Il prof. Melloni e il golpe della Cantagalli

libro cantagallidi Bonifacio Borruso (Italia Oggi)

Eterogenesi dei fini vaticanistici: il racconto, per definizione asettico ed equilibrato, dei Sacri Palazzi e, per estensione, della Chiesa tutta, diventa cronaca un po’ partigiana e faziosa.

Alcuni illustri cronisti di cose papali, con la salita di Jorge Bergoglio al Soglio di Pietro, da asettici raccontatori, si trasformano cioè in militanti. Con l’avvento di Francesco, pontefice che gode di buonissima stampa fuori le Mura ma che comincia a sollevare un po’ di critiche all’interno, l’aplomb davvero curiale di certi giornalisti e scrittori sta passando in cavalliera.

Recensendo ieri sul Corriere Fiorentino un libro di Giuseppe Brienza, Don Milani e Papa Francesco. L’attrazione della testimonianza (Cantagalli), Alberto Melloni, studioso del cristianesimo all’università di Modena e uno dei commentatori di punta di Via Solferino, s’è lasciato scappare una dura e postuma reprimenda per quel piccolo editore senese, Cantagalli appunto, che si è fatto conoscere per l’accuratezza dei suoi libri.

Improvvisamente deviando dalla recensione del saggio in questione, Melloni ha ricordato la pubblicazione, in ottobre, di un libro dei cinque cardinali piuttosto severo contro certe teologie aperturiste in fatto di pastorale familiare e di cui si prevedeva la celebrazione nell’imminente Sinodo della famiglia.

Il libro, Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica, firmato da Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis, Raymond Leo Burke e Gerhard Ludwig Müller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio, fece scalpore perché prese di petto le teorie già note, e tutt’altro che tradizionaliste, di un altro porporato, Walter Kasper, incaricato dal Papa di guidare appunto il Sinodo. D’amblai, Melloni definisce la Cantagalli come «la casa editrice che, con la copertura del cardinale Muller, il prefetto della dottrina della fede, aveva tentato con buona o mala fede lo sa solo Dio (io giuro sulla buna fede del card. Caffarra e basta) di ordire un complotto contro il papa e contro il sinodo per dire a poche ore dal suo inizio che sulle cose su cui Francesco voleva discutere non si doveva discutere».

Una digressione tanto curiosa quanto feroce: ci sarebbe stato un complotto contro papa Francesco e contro il Sinodo, nientemeno.

Un golpe ecclesiastico, un putch curiale, ordito da quattro cardinali con un quinto, l’arcivescovo di Bologna, Caffarrà, coinvolto all’insaputa, quasi che, anziché di un teologo fininissimo, si trattasse di un Claudio Scajola qualsiasi. E la base insurrezionale sarebbe stata appunto una piccola casa editrice di Siena.

E così la recensione di un innocuo libretto si trasforma nella rivelazione di una spy story rosso porpora. Strano che al Corsera non si siano accordi dello scoop e abbiano relegato l’autorevole intervento sul dorso toscano, peraltro un gran giornale ma locale, forse avendo letto distrattamente che si parlava di don Milani.

Melloni, peraltro, era uno di quelli che aveva minimizzato quando altri vaticanisti, come Andrea Tornielli e Paolo Rodari, avevano scritto un libro che parlava di un complotto contro Benedetto XVI, Attacco a Ratzinger (Piemme). «Non penso ci sia stato un complotto contro il Papa», aveva tagliato corto il professore, «è dall’Ottocento in poi che il protagonismo del pontefice, senza più terra né stato, ma proprio per questo molto più visibile e infinitamente libero, fa sì che tutto quanto viene dalla Chiesa finisca per riferirsi direttamente a lui».

La natura di quel complotto si sarebbe vista poi: fra carte trafugate dall’appartamento papale, lo Ior che fa e disfa senza informare il pontefice costretto ad apprendere dal Tg1 dell’impegno sul salvataggio del San Raffaele.

La congiura vera, ora lo sappiamo, era un’altra. E tutta libresca.

fonte: ItaliaOggi

 

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Autore: Libertà e Persona

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