celeste»[1].

I religiosi, dunque, essendo una prefigurazione del rapporto non generativo dell’uomo con la donna, proprio della futura resurrezione, costituiscono anche per gli sposi nella vita presente l’indicazione della meta celeste, che anche loro devono raggiungere, allorché essi pure avranno cessato dalla loro funzione procreativa, ma non per questo sarà cessato il loro amore.

Non avvertire nessuna attrattiva sessuale non è segno di castità, ma è una insufficienza affettiva o una mancanza di passione o di sensibilità, che gli psicologi chiamano «frigidità sessuale». Essere privo di passione è natura nell’angelo, che è puro spirito, ma è patologico nell’uomo, che è un animale ragionevole e quindi sessuato. La persona casta sente l’attrattiva sessuale e la rispetta, perché sa che è creata da Dio per la felicità dell’uomo; e tuttavia, trovandola guasta a causa della colpa originale, la frena e vi rinuncia in attesa  di ritrovarla nella resurrezione futura, pura da ogni macchia e corruzione dovuta al peccato. Chi è malato deve seguire una cura che comporta rinunce e durezze; non è in piena efficienza e non può condursi liberamente come se fosse sano. Così similmente l’astinenza sessuale della castità è una cura severa e una disciplina austera nell’attesa della piena guarigione del sesso che avverrà alla resurrezione.

I formatori degli istituti religiosi devono quindi esercitare i loro discepoli nella castità; ma devono fare attenzione a non confondere un giovane frigido, represso o frustrato, refrattario alla donna con un candidato al voto di castità. Il diritto canonico contempla l’«impotentia coeundi», tra i motivi di nullità del matrimonio. Occorre verificare nel candidato se la sua rinuncia al matrimonio dipende dal fatto di aver scoperto un ideale superioreo dal fatto di non essere adatto al matrimonio o perchè non riesce a trovare una ragazza.

La castità coniugale non è certo una concupiscenza legalizzata. Anche nel matrimonio ha senso l’astinenza sessuale di tipo ascetico, anche se ovviamente solo periodica, benchè esistano casi rarissimi di matrimoni vergini, sul modello del matrimonio fra S.Giuseppe e la Madonna. Questa astinenza, della quale parla anche l’Enciclica Humanae Vitaedi S.Paolo VI, similmente a quella consacrata, purifica l’amore, lo rende più limpido, fecondo e sincero, lo eleva ad un’unione superiore, più alta e più intima in Dio. Maggiormente risplende il valore dell’amore indissolubile, esclusivo e fedele, destinato alla vita eterna. Tutta la famiglia ne trae beneficio in ordine alla sua unità ed alla crescita nella santità.

È vero che oggi i formatori rischiano di lasciarsi ingannare dal lassismo di moralisti modernisti e da giovani troppo estroversi ed esuberanti, refrattari alla mortificazione ed all’ascetica. Questi moralisti non riescono a spiegare perchè dovrebbe esser meglio restare vergini che sposarsi. Non basta parlare di «scelta diversa», ma occorre mostrare con argomenti stringenti la sublime bellezza della scelta religiosa, affinchè il giovane abbia la forza di affrontare un sacrificio così grande da rinunciare a farsi una famiglia. Altrimenti, come avviene in molti  casi, il religioso, magari già professo e già sacerdote, fa marcia indietro e torna nel mondo. Ma resta il fatto che occorre presentare e far mettere in pratica il moderno concetto di castità come sereno benchè prudente rapporto fra uomo e donna.

Come ha insegnato Freud, in realtà l’istinto represso con la violenza e cacciato nel subconscio,  ricompare alla coscienza e si  fa sentire sotto forma di neurosi, mascherato nella forma di una finta spiritualità. Nessuno può coartare impunemente ciò che Dio ha creato. Anche il paragone della castità umana  con quella dell’angelo – la cosiddetta «virtù angelica» – non è educativa ed è fuorviante.

Il detto di Cristo «saranno come angeli» a proposito dei risorti non va inteso, come spiegò a suo tempo S.Giovanni Paolo II, che di là non ci sarà differenza sessuale, ma al contrario che vi sarà una comunione dell’uomo con la donna ancora superiore a quella del piano originario della creazione. Altrimenti dove andrebbe finire la resurrezione? Questo non sarebbe cristianesimo, ma platonico disprezzo del corpo. La vera castità è la repressione di un impulso tale che, quanto più forte è l’impulso represso, tanto maggiore è il merito della castità.

Amore e castità

Per capire il valore della castità, bisogna ricordare anzitutto che l’amore vero tra uomo e donna, che rende veramente felici, fecondi di opere buone e graditi a Dio, è l’amore casto, comporti o non comporti l’unione sessuale, meglio se non la comporta, come nella vita religiosa, prefigurazione della condizione escatologica dell’uomo e della donna. Tale amore è la vittoria sull’amore lussurioso, che acceca la mente, indebolisce la volontà, rende egoisti e schiavi della passione, crea il disgusto per le cose celesti, fa dimenticare la vita futura, si abbarbica morbosamente ai piaceri di questo mondo conducendo alla perdizione eterna.

In realtà, secondo il piano divino sull’uomo, l’amore umano, che ha la sua espressione originaria nell’Eden con la creazione del’uomo maschio e femmina, è la massima e paradigmatica espressione ed attuazione nell’unione escatologica tra l’uomo e la donna, è una virtù unitiva («si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola»), fisica e spirituale, passionale e volontaria, per la quale i due entrano in un’intima comunione con interpenetrazione dei corpi e fusione degli spiriti, in attuazione a una reciprocità fisica e spirituale («ecco, finalmente la carne della mia carne»), per la quale si completano a vicenda, l’uno attratto dall’altra e l’uno attraente per l’altra, con sommo piacere fisico e spirituale.

Si tratta dunque di un amore sessuato, anche se non necessariamente sessuale. Ossia, comporta la reciprocità uomo-donna, anche se non giunge necessariamente all’atto sessuale nel matrimonio, ma può benissimo esprimersi nel voto di castità, come abbiamo infiniti esempi di coppie sante, soprattutto all’origine di molti istituti religiosi femminili, dove la fondatrice è affiancata ed assistita da un sacerdote cofondatore.

La lussuria

La lussuria è l’ostacolo e la rovina di questo amore e quindi è il nemico che occorre combattere per la conquista del vero amore, che è l’amore casto. La conquista della castità è quindi il risultato graduale, sempre contrastato, di una lunga e metodica lotta contro la lussuria, vizio particolarmente insidioso ed astuto, perché, per un animo affettivamente normale, amante della vita e del bello, non ha affatto l’apparenza del male, ma, al contrario, appare come espressione spontanea dell’amore, esaltazione del piacere ed affermazione della vita, tutte cose in sé buone, create e volute da Dio. Facciano attenzione gli educatori che la ripugnanza istintiva ed irrazionale, che alcuni provano per il piacere o per l’atto sessuale, non è per nulla disposizione alla castità consacrata, ma è segno di un’emotività patologica.

Bisogna allora che l’educatore mostri con validi argomenti ed esempi di vita al giovane l’inganno che viene da questo vizio, inganno, si badi bene, che non viene anzitutto dallo stimolo della concupiscenza, ma da idee sbagliate sul sesso,  come per esempio quelle che si ricavano dall’etica rahneriana, la quale confonde spirito e corpo e sostiene che la libertà della persona consiste nella sua facoltà di plasmare e determinare a sua volontà la sua natura, il suo essere e la sua esistenza.

Per questo S.Paolo avverte: «che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose» (I Ts 4,6). Se si permette che nei Seminari venga insegnata l’etica rahneriana, non meravigliamoci se poi da essi escono preti pedofili e sodomiti. La causa di ciò non sta nel «clericalismo», ma nelle idee di Rahner.

Si può essere provati da una forte concupiscenza; ma se si hanno idee chiare e forti convinzioni sulla castità, e la si cerca con l’aiuto della grazia, si resiste, come attesta l’esperienza di sempre. Ma se si è vittime delle idee di Rahner, si finisce col cedere, anche se si dice Messa, l’ufficio divino  e un Rosario tutti i giorni.

Lutero è crollato sotto lo stimolo della concupiscenza perché la confondeva col peccato. Ma la concupiscenza, in realtà, come avrebbe chiarito il Concilio di Trento[2], non si identifica affatto col peccato, benchè sia uno stimolo conseguente al peccato originale. Invece la concupiscenza è un abito, ossia un’inclinazione morbosa al peccato, mentre il peccato è un atto, che si toglie col pentimento e il perdono divino.

Abbiamo infatti il libero arbitrio, che purtroppo Lutero negava. Per mezzo di esso, col soccorso della grazia, ci è consentito di resistere e di vincere. Ma siccome la concupiscenza nella vita presente è ineliminabile, Lutero credette che fosse ineliminabile anche il peccato. Da qui la sua falsa soluzione del simul iustus et peccator in base a una falsa idea della misericordia divina, intesa come licenza o permesso di peccare impunemente. Possiamo immaginare quale educazione alla castità verrà fuori da idee del genere messe a disposizione dei giovani.

Colpire il male alla radice

Occorre allora insegnare al giovane a colpire il male alla radice. È un lavoro delicato, perché bisogna ad un tempo suscitare in lui l’odio per il peccato senza tuttavia portarlo a disprezzare il sesso, che, come ha detto di recente Papa Francesco, è un «dono di Dio». È un lavoro simile a quello che un restauratore farebbe su di un quadro di Raffaello, che uno sconsiderato avesse imbrattato di escrementi. Togliere la sporcizia per far risaltare la bellezza del quadro.

Occorre allora colpire il motore primo della lussuria, dopo averlo riconosciuto e detestato come tale. E questo motore è l’attrattiva idolatrica del piacere sessuale nella sua brutalità conseguente al peccato originale, piacere cercato indipendentemente dal chiedersi se sia fondato su di un vero bene o tanto meno se permesso da Dio. Quindi un piacere procurato non da un onesto atto coniugale, e neppure eventualmente da un contatto con l’altro sesso, ma anche quel piacere che può nascere dalla masturbazione, dalla sodomia e dalla pedofilia o peggio ancora.

Questo apprezzamento e ricerca del piacere per se stesso, indipendentemente da considerazioni di carattere morale, sono purtroppo favoriti da idee egoistiche, individualiste, soggettivistiche, storicistiche o relativiste, negatrici della legge naturale, di carattere sensistico, positivista, liberale, empirista ed edonista, oggi molto diffuse e rappresentate negli spettacoli, nella musica, nella letteratura  e nei divertimenti, che attirano i giovani.

Per distogliere il giovane da questa attrattiva morbosa ed ossessiva, l’appello al timor di Dio vale solo per quei pochi pii giovani che oggi sanno che Dio castiga; ma purtroppo è diffusa l’eresia secondo la quale tutti si salvano, per cui qualunque cosa facciamo, siamo sempre perdonati. Conviene allora riferirsi all’esperienza amara e deludente del figliol prodigo, il quale riflette sulla infelicità, sull’inquietudine, sull’aridità e sul tormento interiore, che procura la lussuria, a confronto della saggezza, della serenità, dell’amabilità, della bontà e   della pace di coloro che sono casti.

Bisogna inoltre inquadrare il problema della castità nel più ampio problema del dominio generale delle passioni, soprattutto quelle legate al corpo: la gola, l’ira e l’avarizia. Già i Padri del deserto fanno notare queste connessioni, per cui prescrivono di non operare settorialmente, ma globalmente al fine di dominare assieme tutte queste passioni. O si fa così o non si ottiene niente. Non si può essere casti e ad un tempo irascibili, mangioni, attaccati ai soldi e alle mollezze. Già queste cose il detto popolare le conosce: «Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere».

Anche il troppo parlare e il troppo agitarsi, oggi apprezzato perché si passa per compagnoni simpatici, spiritosi, estroversi, socievoli, allegri e di buon umore, i troppi scherzi, la buffoneria, un ridere eccessivo, che sfocia nel deridere, tutte cose  oggi molto apprezzate – per alcuni sono «segni di vocazione» -, in realtà favoriscono la dissipazione, l’impulsività, la superficialità, e la futilità, tutte cose che vanno d’accordo con quel clima psicoemotivo, che favorisce la lussuria o nasce dalla lussuria.

L’educatore dovrà dunque abituare il giovane alla riflessione, al raccoglimento, alla giaculatoria frequente, alla meditazione, all’ascolto della propria coscienza, degli altri e della Parola di Dio nel silenzio e nella solitudine, in un regime di vita regolato, austero, controllato, sobrio, mite, umile, modesto, operoso, dedito alla carità fraterna, amante della vita comune, disponibile ai bisogni degli altri, accogliente e servizievole. Tutti questi atteggiamenti, se non favoriscono direttamente la castità, certamente contribuiscono alla sua attuazione ed alla sua custodia. Fanno, per così dire, da naturale habitat della castità.

Il principio di sostituzione

Importante è il principio di sostituzione. Non possiamo vivere senza provar godimenti. Dio stesso, già negli animali, ha associato il piacere all’esecuzione degli atti necessari al loro vivere, in modo tale che l’animale, non conoscendo razionalmente il fine di una data azione necessaria alla sua vita, la compie istintivamente perché attratto dal piacere.

Anche in noi avviene qualcosa di simile, con la differenza che noi, usando la ragione, sappiamo perchè e a quale scopo dobbiamo fare certe azioni. E siccome ci accorgiamo che non ci basta affidarci solo all’istinto e all’attrattiva del piacere, perché capita che questi criteri non sono in grado di assicurare il nostro vero bene, bisogna che ricorriamo alle indicazioni della ragione. Oltre al fatto che esistono in noi tendenze superiori a quelle animali – quelle culturali, spirituali e religiose -, per soddisfare le quali non basta l’inclinazione naturale, ma occorre la scelta del libero arbitrio.

La soddisfazione dei bisogni dello spirito dà un piacere immensamente maggiore di quello relativo ai bisogni del corpo e del sesso. Di per sé, secondo il piano originario della creazione, non esiste nessun contrasto fra quei due piani del piacere, ma l’uno è ordinato all’altro e l’altro si esprime nell’uno, così come il corpo e lo spirito, entrambi creati da Dio, sono fatti di per sé per vivere in perfetta armonia.

È stato il peccato originale a contrapporli fra di loro, in modo tale che, per salvare le gioie superiori dello spirito, occorre rinunciare in qualche modo a quelle del sesso. Da qui la necessità di un’astinenza sessuale tanto più rigorosa, quanto maggiori sono le esigenze spirituali di una data anima. Ma una volta che nella futura resurrezione questo conflitto sarà cessato, il sesso riprenderà i suoi diritti, ovviamente sempre sottomesso allo spirito, ma senza che questo debba rinunciare a quello.

Invece nella vita presente, per vincere le tentazioni carnali occorre spostare l’attenzione ad oggetti onesti e superiori. Ma la volontà riuscirà in questa non facile operazione, solo se ha imparato a gustare «quanto è buono il Signore» (Sal 34, 9). L’uomo, infatti, come ho detto, non può vivere senza godimenti; per cui, se non è capace di godere di quelli spirituali, si volge a quelli carnali.

Invece, se conosce le gioie dello spirito, è pronto, al fine di non perderle, a rinunciare a quelle del sesso, che quaggiù fanno loro guerra. Ecco la castità consacrata. Obbiettivo fondamentale dell’educazione alla castità è dunque quello di innamorare talmente di Dio il cuore del giovane, da renderlo pronto a rinunciare al piacere sessuale pur di non perdere la gioia di stare col Signore.

L’aspetto relazionale della castità

Oltre a ciò l’educatore deve abituare il giovane ad una pratica relazionale della castità. Oggi la Chiesa chiede una pratica della castità più difficile di quanto fosse prima del Concilio, ma fornisce anche gli opportuni sussidi. Più difficile, perché oggi i sessi hanno molte più occasioni di incontrarsi che prima del Concilio.

Come infatti già segnalava S.Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris, ormai da quasi un secolo la donna ha fatto il suo ingresso nella vita pubblica della società e della Chiesa, per cui, siccome valgono sempre le tradizionali cautele relative alla custodia dei sensi e alla fuga dalle occasioni del peccato, è chiaro che queste pratiche risultano più difficili di un tempo, nel quale la donna faceva una vita ritirata in famiglia.

Ma a queste difficoltà, come è noto, se ne sono aggiunte altre, e cioè che l’istituto familiare ha cominciato a soffrire di questa situazione per il fatto che da una parte è diminuito l’impegno educativo della madre verso i figli, mentre la presenza della donna nella vita pubblica ha creato difficoltà alla pratica della fedeltà coniugale, con la conseguenza della diffusione del divorzio.

La Chiesa, approvando l’ingresso della donna nella vita pubblica civile ed ecclesiale – si pensi per esempio ai ministeri femminili -, ha nel contempo offerto ciò che poteva far da contrappeso o da rimedio alle suddette difficoltà con la pubblicazione di una massa considerevole di insegnamenti sulla donna e sulla famiglia, che costellano il magistero della Chiesa dal Messaggio del Concilio alle Donne all’Esortazione Apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco.

Importante, inoltre, è la presentazione della Madonna come ideale della donna, vergine, sposa e madre, «tipo» della Chiesa. Su ciò il magistero pontificio ha molto insistito in questi ultimi decenni. Anche questa indicazione risulta utile per nobilitare la presenza della donna nella vita pubblica. La verginità di Maria non è motivata da esigenze ascetiche, come avviene in noi, dato che ella è esente dalla colpa originale, ma ha una giustificazione meramente teologica, in quanto ella è Madre di Dio, che è purissimo Spirito non sessuato.

Eppure, siccome Dio è creatore del sesso e del piacere che esso procura, Egli lo contiene in Se stesso virtualmente, come la fiamma della candela è contenuta e oltrepassata nel calore del sole. Maria, quindi, nell’unirsi al Padre per generare il Figlio, non ha provato il piacere sessuale, ma non perchè fosse frigida, cosa che suonerebbe offensiva per Maria, ma perchè il piacere sessuale fu virtualmente contenuto e superato infinitamente dall’ombra dello Spirito, che «la coprì», la avvolse, penetrò in lei e la fecondò.

Conclusione

In questa vita il sesso è nelle condizioni simili a quelle di un arto fratturato, che dev’essere protetto da un’ingessatura. La castità è come questa ingessatura. Così il sesso è un sesso ingessato. Sarebbe imprudente adesso farlo funzionare senza quella protezione. Ma quando la frattura si sarà ricomposta, al termine della vita presente, allora l’ingessatura sarà tolta, ossia l’astinenza non sarà più necessaria e il sesso inteso nel senso che ho detto potrà funzionare liberamente, anche se adesso non sappiamo come.

Oppure si può paragonare la pratica dell’astinenza sessuale al digiuno quaresimale. Essa serve a preparare il banchetto pasquale della futura resurrezione. Già da questa vita, come ho detto, abbiamo dei precorrimenti della resurrezione: è la castità dei religiosi, così come la IV domenica di Quaresima, detta Laetare, o la Solennità della Trasfigurazione rappresenta una sosta nella fatica e il baluginìo  della luce pasquale.


 

[1]Cost.Dogm. Lumen Gentium, n.44.

[2]Denz.1515.

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