Qualche domanda a proposito del viaggio del Papa in Turchia

Venerdì scorso, nel Santuario della Madonna del Pozzo di Capurso, alle porte di Bari, il gruppo famiglie “Nazareth”, ha organizzato una veglia di preghiera per il difficile viaggio di Benedetto XVI in Turchia. E penso sia un esempio che tutti dovremmo seguire, viste le notizie che vengono da là.

La polizia oggi ha arrestato una quarantina delle 100 persone che avevano occupato Santa Sofia (nella foto), la bella basilica trasformata in museo, a Istanbul. Avevano uno striscione con la scritta ""non lasciate che l’ignorante e astuto Papa venga in Turchia" e urlavano "Allah akbar". Sono quelli dei "Lupi grigi", associazione a cui apparteneva Alì Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II.

Dal sito di Repubblica leggiamo che: "L’assalto a Santa Sofia è un’anticipazione di quanto potrebbe accadere domenica prossima quando sono attese in piazza a Istanbul circa un milione di persone chiamate dal Saadet, la formazione integralista islamica turca del Partito della felicità (nota anche con la sigla Sp), a manifestare contro l’arrivo di Ratzinger. ”Il nostro rispetto per tutte le religioni e per tutti i loro rappresentanti è infinito, ma noi non possiamo restare senza risposta di fronte a coloro le cui dichiarazioni vanno contro le nostre convinzioni”, ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa Osman Yumakogullari, presidente del Sp per Istanbul. ”A settembre – ha ricordato Yumakogullari – Papa Benedetto XVI non si è fatto scrupolo di insultare il profeta Maometto. Secondo lui, il profeta ha portato delle cose inumane e sataniche”.

La campagna del Saadet ha ricevuto l’appoggio di circa 60 associazioni e sindacati vicini agli ambienti islamici e circa 2000 autobus trasporteranno ad Istanbul i partecipanti alla manifestazione di domenica. Nel frattempo, e’ stato confermato che ne’ il premier Erdogan, ne’ il suo vice Abdullah Gul, ne’ il ministro di stato per gli affari religiosi Mehmet Aydin potranno incontrare il papa ”per precedenti impegni all’estero”.(ma questi non ce l’avevano l’agendina quando è stato invitato il Papa?) Il governo turco non prende le distanze da tutto questo, anzi. I massimi dirigenti scappano via, e non si pronunciano sulle manifestazioni di protesta.

Il Papa è deciso a visitare comunque la Turchia. Io avrei un paio di domande.

1. Perchè Crozza e la Littizzetto non ci offrono una bella satira sui turchi? Sui capi di governo, e poi sugli islamici turchi? Forza, su, qual è il problema?

2. Perchè nessun politico italiano (e figuriamoci europeo) ha detto che così facendo il governo turco firma la propria esclusione dall’Europa? Il quale governo non deve certo impedire manifestazioni di protesta. Deve solo dire chiaramente da che parte sta.

Il grido del ragazzo 28. 10 .2006

“Ci avete reso teppisti di mezza tacca perché non siete forti abbastanza. Non ci avete indicato nessuna strada che abbia un senso, perché questa strada voi stessi non l’avete e non siete riusciti a cercarla.” Queste sono le parole di un giovane maturando tedesco; esse rivelano il vuoto morale, l’assenza di radici, la condizione di abbandono cui sono spesso relegati i giovani da generazioni di adulti, “che per non condizionarli”, hanno smesso di educarli. Ma dalla voce del ragazzo si leva un grido: aiutateci! Cosa rispondiamo a questo ragazzo? Oltre la buona volontà dei singoli, cosa rispondono le istituzioni? Si avverte un gran silenzio, l’unica voce che si leva forte e chiara è quella del Papa. Gli intellettuali “laici” sembrano assillati da un solo problema: che i pronunciamenti della Chiesa non turbino la purezza della laicità; essi sembrano non vedere la crisi che attraversa le generazioni: la perdita della speranza, della capacità di progetto, del valere della rinuncia. Essi non vedono o non vogliono vedere, che l’unico valore rimasto è l’individualismo. Essi parlano di società multiculturale e perciò relativista, confondendo il relativismo con la Babele. Si parla di morale soggettivista, si parla di rispetto della persona, ma non ci si rende conto che la prima vittima del soggettivismo morale è la persona stessa che si trova a vivere in un deserto privo di riferimenti e vittima di ogni seduzione. Se qualcuno parla di riscoperta delle radici ebraico-cristiane rischia di infastidire persino certi ambienti cattolici “progressisti”, tanto preoccupati di occultarle, le radici, e di scomparire nel mondo, con ciò credendo di andargli incontro, al mondo, di essergli più graditi. Ma il ragazzo “del grido”, ha bisogno di vedere, di sentire, di incontrare, di parole forti, di preti forti, di maestri forti, proprio come Benedetto XVI. Il ragazzo non sa che farsene di amiconi stralunati e scettici, tristi e dubitanti di tutto. Non gli importa nulla della “democrazia nella chiesa”, egli, oltre la fecondità dei dubbi, vuole delle scelte, vuole delle proposte e rivendica una direzione.
I “sacerdoti della laicità”, i sacerdoti dello stato neutrale, delle leggi neutrali, declamano i principi racchiusi nella carta costituzionale; li dicono sufficienti per delineare “la pubblica morale”. I “sacerdoti della laicità,” enunciano belle parole: rispetto, diversità, giustizia, uguaglianza, diritti. Ma esse, le parole, restano flatus voci, perché non si incarnano in un sentire comune, perché sono troppo generiche. Un tempo, quando furono fissate nella carta costituzionale non era così; ma un tempo, laici e cattolici sentivano nello stesso modo, si intendevano sull’essenziale. Perché erano cristiani nello spirito, tutti, per dirla alla Benedetto Croce.
Ma oggi, il sentire non è comune, è dilagata la cultura radicale, è dilagato l’individualismo; e le macerie le vediamo. Su tematiche un tempo condivise oggi si dibatte, vacillano i dati elementari che qualificavano la persona, la famiglia, il senso del procreare, la vita, la morte. Gli accordi si raggiungono soltanto attorno ai grandi proclami su pace e giustizia, proclami irrilevanti per la quotidianità dei più. Spesso l’amore per il lontano maschera l’odio per il vicino.
La laicità si è ridotta ad una mera regolamentazione degli interessi contrapposti e la verità è ritenuta irraggiungibile dalla ragione, declassata al rango di convenzione mutevole con il tempo e con le mode. Questa idea di laicità, nata con la rivoluzione francese, ha un vizio d’origine, essa nasce contro il passato, contro la tradizione, contro le religioni, contro la Chiesa.
Da allora, il dogma della stato laico si è librato su tutto, animato intimamente dall’idea di rifare il mondo ex novo. Uno dei frutti di questa idea è oggi l’individualismo.
Per esso, i diritti dei singoli, stanno dilagando ed erodendo ogni terreno comune, perciò l’uomo è sempre più solo.
Da molte parti perciò, si affaccia sulla scena pubblica la rivendicazione di una riscoperta dell’Ethos comune e questo bisogno è sollecitato con forza, tra gli altri, dalla Chiesa Cattolica.
Ma la vecchia idea di laicità non muore, e questo è il motivo per il quale da certi ambienti ogni pronunciamento ecclesiastico è visto con sospetto se non inviso. Per lo stesso principio di laicità, ogni espressione della civiltà cristiana che osi uscire dal privato deve essere represso, additato come confessionale, intollerante, contro la libertà di coscienza. Ma cosa resta dei valori senza l’apporto cristiano? “La politica senza teologia è assurda. Tutto ciò che ha a che fare con la morale e con l’umanità fa riferimento al messaggio biblico.” Queste sono parole di Horkheimer, neo marxista co- fondatore della scuola di Francoforte. Lo stato laico neutrale, come ben visibile è destinato alla rovina, alla decomposizione del proprio tessuto sociale, perché i valori condivisi saranno sempre meno. Conflitti fra leggi, gruppi di pressione, principi costituzionali, gruppi religiosi spontanei, seduzioni mediatiche e commerciali, genereranno una situazione di lotta perenne e la resa di ogni principio morale al criterio dell’utile.
Oltre le costituzioni credo vada ricostruito un comune patrimonio morale. Per fare questo, non solo è necessario tornare all’educazione correttamente intesa, ma pure riscoprire le virtù che sono il mezzo attraverso cui i principi vengono tradotti in azioni. Le virtù dovrebbero tornare al centro del dibattito pubblico. E’ necessario un nuovo patto fra credenti e non credenti accomunati da un concetto di laicità diverso, nuovo, capace di valorizzare gli apporti del cattolicesimo, delle grandi tradizioni religiose e della parte migliore dell’umanesimo laico. Di questo, penso, il Papa si sia fatto interprete, con coraggio e determinazione riportando l’essere cristiani fuori dal tempio, riproponendo, nell’agorà del pensiero, la bimillenaria sapienza cristiana, perché tutti possano trarne beneficio. Questo significa rispondere al grido del ragazzo. Il futuro è l’origine direbbe Gadamer, non dimentichiamolo.

Identità cristiana

A proposito dell’identità cristiana, recentemente si è sentito dire come proprio di quest’ultima sia l’amore per l’altro, tutto qui, il resto, Chiesa in testa sembrerebbe più un orpello, qualcosa di cui si possa fare a meno. Vediamo di comprendere meglio il problema partendo da una corretta comprensione dell’identità del singolo. In una prima fase della vita, il neonato non può dare nulla, egli si trova in una condizione di totale ricettività. Crescendo il bambino, imparerà, anche attraverso rinunce e sofferenze a riconoscere il valore dell’altro, non più identificato come fonte inesauribile di soddisfazione. La formazione dell’identità di ciascuno suppone dunque l’esistenza di un tu, sarà questo altro il mediatore del mio rapporto con il mondo, egli imprimerà nella plastica forma del mio essere tutta una serie di atteggiamenti, stili, abiti vitali, che associati al patrimonio genetico ereditato dai genitori daranno forma a quel primo nucleo di personalità che lungo tutto il corso della vita continuerà a crescere e approfondirsi. E’ bene inoltre tenere presente come il costituirsi progressivo della persona proceda secondo due movimenti intrecciati, uno verso l’esterno e uno verso l’interno. Mi spiego, tutte le esperienze che faccio mi arricchiscono ma contemporaneamente mi portano ad una maggior comprensione di me stesso, attraverso un processo che dura tutta la vita. Interiorità ed esteriorità insomma si suppongo per poter esistere, sono le facce di un’unica medaglia. Dopo i rapporti significativi con i genitori che fondano la personalità di ciascuno, nella vita di ogni persona intervengono altri soggetti, fondamentali nel costituire l’identità di ciascuno. Chi sono questi soggetti, vogliamo sia il caso a decidere, o piuttosto auspichiamo che le persone che più ci amano, indirizzino per il nostro bene quella scelta fondamentale che costituirà in ogni circostanza lo stile proprio di ciascuno? Il Cristiano, ovvero, chiunque nasce in un ambiente pervaso dai valori tipici del cristianesimo è proprio come il fanciullo di cui parlavo, egli deve darsi un’identità, più che mai oggi in un mondo dove il caos valoriale impera. L’identità del cristiano non può essere sbrigativamente definita come: amore per il prossimo, essa piuttosto è l’esito di un percorso collettivo durato duemila anni. Con esso si confronta il giovane, attraverso l’approfondimento di questo patrimonio egli comincia a identificarsi come cristiano, lungo un percorso che investe ogni ambito del vivere. Un cristiano va formandosi attraverso la fede in primo luogo della Chiesa, quindi dei genitori che introducono il ragazzo alla vita nuova inaugurata dal battesimo e via via trasformata, perfezionata attraverso i sacramenti, la preghiera, l’eucarestia, l’esempio, la pratica della carità. Solo a questo punto posso pronunciare l’espressione, ama il prossimo tuo come te stesso, solo adesso posso verificare il grado del mio essere cristiano, la profondità del mio cammino dentro il mistero di Cristo e della sua Chiesa. La Carità, questa è l’identità cristiana, ma essa è prima di tutto un dono, non un proclama che pacifichi la coscienza. Per questo non possiamo dirci cristiani se non dentro una comunità credente. E’ soltanto conoscendosi, nel bene e nel male, nella consapevolezza dei propri limiti, nel bisogno di un perdono sempre rinnovato, che possiamo donarci, che possiamo incontrare l’altro. Certi sacerdoti che impazzano sui nostri giornali, tendono a confondere le carte, ponendo all’inizio ciò che sta alla fine; io non posso amare nessuno se innanzitutto non so cosa sia l’amore, l’amore gratuito, l’amore per il nemico. Io posso corrispondere al dettame di Cristo solo se prima amo lui più di me stesso, e per far questo non posso prescindere dalla Chiesa, luogo in cui in maniere privilegiata Dio mi viene incontro donandomi la forza d’amare.

Il papa in Germania: il peggior nemico dell’Occidente è l’Occidente stesso

Se ho compreso bene la lezione di papa Benedetto XVI in Germania, mi sembra che abbia voluto dire questo: Dio, oltre che Amore, Caritas, è anche Logos, Ragione.

Da un punto di vista religioso il discorso è chiaro: amare, senza ragione, vuol dire non amare, o meglio, amare ciò che non va amato. Anche l’amore, infatti deve essere razionale, logico, indirizzato al Bene.

Sembrerebbe semplice ma non lo è così tanto: non mancano preti o opinionisti che spiegano che in fondo la prostituzione è un altro modo di amare, o che uccidere un figlio, con l’aborto, perché non si può mantenere “decentemente”, è un modo, un altro ancora, per dimostrare il proprio amore.

Politicamente il discorso del papa mi sembra sintetizzabile in questi termini: il nemico dell’Occidente è l’Occidente stesso, nel momento in cui rinnega la sua storia, piena di umane miserie, ma anche di greco-romana e biblica grandezza.

L’Europa cristiana è patria dell’arte, dell’astronomia, della medicina, di tutte le scienze: è il luogo in cui si realizza la vocazione naturale della nostra ragione a indagare la realtà. Ma tutta la realtà, secondo la sua ampiezza, la sua altezza, larghezza, e profondità.

L’Occidente è nemico di se stesso quando imbriglia la ragione, imponendogli dei confini (il regno delle cose materiali), e spacciandoli per orizzonti.

E’ incredibile come sia stato notato poco spesso questo paradosso: l’Illuminismo non nasce come esaltazione della ragione, ma come limitazione della stessa al fenomenico, al tangibile, ai singoli e piccolissimi perché, in una parola, a ciò che all’uomo interessa meno.

L’Illuminismo prostra la ragione, come fa Kant, quando la fa a spezzatino, sminuzzandola come fosse un pezzo di carne; quando fa uscire Dio da una finestra della ragione (la ragion pura), e ne crea un’altra (la ragion pratica), per farLo entrare di nuovo, ma non compiutamente; quando, infine, spiega che tutto l’ordine esistente, quello che ogni ragione desidera, e miracolosamente trova, è soltanto un ordine fittizio, soggettivo, che non appartiene al noumeno, cioè alla realtà vera (terribile, incredibilmente irrazionale, questa distinzione razionalistica tra realtà “vera” e realtà “falsa”).

L’Occidente, ancora, è nemico di se stesso, come Cronos con i suoi figli, quando nega il diritto naturale, cioè la legge fondata sulla ragionevolezza, e non sull’arbitrio dei numeri, delle cangianti assemblee parlamentari; quando sostiene che la libertà può coincidere con l’auto-distruzione, con il suicidio, l’eutanasia, la clonazione, la manipolazione genetica, l’adozione di bambini a copie omosessuali, la possibilità di drogarsi (mentre la libertà è legata alla ragione, in quanto è la Verità a farci liberi, e non viceversa).

Che poi un mondo che è nemico di se stesso crolli, non è una novità: lo temevano a suo tempo i “laudatores temporis acti”, i catoniani sostenitori del “mos maiorum”. Rispettare il costume dei padri, la Tradizione, significa rimanere lungo una strada che prosegue, ma che è partita da un punto e ha raggiunto parecchi obiettivi.

Invece noi rigettiamo il Dio dei Padri, e il costume dei padri, come Lucifero col suo non serviam, come Adamo ed Eva con la loro idea di poter fare loro la realtà, di essere padroni del bene e del male. Fare bambini in vitro, cos’è, prima che una azione immorale?

La negazione violenta, irrazionale, della nostra figliolanza, umana e divina, e la negazione di un ordine razionale, che si protrae nella storia. L’Occidente, inoltre, fa ridere, sorridere, amaramente, quando si difende dallo straniero mostrandogli videocassette, come in Olanda, dove vi sono donne o uomini che si baciano tra loro.

Ride, con sarcasmo, dentro di sé, l’asiatico o l’africano, che potrà anche adorare un dio che non esiste, ma non è ancora arrivato al punto di negare totalmente la realtà dei rapporti naturali, il diritto naturale di cui sopra.

Solo fastidio possiamo suscitare, e senso di disgusto, quando proponiamo ad altri qualcosa che è ancora peggio di ciò che essi stessi già hanno.

Li confortiamo nel loro disprezzo, non guadagniamo la loro stima, perché ci mostriamo deprecabili, non come singoli uomini, che poco importa, ma come civiltà.

In queste condizioni l’Occidente, già scientifico e poi scientista, si riempie di maghi, indovini, new agers, credenze orientaleggianti; intanto uomini terrorizzati dal vuoto abbracciano altre religioni, che sembrano piene di spiritualità, come il buddismo, o che offrono certezze rassicuranti, e un po’ di rigore, come l’Islam.

Anche qui, a causa di un malinteso immenso: da due secoli ci insegnano che la ragione è una certa, misera cosa, che vola solo basso, ma che va bene così, e che la fede è una bruttissima faccenda, il contrario della ragione.

Perché allora non provare il contrario, anche l’irrazionalismo più esasperato, scambiato per spiritualità, si chiede qualcuno, se i frutti del razionalismo sono questi?

E mentre le credenze più strane fanno i loro proseliti, molti sacerdoti, vescovi, e talora cardinali, si danno da fare non per insegnare Cristo, il Logos, ma per fare cerimonie sincretiste, multireligiose, come se si potesse dialogare adorando insieme dei diversi, e non attraverso il riconoscimento di un comune denominatore, la ragione, che può aprire alla adorazione di un Dio razionale e misteriosamente grande.

Dobbiamo batterci il petto, come prima arma di difesa.

Del resto il primo nemico dell’uomo, ciò che lo porta alla morte spirituale definitiva, per un male interno, o esterno, è il peccato, cioè l’azione che noi compiamo contro noi stessi e contro il nostro bene.

Quando invece un cristiano identifica il suo primo nemico nell’altro, che sia un uomo, un popolo o un sistema religioso o politico, è già finito, a piè pari, nell’ideologia: il mondo lo cambiamo a partire da noi stessi. E’ questo l’insegnamento di Cristo.

Dio e il logos.

Leggo spesso con simpatia gli articoli di Angiolo Bandinelli. In particolare, quello di mercoledì 18 gennaio mi spinge ad alcune riflessioni, riguardo a ciò che gli appare oscuro: l’interesse cattolico per la Genesi, e l’origine fisica del cosmo. Si tratta di un interesse antico, che è all’origine della scuola di Chartres e di quella di Oxford, e che corrisponde all’importanza che il cattolicesimo attribuisce alla ragione. Infatti la tradizione della Chiesa ha sempre sottolineato l’importanza dei praeambula fidei, cioè di quegli aspetti razionali che contribuiscono a dare alla Fede una base concreta, razionale appunto.

Saranno solo il pensiero della Riforma, o la reazione squilibrata al cosiddetto razionalismo moderno, a generare l’erronea posizione fideista. Bandinelli si chiede cosa interessino Darwin e la disputa sull’ “intelligenza” nel creato, a chi crede in Cristo Salvatore, e cerca una salvezza personale. E aggiunge che il mondo, che a noi appare ordinato e armonioso, potrebbe essere invece creato a misura delle mosche, del loro modo di vedere la realtà. Infine, citando Pasolini, collega il senso religioso del Mistero con qualcosa di “irrazionale”, per poi fare appello al “credo quia absurdum” attribuito, erroneamente, a Tertulliano.

Di fronte a queste considerazioni la tradizione cattolica oppone un’obiezione: il Mistero non coincide con l’irrazionale, ma oltrepassa, nella sua infinitezza, la nostra ragione, limitata e decaduta. Il Mistero non è l’Inintelliggibile, l’assurdo, ma l’Inesprimibile, l’Incomprensibile, ciò che non può essere completamente compreso, esaurito: funge da stimolo alla nostra ragione per andare sempre oltre, e ci strappa, con l’ammirazione, l’esigenza di Adorare. La razionalità infatti è presente in ogni aspetto della realtà, come riflesso del Verbo, del Logos che tutto pervade. E’ vero che l’universo appare fatto per l’uomo, a noi, e per la mosca, a lei, ma proprio perché Dio possiede, per così dire, una razionalità non settoriale, ma assoluta: il mondo è per l’uomo, ma anche per il fiore, la mosca, il lombrico…Che sia anche per loro non toglie, ma aggiunge, alla razionalità generale, e dell’autore. Ogni opera dell’uomo, invece, in quanto frutto di una ragione finita, risponde, e solo parzialmente, alle sue sole esigenze. Così un quadro, un disegno intelligente di un pittore, può essere letto, a diversi gradi, dall’esperto e dal profano, ed è tanto più razionale, cioè universale, se parla a tutti, da ogni prospettiva, benché non possa mai essere compreso da nessuno allo stesso modo in cui lo comprende chi ne è autore.

L’universo, dunque, è opera di una razionalità più che umana: “assurda”, quindi, soltanto per la nostra incapacità di abbracciare ciò che non ha confini.

La ragione umana indaga la realtà e scopre una legge qua ed là; legge la realtà ad un livello macroscopico e ad uno subatomico, separatamente; vede la materia come forma e come energia…tutto da un’ottica limitata, incompleta. Ha cioè la nostra visione ristretta, parziale, che tende talora, quasi per ripicca, ad assolutizzare un punto, perché non coglie il tutto. Non abbraccia l’armonia globale, l’unità logica che esiste in ogni cosa, e tra le cose nel loro insieme, come spiegava Einstein, parlando dell’unica legge fisica che le riassume tutte, e che l’uomo cercherà sempre, senza mai raggiungerla. In questo senso anche gli errori del pensiero nascono dalla ragione, quella parziale e limitata: razionale vorrebbe essere, senza successo, l’illuminismo, nel suo dare assolutezza alla ragione umana, relativa; razionale il marxismo, nel suo cogliere l’importanza della materia; razionale persino l’astrologia, sostenendo un rapporto tra uomini ed astri… Eppure sono tutti errori, per difetto di ragione, perché il primo non tiene conto della metafisica, il secondo della natura anche spirituale dell’uomo, la terza della libertà… La Fede, invece, coglie tutti i singoli aspetti razionalmente e umanamente apprezzabili, ma li unifica alla luce del Logos. Per questo permette l’equilibrio più razionale che esista, tra ciò che è solo apparentemente assurdo, contrastante: ragione e sentimento, anima e corpo, tempo ed eternità, amore e dolore…Infine, poiché la ragione caratterizza l’uomo, un Dio che violasse la ragione, nel suo modo di creare, per noi, il mondo, non corrisponderebbe al nostro bisogno di conoscenza; e un Dio che avesse creato senza la razionalità, e la ponesse nell’uomo, sarebbe un pazzo, un sadico che si diverte nel vedere le sue creature che cercano, assurdamente, in ogni cosa, quel senso, quella razionalità, che non esiste.

(Il Foglio).

Lourdes, dove si guarisce nel cuore

Sono tornata ieri da un pellegrinaggio in una delle mete europee più importanti del cristianesimo, Lourdes. Qui più di 150 anni fa alla piccola Bernadetta apparve la Madonna, e da allora il luogo divenne famoso in tutto il mondo per i suoi miracoli.

Oggi sono 97 quelli riconosciuti ufficialmente, ma in realtà il numero sembra aggirarsi sul migliaio. In cerca della grazia della Madonna, a Lourdes arrivano sopratutto i malati accompagnati da coraggiosi e instancabili volontari che offrono i loro tempo e le loro fatiche per permettere a chi fisicamente non c’è la farebbe, di visitare la piccola grotta.

Leggi tutto “Lourdes, dove si guarisce nel cuore”