Gli zingari e gli “Slavi”

Riportando le notizie che vedono protagonisti gli zingari, i media italiani hanno la consolidata e brutta abitudine di riferirsi a loro chiamandoli genericamente “slavi”, forse con la speranza che l’attribuzione di una indifferenziata “slavità” possa diluire il risentimento e la diffidenza nei loro confronti. In realtà gli zingari non sono mai stati slavi, essendo originari della zona tra l’attuale India e il Pakistan, da cui si sono mossi piuttosto recentemente, intorno all’anno 1000 d.c, probabilmente per fuggire alle invasioni mongole ed arabe. Gli “slavi” invece, sono un ramo linguistico ed etnico dei popoli indoeuropei, entrati tra il 4500 e il 2000 a.c in Europa, dove attualmente costituiscono circa un terzo della popolazione: i cechi, i polacchi, gli slovacchi i bielorussi, i russi, gli ucraini, i serbi, i bulgari, i croati, i macedoni, i montenegrini, i bosniaci e gli sloveni, tutte popolazioni stanziali, di lingua tra loro affine, e cultura, storia, memoria e identità millenarie e ben consolidate. E’ quindi sbagliato attribuire agli slavi un’affinità etnica con gli zingari.

UNA GRANDE MANIFESTAZIONE DI POPOLO: cronaca del Family Day

Partenza alle 4 di mattina. Siamo tutti un po’ assonnati, poche parole e poi in viaggio. Il pullman non è pieno ed il timore che la manifestazione non riesca si legge sul viso di ognuno. Dopo alcune ore ci fermiamo al primo autogrill e la lunga fila per bere un caffè ci rincuora sul fatto che man mano che si scende per la capitale il fiume del Family Day si sta ingrossando. Verso le 11:00 arriviamo allo stadio Flaminio. Da li a piazza S. Giovanni ci sono alcuni chilometri ma con alcuni amici decidiamo di andare a piedi. Partiamo in cinque, io, Ivan, Paolo, Claudio e ci guida Giancarlo. Solo dopo lo scopriamo essere un conoscitore e appassionato di Roma ed è così che ci guida alla scoperta della mitica Roma, da piazza del Popolo a passando per il Quirinale e poi giù ai Fori Imperiali. Qui ritroviamo una lunga fila di persone che si sta dirigendo verso la piazza. Man mano che ci avviciniamo la strada si fa sempre più piena. Finalmente verso le 14:00 arriviamo nei prezzi di piazza S.Giovanni, l’ingresso principale è già transennato, il servizio d’ordine ci dice che di qui non si passa. Facciamo il giro, ma la piazza è già piena, non ci resta che cercare uno spazio sui lati in modo da vedere comunque il palco.

L’atmosfera è splendida: giovani, famiglie con bambini, gruppi di amici, anziani, laici e qualche religioso tutti li assieme, ognuno con il proprio cartello a testimoniare le centinaia di chilometri compiuti per esserci.

Troppi per essere racchiusi in poche righe, ma dalle foto si riescono a scorgere le centinaia di sigle presenti. Più tardi ritroviamo il gruppo dei trentini, e Francesco, apriamo il nostro cartellone e rimaniamo li a gustarci questa grande moltitudine di gente venuta da lontano per testimoniare che forse la famiglia non è un lontano ricordo come qualcuno ci vuol far credere ma è il pilastro della società, vivo, con tanto voglia di esserci ed essere protagonista. Nel corso della manifestazione si sono succeduti vari interventi, ma dalla nostra posizione l’audio non era ottimo e si faticava a sentire. In ogni caso l’importante era esserci. E noi c’eravamo, anche per quanti pur non potendo sicuramente sarebbero stati felici di partecipare. Il resto lo lascio alle foto che testimoniano più di tante parole la grande manifestazione di popolo di sabato 12 maggio.

Sabato sera il Miguel Manara a teatro

L’Associazione Edus Educazione e Sviluppo, intende organizzare, in collaborazione con la Compagnia Teatrale “Lo Sguardo” di Trento, la rappresentazione di uno spettacolo teatrale allo scopo di raccogliere fondi per sostenere le proprie attività a favore dei più poveri. Lo spettacolo si svolgerà a Trento pressi il Teatro Cuminetti il giorno 3 febbraio 2007 e consisterà nella messa in scena dell’opera di Milosz: “Miguel Manara”. L’incasso della serata sarà devoluto all’Associazione a sostegno dell’opera di Padre Berton in Sierra Leone ed in particolare per la realizzazione del centro di formazione professionale per la lavorazione del legno a Freetown.

Questo il progetto da realizzare in Sierra Leone

Servizio su Vittorio Messori

Cari Amici,

Vi ricordo che il resoconto dell’incontro con Vittorio Messori del 12 gennaio, sarà oggetto anche di un servizio su TELEPACE-Trento, che andrà in onda all’interno della Rubrica "Pietre vive" con i seguenti orari:

DOMENICA 21 GENNAIO – ORE 12:15 e ORE 20:00.

LUNEDI 22 GENNAIO – ORE 20:30.

MERCOLEDI 24 GENNAIO – ORE 19:55.

Paolo Zanlucchi.

Comunicati della Giunta provinciale e giornali locali: il ritorno delle veline

Leggo spesso nella mia posta elettronica i comunicati stampa della Giunta provinciale. Chi è iscritto alla lista di distribuzione di Piazza Dante lo sa: arrivano a decine, soprattutto verso sera. Grappolate di file da rimuovere in fretta perché non intasino la casella.

Raccontano di tutto un po’: dalle notizie di pubblica utilità come quelle relative alle strade chiuse per lavori, ai convegni sui più svariati argomenti (gli orsi, l’artigianato, la povertà, ecc. ecc. ecc.), dai viaggi degli assessori ai festeggiamenti per Miss Italia.

Il giorno dopo sfoglio uno qualsiasi dei quotidiani locali e cosa trovo nelle pagine di cronaca più importanti? “Paro paro” gli stessi comunicati stampa della Giunta provinciale. Ripresi integralmente o parzialmente, enfatizzati, parafrasati ma pur sempre quei testi. I file del giorno prima. E quasi sempre senza commenti né giudizi, se non quelli già contenuti nei comunicati.

Le notizie dal Palazzo sono insomma servite via email pronte per l’uso, complete di fatti e opinioni. Come se – ecco il punto – per i giornali del Trentino l’ufficio stampa della Giunta provinciale fosse “la” prima fonte dell’informazione. Quella principale, più attendibile, obbiettiva, imparziale e perciò stesso indiscutibile. L’Ansa al confronto fa ridere.

Come se il governo provinciale non fosse politicamente targato e quindi inevitabilmente “di parte”. Come se fotografasse la realtà e non intendesse invece affermare una certa posizione. Come se si trattasse, appunto, di un’agenzia di stampa, che diffonde notizie Doc, rispetto alle quali non servono verifiche e controlli. Ma soprattutto critiche. Quelle sono davvero merce rara.

Il cronista che si azzarda non dico a mettere seriamente in discussione la “voce” ufficiale del Palazzo, ma anche solo a caricare o enfatizzare un po’ qualche frase o iniziativa del presidente o dell’assessore, viene subito bacchettato e sbugiardato. E rischia di rimanere tagliato fuori dalle “stanze dei bottoni”, dal salotto buono del potere, di perdere cioè la “fonte delle fonti”. E magari di non essere o di non sentirsi più gradito e lusingato (per usare un eufemismo) in Provincia.

Naturalmente fra i giornalisti c’è qualche lodevole eccezione. Ma la regola è questa. L’ipse dixit di Dellai, assessori e capo ufficio stampa della Giunta, che in materia di comunicazione e immagine tutto governa, sorveglia e dispone (e per questo conta più di qualunque altro dirigente). Una volta questi comunicati stampa governativi venivano riprodotti dalle prefetture e poi smistati ai giornali. Oggi c’è un passaggio in meno. Ma restano veline.

Gian Burrasca

Cambio della guardia a l’Adige. E’ in arrivo un (Pier)angelo moralizzatore?

Il trentino Pierangelo Giovanetti, inviato speciale di Avvenire, è il nuovo direttore responsabile del quotidiano l’Adige.

Paolo Ghezzi continerà a firmare la testata fino al 4 ottobre.

La notizia, emersa in sordina come quasi sempre accade nei casi in cui si vogliono coprire operazioni di potere, è stata improvvisa, annunciata da pochi trafiletti laconici.

Scarsi i commenti, quasi tutti per esprimere il rammarico dei collaboratori de l’Adige e dei lettori più affezionati al direttore uscente.

Impossibile per ora cogliere con chiarezza le ragioni del passaggio di consegne.

L’impressione è che in questa scelta dell’editore – la famiglia Gelmi di Caporiacco con la signora Marina in testa – centri un certo disaccordo con le posizioni di Ghezzi.

Ma forse ad essere implicato è anche il quotidiano Avvenire.

Qualcuno ricorderà la non lontana e sia pur defilata presenza al giornale di via delle Missioni africane di Umberto Folena, anch’egli nota firma del quotidiano cattolico nazionale, cui l’editore aveva assegnato il ruolo di vicedirettore e che si sussurrava fosse in procinto di rimpiazzare lui sì, prima o poi, Paolo Ghezzi.

Il cambio non è però mai avvenuto, sembra per contrasti con i colleghi della redazione che non gradivano né un collega estraneo all’ambiente trentino, né il suo modo di fare.

Così Folena se ne è tornato all’Avvenire.

Ora a cimentarsi, reduce dalla stessa testata nazionale, è Giovanetti, ma questa volta senza passare dall’anticamera della vicedirezione. Evidentemente l’editore non ha voluto rischiare un altro fallimento.

Quanto al nuovo direttore, la sua firma iniziò a emergere nel panorama del giornalismo trentino all’inizio degli anni Novanta, per le sue rivelazioni a mezzo stampa in merito alla tangentopoli locale, di cui fu protagonista e vittima eccellente l’allora presidente della Provincia Mario Malossini.

Accreditandosi come penna d’assalto, Giovanetti era così diventato il giornalista simbolo di mani pulite del Trentino.

Non a caso il suo partito era la Rete, per cui era anche stato eletto consigliere comunale in val di Ledro.

Allora, tra i bersagli preferiti delle sue cronache e interviste più velenose, c’erano spesso Comunione e liberazione con il suo Meeting di Rimini e la Compagnia delle opere, rei di mescolare con eccessiva disinvoltura fede e impegno politico, cristianesimo e “presenza” nella società e nelle imprese che, per lui, erano sinonimo di “affari”. Sporchi, ovviamente.

Certo, da quegli anni ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti.

Lasciato l’Adige, Giovanetti ha accumulato alcune esperienze fuori provincia e all’estero (parla bene tedesco e inglese) lavorando anche per gli inserti del Corsera dedicati ai problemi del lavoro.

Autore di qualche libello, nell’ultimo dei quali aveva rimescolato e aggiornato i pezzi su Malossini che l’avevano reso famoso, Giovanetti era tornato per qualche tempo a l’Adige per migrare successivamente all’Avvenire.
Trasferimento, quest’ultimo, che depone ulteriormente a favore di un qualche rapporto fra i Gelmi, editori del giornale trentino, e il maggiore quotidiano cattolico.

Fatto sta che Giovanetti all’Avvenire sembra trasformato.

Smessi gli accenti dello spietato fustigatore di politici corrotti e corruttori, nei suoi servizi e nelle interviste da inviato speciale ad alti prelati e uomini di cultura, sfodera una sorprendente moderazione e una totale aderenza alla linea editoriale del quotidiano cattolico. Che infatti gli dimostra una crescente fiducia mandandolo perfino in Germania a raccontare le reazioni di importanti ecclesiastici e intellettuali alla recente e controversa visita del Papa.

Una “conversione” perfetta, insomma, che forse ha indotto e convinto l’editore de l’Adige ad individuare in Giovanetti un’alternativa a Grezzi.

Alternativa al tempo stesso “morbida”, tale da non dare troppo nell’occhio visti i trascorsi del giornalista, omogenei e apprezzati dal centrosinistra che domina nelle redazioni dei maggiori quotidiani provinciali. Ma anche un’alternativa vera, in grado cioè di garantire una discontinuità con la linea diventata sempre più dura adottata da Paolo Ghezzi.

Nelle ultime settimane non pochi lettori hanno infatti scritto al giornale lamentandosi con il direttore per l’eccessiva acidità con cui i commentatori da lui preferiti si sono espressi sul discorso di Benedetto XVI a Ratisbona e la morte della Fallaci.

Che siano state queste gocce a far traboccare il vaso? Difficile dirlo.

Si tratta ora di vedere se Giovanetti soddisferà le aspettative dell’editore con una correzione di rotta magari soft, ma che gli osservatori non mancheranno di evidenziare, oppure se assisteremo al ritorno, magari soft anche questo, del vecchio “giornalismo all’arsenico” così caro a questo (Pier)angelo moralizzatore e giustiziere.

Gian Burrasca

Pressmail.a@libero.it

Il martirio di Suor Leonella

Quel che più dovrebbe stupire di fronte all’assassinio di Suor Leonella (la religiosa trucidata qualche giorno fa in Somalia) è che i mass media italiani abbiano acceso i riflettori sull’accaduto.

Sono centinaia i cristiani – suore, sacerdoti, semplici fedeli – sistematicamente perseguitati e uccisi negli ultimi anni nei paesi islamici – e non solo da guerriglieri o fuorilegge ma dagli stessi governi – senza che i maggiori organi di informazione si siano mai degnati di riportare adeguatamente la notizia.

A questi nostri fratelli morti ammazzati è sempre stato riservato, nel migliore dei casi, un trafiletto d’agenzia in fondo alle ultime pagine dei giornali, mentre assordante è stato il silenzio delle principali emittenti televisive e radiofoniche.

Solo il sito asianews.it (a proposito, leggetelo e fatelo leggere) e pochi altri giornali online ci raccontano di questi omicidi.

Ora, improvvisamente, la barbara fine di Suor Leonella sembra sorprendere l’opinione pubblica, desta raccapriccio e scalpore.

Evidentemente, il motivo è il conflitto scatenato non solo a parole dall’Islam dopo il discorso del Papa a Ratisbona, dove Benedetto XVI ha osato dire che la vera religione, essendo amica della ragione, è nemica della violenza.

Morale? Il martirio dei cristiani nei paesi musulmani interessa ai mass media solo per effetto del clima surriscaldato dalle polemiche scatenate dalle centrali del terrorismo islamico contro la Chiesa di Roma.

Altrimenti il fenomeno, per quanto di vaste proporzioni, semplicemnte non esiste.

Gian Burrasca

pressmail.a@libero.it