Il significato spirituale della rovesciata!

Quanti di noi, da piccoli non vedevano l’ora di comprare le bustine delle figurine Panini per comporre il proprio Album di calcio? E ogni volta c’era qualche doppione, qualche possibilità di scambio di queste figurine nei minuti di ricreazione, a scuola: “io ho due Del Piero. Te ne cedo uno se tu mi dai Inzaghi”.

E l’emozione poi di appiccicarla: bellissima.

Ma ogni volta che quell’album lo chiudavamo, c’era questa immagine che ci catturava. Ci affascinava. Ci stimolava ad imitare la rovesciata

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“Ho un buon rapporto con il Padreterno”. La fede cattolica di Fabio Capello

Da Studi cattolici n? 567, maggio 2008. “Chiariamo subito che non sono un bigotto”. Parte all’attacco Fabio Capello. Che notoriamente non scherza coi fanti, lascia stare i santi e mantiene le distanze da giornalisti e giocatori. Ma già essere qui a parlare di una faccenda maledettamente privata come la religione con l’allenatore italiano che siede sulla panchina (dopo avere trionfato con Milan, Juventus, Roma e Real Madrid) della Nazionale che ha addirittura inventato il gioco del calcio, l’Inghilterra, ha del miracoloso. Carattere chiuso, di poche parole dette con l’accento della sua terra, il Friuli, dove è nato a Pieris 62 anni fa, Capello è diventato il bersaglio preferito dai caricaturisti e dai comici in crisi di astinenza creativa per via del mascellone alla Ridge e la camminata frenetica con braccia alzate al cielo e imprecazioni via satellite a bordo campo. Essenziale nelle risposte come lo era in campo con i passaggi smarcanti, diventa addirittura ermetico se le domande non gli piacciono e liquida l’argomento col tono sbrigativo delle conferenze stampa quando deve annunciare la formazione o spiegare i motivi di una sconfitta che vadano al di là del fatto incontrovertibile che “gli altri hanno segnato un gol più di noi”.

Abituato a giocare in difesa quando si parla della sua vita privata (sposato giovanissimo con Laura Ghisi, ha due figli Pier Filippo, avvocato ed Edoardo, commercialista ed è nonno di due bellissimi nipotini) ha mandato tutti in fuorigioco mediatico rivelando al quotidiano inglese The Guardian di essere molto religioso, cattolico praticante in un Paese che si è ribellato all’autorità del Pontefice romano provocando lo scisma anglicano e di andare a Messa tutte le domeniche. “Ma proprio tutte?”, gli chiediamo in italiano perché come diceva Villaggio “io no spik inglisc”. “Se gli impegni me lo permettono, non perdo la Messa, la domenica. Mai”.

Fa anche la comunione?
Quando mi sento pronto. E dopo essermi confessato.

Ci può confessare che cosa dicono i Suoi colleghi inglesi nel vederLa andare a Messa, la domenica?
Niente. Non ascolto mai i giudizi della gente. Faccio quello che ritengo giusto. Seguo solo la mia coscienza.

Quando allenava in Spagna, Paese ancora abbastanza cattolico, poteva santificare la domenica senza creare scalpore, come invece succede a Londra.
In Spagna andavo a Messa tranquillamente. Come faccio qui a Londra. Ho molti amici di altre religioni con cui vado d’accordo. Ciascuno professa il proprio credo. Senza condizionare gli altri o, ancora peggio, senza avere dei problemi.

Un cattolico praticante dovrebbe dare anche il buon esempio, indicare agli altri la via della verità, come raggiungere la salvezza, che non è solo quella dalla retrocessione in serie B. Parlare magari di ritiri, non solo quelli pre-partita, ma anche spirituali.
Il mio esempio è il lavoro serio. Scrupoloso. Onesto. Se poi gli altri abbinano la mia rettitudine professionale al fatto di essere cattolico, non mi riguarda. Io resto quello che sono. E cerco, a fatica, di mettere in pratica gli insegnamenti della Chiesa.

Sembra che l’insegnamento più difficile da mettere in pratica in questo periodo sia l’indissolubilità del matrimonio.
Da cattolico praticante seguo gli insegnamenti della Chiesa.

Però i Suoi due figli, Edoardo e Pier Filippo non sono sposati, ma convivono: per Lei è un calvario?
Preferirei che si sposassero. Mi hanno promesso che lo faranno presto. Soprattutto Edoardo che è papà di due bambini.

Lei è molto legato a Sua moglie, che l’ha sempre seguita ovunque, anche nei lunghi trasferimenti all’estero.
Credo che la buona riuscita di un matrimonio si basi sulla vicinanza, spirituale e fisica, tra moglie e marito. A me, piace sentire l’atmosfera di casa anche all’estero. Mia moglie la sa ricreare. Perfettamente. E mi tranquillizza.

Chi è più religioso, Lei o Sua moglie?
Mia moglie Laura.

Lei che ama sempre primeggiare, in questo caso ammette senza problemi di essere secondo a qualcuno.
Non si tratta di “qualcuno” ma di mia moglie. E nei suoi confronti, nella vita privata, sono contento di essere al secondo posto. Anche se, nella fede, non ci sono graduatorie.

Chi Le ha insegnato a pregare, ad andare a Messa la domenica, a rispettare il prossimo?
Sono cresciuto in una famiglia molto religiosa. Mia madre mi ha insegnato le prime preghiere.

La stampa inglese l’ha presa un po’ in giro scrivendo che Mister Fab chiama la mamma ogni giorno: è vero?
Mia madre ha 85 anni e vive nel mio paese natale Pieris. Le fa piacere sentirmi tutti i giorni.

Ha chiesto aiuto alla fede nei momenti difficili?
Quando ho avuto, come succede a tutti, delle crisi ho pregato. E le ho superate.

Crisi religiose, private o di lavoro?
Con la preghiera si risolve ogni tipo di crisi.

Lei prega molto?
Ho un buon rapporto con il Padreterno.

Ha mai chiesto aiuto lassù per vincere una partita decisiva?
La fede è un fatto serio.

Ma anche il calcio, per Lei, è un fatto serio: dicono che non si faccia dare del tu dai calciatori per mantenere le distanze.
Vero. Altrimenti si perde il rispetto. E in campo non obbediscono, specialmente al momento delle sostituzioni.

Un’eccezione l’ha fatta: con Antonio Cassano, il figliol prodigo che non rispetta mai l’epilogo della parabola, Lei è stato molto più di un Mister, ha fatto il buon samaritano, quasi un padre spirituale.
? un fuoriclasse che ha bisogno di una guida. Ho tentato.

Quando giocava nel Milan avrà incontrato il capostipite dei padri spirituali, il famoso Padre Eligio, fondatore di Mondo X, confessore di Gianni Rivera e di altri vip dello spettacolo?
L’avevo incontrato, Ma non siamo entrati in confidenza.

Lei era amico di Gianni Rivera, altro calciatore cattolico praticante: è rimasto ancora fedele alla Chiesa?
Sono ancora amico di Rivera. Se sia tutt’ora praticante, dovete chiederlo a lui.

In questo momento sono tutti pazzi per Padre Pio: anche Lei tifa per il santo delle stigmate?
Non ho santi a cui mi rivolgo particolarmente. Anche nella vita professionale, sono andato avanti senza avere santi in Paradiso. Ho una devozione particolare, come tutti gli abitanti del mio paese, per la Madonna di Barbana. ? un santuario che si trova sull’isola di Barbana di fronte a Grado, in provincia di Gorizia, dove la prima domenica di luglio si festeggia il “pardon di Barbana” con una processione di barche. Una tradizione che risale al 1327.

Parliamo di Papi: ha incontrato Benedetto XVI?
Non sono riuscito finora a incontrarlo. Ma spero di avere udienza al più presto. Ne ho incontrati quattro, l’ultimo è stato Giovanni Paolo II.

Anche Lei è stato conquistato dalla personalità magnetica e carismatica del Papa-santo-subito?
Non ho preferenze. Sono un cattolico. E per me il Santo Padre è il Vicario di Cristo sulla terra. Chiunque sia.

I Papi difendono la vita, sotto ogni forma: Lei che cosa ne pensa?
Sono perfettamente in linea con i Pontefici.

Lei ha detto di avere un buon rapporto con il Padreterno: per questo va molto d’accordo con Silvio Berlusconi?
Tempo scaduto.

Neanche un minuto di recupero?
Neanche.

La prego.
Le preghiere vanno rivolte molto in alto.

Appunto.

Claudio Pollastri

Vale, paga le tasse e chiedi scusa agli italiani.

Pallottoliere alla mano, l’Agenzia delle entrate ha fatto i conti: Valentino Rossi non ha dichiarato 60 milioni, dunque tra contributi non versati e sanzioni varie deve sganciare 112 milioni. In Italia pare non dichiari pressoché nulla. D’altronde risiede da sette anni nel Regno Unito, al pari di tante altre popstar grandi e piccole, cantanti, attori, tennisti, ciclisti e motociclisti, innamorati persi di Montecarlo, del Liechtenstein, delle Bermuda. Certo bisogna poterselo permettere. Come se noi domani andassimo dal contabile dell’azienda presso cui lavoriamo e dicessimo: caro ragioniere, dal mese prossimo lo stipendio me lo accreditate sul conto Outlaw della società offshore Bigthief a Nassau. Sai le risate.
Probabilmente le cose non sono così semplici. Il circuito fiscale ha troppe curve a gomito e macchie d’olio perfino per un asso del calibro del Vale, che certo s’è affidato al suo manager, ai suoi commercialisti, a chissà chi. Magari intuiva, perché un tempo fu un comune mortale nato da comuni mortali, che non era poi così normale non versare quasi nulla al fisco. Magari si ricordava dei guai di Max Biaggi e Loris Capirossi, di Alberto Tomba e Mario Cipollini, solo per citare gli sportivi. Ma aveva altri pensieri per la testa. No, per lo scivolone fiscale potrebbe avere delle attenuanti; e a tutti sarà capitato di pagare qualche sanzione per una bolletta dimenticata nel cassetto.
Quel che fatichiamo a perdonare al Vale è il suo comunicato: “Vivo a Londra, città straordinaria, dal 2000. Giro il mondo per sette mesi all’anno. Che cosa vuole da me l’Italia?”. Caro Vale, l’Italia vuole da te quello che vuole da ogni suo cittadino: che paghi le tasse esattamente come tutti gli italiani normali. E le paghi per intero, anche perché per gran parte dei tuoi guadagni devi ringraziare, assieme al tuo talento, proprio gli italiani. Gli italiani che comprano le tute, la colla, la birra e i telefonini che tu reclamizzi; gli italiani che ti guardano in tv. Gli italiani di Tavullo, il tuo paese, che ieri mormoravano: “Se avessi guadagnato cifre così, le tasse le avrei pagate, tanto starei bene ugualmente”. Caro Vale, che scivolone. Vivi a Londra, città meravigliosa? E allora perché fai il giro d’onore sventolando la bandiera italiana?
Verrebbe da dirti: non chiederti che cosa vuole da me, londinese di convenienza, l’Italia, ma che cosa io voglio e posso dare all’Italia. Avrai certo letto i fumetti dei supereroi, tu che supereroe in un certo senso lo sei: un grande potere comporta una grande responsabilità. Chi, per suo merito, per dono di natura e per un pizzico di fortuna, guadagna quel che guadagni tu, se lo deve domandare: quali responsabilità ho, adesso? Oggi capita di rado, ma un tempo chi si trovava nella tua condizione non era un fondamentalista della proprietà privata (il denaro è mio e ne faccio ciò che mi pare), ma avvertiva il senso del bene comune. E metteva a disposizione della comunità, a cui apparteneva, una porzione della sua ricchezza. Nessuno ti chiede di erigere una cattedrale a Tavullo, o sistemare ponti e acquedotti e giardini, o donare un ospedale alla tua gente. Ma almeno voler pagare le tasse esattamente come chi ci è costretto e arriva a stento a fine mese, questo sì. Vuoto moralismo? No, sana moralità. Speravamo, davvero, che tu fossi una popstar speciale, invece ti dimostri un furbetto normale. Che cosa vuole l’Italia da te? Che chiedi scusa, ammettendo di aver sbagliato. Che bella lezione sarebbe per tutti. Sarebbe il tuo ottavo campionato del mondo, il più sofferto, ma quello di cui ti saremmo più grati.
(Da “Avvenire” del 10 agosto 2007).