Che l’uso della storia per finalità di indottrinamento o di proselitismo sia qualcosa di diffuso e di attestato, ecco una verità fattuale che nessuna persona di mondo si sentirebbe di contestare.
La cosa paradossale è che tale uso politico o ideologico, viene spesso anzi normalmente ritenuto appannaggio delle dittature e dei regimi autoritari (fascismi e comunismi) ed essendo sepolti questi, il problema sarebbe sepolto con essi. Riduzionismo evidente o angelismo beota.
E’ palese che qui si gioca con le parole o c’è chi fa, per ragioni di comodo, il finto tonto. Dal processo di Norimberga (1946) in poi infatti, è apparso più chiaramente che mai il valore del motto secondo cui “la storia la scrivono i vincitori”. Leggi tutto “Mons. Benigni e l’uso politico della storia”
Molto spesso viene citata o almeno chiamata in causa, negli ambienti più disparati, la Dottrina sociale della Chiesa, per attribuire ad essa tutto e (quasi) il contrario di tutto. Pochi giorni fa il giornalista Francesco Agnoli, dalle colonne della Verità, ha mostrato il distacco tra le posizione cattoliche in materia di società e quelle espresse dal quotidiano di ispirazione cattolica Avvenire. La questione in ballo era il trattamento di Trump, dalla stampa cattolica ufficiale bollato più o meno come eretico, demoniaco e anti-cristiano. Ma il problema in realtà è più generale.
Dal Concilio Vaticano II (1962-1965) in poi si registra una netta e crescente volontà, da parte delle autorità cattoliche di passare, in rapporto a tutte le religioni, le ideologie, le mode del momento e le tendenze culturali, “dall’anatema al dialogo” (come recita il titolo di un libro un tempo celebre del filosofo francese Roger Garaudy).
Il desiderio dell’uomo di conoscere è illimitato, anzi anche qui vale il detto motus in fine velocior. Ovvero più si sa e più si desidera sapere, sapendo bene quanto ancora non si sa.
