Battaglie teologiche o “mondanità spirituale”?

Dopo l’elezione di Papa Francesco il dibattito sul papato e sulla Chiesa è diventato di gran moda. A qualcuno questo Papa non piace, ad altri piace da impazzire, ad altri ancora piace fino a un certo punto. Inutile negare che qualcosa oltre Tevere è cambiato, certe priorità ecclesiali sono improvvisamente mutate in altre.

Ad esempio, nel caso della liturgia i consultori dell’ufficio liturgico del Papa sono stati sostituiti in blocco, l’istruttoria sulle messe neocatecumenali è stata sospesa, il Prefetto della Congregazione del Clero “promosso” ad altro incarico. Ma tra le varie cose che sono accadute forse una è sfuggita al grande pubblico, almeno nei dettagli.

Mi riferisco al commissariamento della congregazione dei Frati dell’Immacolata, un caso che appare paradigmatico per cercare di capire cosa sta accadendo dalle parti del Vaticano. La situazione di questi Frati, commissariati in piena estate 2013, può aiutarci a riflettere sul rapporto tra rigore dottrinale e misericordia che, a ben vedere, è anche al centro del dibattito in corso sulla Chiesa.

Il motivo del commissariamento dei frati non è ancora chiaro e diversi indizi portano a pensare che in realtà si tratti di questioni legate alla messa in latino e “battaglie” teologiche. Temi ad alta sensibilità ecclesiale, in qualche modo riferiti al magistero del papa emerito.

L’aria fresca di Benedetto XVI, nel suo cantico per una “ragione allargata”, è stata proprio quella di favorire, finalmente, un dibattito a più voci contro la cortina di ferro eretta intorno al “superdogma” dello “spirito del concilio”. E Dio solo sa quanti soldati sono ancora abbarbicati a difesa della cortina.

Risulta abbastanza chiaro che qualche frate dell’Immacolata mal digeriva certe posizioni sulla liturgia o sulle ermeneutiche del Concilio di taluni confratelli. D’altra parte anche vari Vescovi sparsi nell’orbe cattolico avevano manifestato, più o meno apertamente, il loro dissenso ad alcuni atti del magistero del pontefice emerito. Basti pensare al Summorum Pontificum del 2007, ma anche – tanto per citarne uno – al famoso discorso di Ratisbona 2006 o alla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani.

Nonostante molti vogliano far finta che sia finita l’epoca di “modernisti” e “tradizionalisti”, “conservatori” e “progressisti”, tutto lascia pensare che il “problema” sia tutt’altro che risolto. Con l’aggravante che dal piano teologico si passa facilmente a quello politico, e viceversa.

Se il commissariamento dei Francescani dell’Immacolata avesse lì le sue radici, tra le contrapposizioni alla messa in latino e sull’interpretazione del Vaticano II?

In fondo, a ben riflettere, anche le ragioni della via crucis di Benedetto XVI potrebbero trovarsi qui, mentre le questioni della pedofilia e di Vatileaks sarebbero soltanto drammatiche foglie di fico utili a nascondere un dissenso più profondo. D’altra parte a livello massmediatico certi problemi che venivano imputati alla Chiesa, ad esempio pedofilia o scandali nello IOR, sembrano essersi sciolti come neve al sole.

Ma torniamo sul caso dei frati dell’Immacolata. Inizialmente sembrava che il problema centrale per il commissariamento fosse la messa celebrata secondo il rito di S.Pio V, ma poi è emerso che in nessun santuario o parrocchia dei frati si celebrasse esclusivamente secondo il vetus ordo, anzi vi era una convivenza costante con il rito di Paolo VI. Tutto in linea con quanto previsto dal Motu Proprio del 2007, nessuna forzatura. Così da parte dei nuovi responsabili dei frati ci si è affrettati a precisare che no, il problema della messa non è centrale, semmai periferico.

Poi, a più riprese, sono stati forniti a mezzo stampa dati sui risultati dell’indagine condotta dal visitatore apostolico, dati che avrebbero mostrato come la grande maggioranza dei frati ritenesse necessario commissariare l’istituto. Peccato che anche questi dati non fossero molto chiari, o meglio testimoniavano che con grande probabilità non è affatto vero che la maggioranza dei frati volesse il commissariamento. Al massimo si rilevavano problemi, ma risolvibili in casa. Ma, quali sono questi problemi?

A questo punto il nuovo governo dei frati, posto di fronte a conti che non tornavano, ha reagito in modo un po’ scomposto per specificare che non è una questione di numeri: i problemi sono di altra natura. Ma, allora, perchè il commissariamento?

I problemi dei frati sono forse legati all’interpretazione che qualcuno di loro dava al Summorum pontificum? In che senso? Il commissario, e con lui tanti prelati nel mondo, considerano forse la “extraordinarietà” del vetus ordo meramente come un semplice “una tantum”?

Le domande nel caso dei frati dell’Immacolata sono molte: perchè tanti promoveatur ut amoveatur nei confronti di alcuni frati? Provvedimenti disciplinari? Hanno forse insegnato eresie? Guarda caso i frati che sono stati trasferiti in tutta fretta verso i quattro angoli del mondo sono molto vicini al fondatore P. Manelli, ma soprattutto sono stati attivi nel dibattito teologico e nel seguire la proposta per un’ “ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI. Non sarà per caso questo il loro peccato? Sarebbe bello poter discutere nel merito perchè probabilmente emergerebbe la paradigmaticità del caso Francescani dell’Immacolata.

Stupisce la velocità e la durezza dei provvedimenti nei confronti dei frati, soprattutto se rapportata alla linea tenuta con altri casi delicati come quello delle suore liberal statunitensi, della diocesi di Friburgo che apre ai sacramenti per i divorziati risposati, o i preti austriaci che firmano “appelli alla disobbedienza”.

Insomma, prende quota l’idea che le nuove sensibilità ecclesiali emerse con Papa Bergoglio, al di là di tutte le possibili interpretazioni, rappresentino per qualcuno, non solo tra i frati, una occasione di personalissima rivincita nello scacchiere teologico-ecclesiale. Una situazione che, a proposito di rapporto tra giustizia e misericordia, assomiglia più che altro a una sorta di mera rivincita tra diverse letture della realtà ecclesiale. Questioni di “potere” che si giocano tra prelati, atenei pontifici, congregazioni e movimenti ecclesiali, questioni che alla fine dei conti sembrano essere molto, molto umane.

Probabilmente qui sta la terribile “mondanità spirituale” di cui parla Papa Francesco. La soluzione per spazzarla via potrebbe essere quella di una Chiesa “tanto rigorosa nei punti di dottrina e tanto misericordiosa verso i peccatori”. Facile a dirsi, purtroppo molto più difficile a farsi, ma è su questo equilibrio che vive e si diffonde il Vangelo. Così insegnava P. Tomas Tyn, un frate domenicano cecoslovacco, che amava la messa in latino e non disdegnava di sporcarsi le mani con le pecore smarrite. Un tradizionalista, anzi no, un cattolico.

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