Non capita tutti i giorni che i radicali, presi come sono a fare pubblicità a loro stessi, riconoscano esplicitamente i meriti politici altrui. Eppure è proprio il sito dei Radicali italiani a confermare che, se il “divorzio breve” è stato «espulso dal Decreto Legge sulla giustizia civile», lo si deve a «insofferenze governative» e precisamente al Nuovo Centro Destra, messosi «di traverso» bloccando «l’iter agevolato» del provvedimento. I media nazionali hanno dato, quando l’hanno dato, scarso rilievo a questa piccola grande vittoria politica da parte del partito, eppure si tratta di un fatto importante, anche considerando la consistenza parlamentare non enorme di cui godono NCD e i suoi alleati. Che però, sulla difesa dei valori, si conferma una forza politica battagliera che costituisce una piacevole anomalia in tempi dei quali, com’è noto, fra centro-destra e centro-sinistra sui temi etici le differenze vanno pericolosamente assottigliandosi.
Il fatto che il “divorzio breve” non sia ancora legge lo si deve dunque, anzitutto, ad un partito ancora piccolo rispetto ad altri ma forte di parlamentari assai determinati; dall’on. Eugenia Roccella, che già mesi or sono ebbe il coraggio di denunciare quella sul “divorzio breve” come «una legge ideologica che vuole indebolire il matrimonio, rendendolo sempre più simile a un semplice patto di convivenza» all’on. Alessandro Pagano, dal sen. Carlo Giovanardi, che all’indomani della plebiscitaria approvazione di questo provvedimento alla Camera ebbe ad annunciare «battaglia durissima in Senato» al sen. Maurizio Sacconi, da diverso tempo persuaso dell’opportunità, nell’attuale fase politica, di una moratoria su argomenti delicati e spesso divisivi come questi. Ciò nonostante, gli agguerriti sostenitori del “divorzio breve” torneranno molto presto alla carica, non c’è alcun dubbio.
Ma nel frattempo è bene, oltre che sul dato meramente politico, riflettere più in generale su cosa implichi evitare l’introduzione del “divorzio breve” e cioè, in primo luogo, il contenimento di un’ulteriore frammentazione delle unioni matrimoniali. Che, guarda caso, si è puntualmente aggravata laddove una forma “divorzio breve” è stata introdotta. Lo mostra in modo tristemente esemplare il caso della Spagna dove, introdotto nel 2005, il successo del divorzio express non si è fatto attendere: 1.343.760 rotture coniugali fra il 2003 e il 2012 (la quasi totalità determinate, appunto, dal “divorzio breve”) con l’aumento vertiginoso di quelle conflittuali – furono il 35,52% del totale nel 2004, sono state il 40,74% nel 2012 . Nel frattempo i divorzi, nel loro insieme, continuano a crescere (furono 124.702 nel 2011, sono stati 127.362 nel 2012:+2,13%), e secondo alcune stime oggi, ogni quattro minuti, finisce un matrimonio.
Sulle ulteriori conseguenze sociali del divorzio express allo stato non abbiamo molti altri elementi, mentre sul divorzio “vintage”, per così dire, i riscontri abbondano. Riscontri che confermano come l’instabilità coniugale sia un fenomeno associato non “solo” all’impoverimento economico e alla denatalità – due aspetti che da soli dovrebbero già, soprattutto oggi in Italia, sollevare qualche inquietudine -, ma anche con gravi effetti sulla salute dei soggetti che divorziano che, se da un lato sperimentano un parziale sollievo dai problemi coniugali, dall’altro sono esposti ad almeno due conseguenze – la crisi personale e la perdita di un riferimento importante, che si credeva presente per tutta la vita – che generano maggiori rischi di ansia e di depressione, un aumento del rischio di abuso di alcol nonché più alti tassi di morte prematura. E le conseguenze sui bambini?
Quelle, purtroppo, sono anche peggiori se si considera come, per il benessere di un figlio, la rottura del rapporto dei genitori rappresenti uno degli eventi peggiori in assoluto, che incide negativamente sul suo stato di salute – con effetti su quella mentale anche a lungo termine – sulla sua crescita e sui suoi comportamenti, causando difficoltà di inserimento sociale e rendendolo a sua volta più esposto al rischio di divorziare, una volta adulto. Possibile che col “divorzio breve” tutto questo sparisca? E’ davvero ragionevole ipotizzare che facilitando l’instabilità coniugale, e dunque accrescendo l’attuale precariato affettivo, per coniugi e figli le cose improvvisamente migliorino? Francamente no. Bene dunque fanno gli esponenti politici che, senza farsi scoraggiare da un clima culturale dichiaratamente ostile alla famiglia e senza inseguire facili consensi, si spendono in difesa e promozione della famiglia. La loro infatti, prima che una contesa politica, è una fondamentale battaglia di civiltà.
giulianoguzzo.com