ANALISI TEOLOGICA ED ERMENEUTICA DEL PADRE NOSTRO (parte quarta)

Si analizza il canone 2822 del Catechismo della Chiesa Cattolica

2822 La volontà del Padre nostro è « che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4). Egli « usa pazienza […], non volendo che alcuno perisca » (2 Pt 3,9). Il suo comandamento, che compendia tutti gli altri e ci manifesta la sua volontà, è che ci amiamo gli uni gli altri, come egli ci ha amato.

Del canone 2822 si analizzano i seguenti temi: la volontà e l’amore.

La volontà

La volontà è un concetto fortemente dibattuto nella filosofia, in quanto legato alla questione della libertà e della virtù. Socrate afferma che la volontà dell’uomo per natura consta nel convergere al bene. Tale confluenza è resa possibile mediante la virtù(aretè). Per Socrate la virtù si attua quando il soggetto rende perfetta e buona ogni cosa. Il filosofo pone infatti degli esempi: la virtù del cane è quella di essere un buon guardiano, quella del cavallo di correre velocemente, quella dell’uomo? L’uomo chiosa Socrate deve rendere l’anima buona e perfetta. Tale perfezione si raggiunge mediante la virtù, che coincide con la scienza e la coscienza. Il contrario è il vizio, quale privazione della scienza e della coscienza, che si può indicare con ignoranza, la quale conduce al male. Il male è per Socrate la conseguenza dell’imperizia, che però si contrasta con le virtù, in particolare le seguenti: giustizia, prudenza, santità e molte altre. Platone approfondisce in successione il concetto di virtù. Nel Gorgia(dialogo giovanile di Platone) e nel Filebo(dialogo redatto dal medesimo dopo il secondo viaggio in Sicilia). In suddetti dialoghi Platone mette in evidenza che la volontà dell’uomo ha un solo fine: il bene. Il bene è il principio supremo, l’idea delle idee, fondamento ultimo che conferisce esistenza alle ulteriori idee del mondo sensibile(realtà percepita con l’ausilio dei sensi). Il bene è quindi causa dell’esistenza(ousia). Il bene viene da Platone paragonato al sole del mondo sensibile, in quanto come il sole genera e rende visibili gli oggetti, il bene in sequenza genera e rende le idee conoscibili. Il bene essendo sublime e realtà elevata, supera le scienze, le quali pur essendo fondamentali sono un riflesso del bene. Nel Filebo Platone pone in risalto che la vita non può essere dedita ai soli piaceri, i quali non sono il fine ultimo dell’uomo e sempre devono essere sottoposti al discernimento razionale. Aristotele nel III Libro dell’Etica Nicomachea definisce la volontà il mezzo congiunto alla ragione, per raggiungere il bene. La volontà secondo Aristotele non è astratta, ma bensì pratica. Egli distingue così gli atti volontari, da quelli involontari. Volontari: un atto si definisce volontario quando il principio risiede nell’agente stesso, accompagnato ovviamente dalla conoscenza delle circostanze in cui viene svolta l’azione. Involontari: un atto è involontario quando viene compiuto per costrizione o per ignoranza. L’atto è per costrizione, quando risiede fuori dall’agente e non dipende da lui. L’atto è per ignoranza, quando l’agente non conosce le circostanze particolari, che caratterizzano l’azione.

La volontà secondo il modello teologico dogmatico

La volontà è un concetto fondamentale nella dottrina cristiana, in quanto correlata al libero arbitrio, quindi alla scelta del bene che avviene anche tramite le virtù, il cui opposto è il peccato . La volontà è così principio che si associa alla bontà, infatti sino a pochi anni fa la pericope del Gloria affermava: è pace in terra agli uomini di buona volontà. Quale ermeneutica? La buona volontà sta a indicare la ricerca da parte degli uomini dell’Archè, quindi di Dio. La buona volontà è così la predisposizione alla trascendenza, ove la grazia agisce, conducendo l’uomo a compiere atti buoni. La buona volontà derivando dalla soprannaturalità divina è anzitutto spirituale e poi pratica, dato che il bene compiuto deve essere subordinato al Sommo Bene, se no diviene autoreferenziale. La buona volontà consta nel riconoscersi come soggetti rinati dalla grazia. Riprendendo il concetto di volontà, si specifica che essa è congiunta alla conoscenza, in quanto la libertà umana tende a un fine: Dio che è poi la causa prima dell’uomo. Sorge volontaria la petizione, chi è in condizione di porsi in consonanza con la volontà divina? Sostanzialmente nessuno, ma Dio mediante il pneuma consente agli enti di comprendere la loro imago Dei, la quale mediante la costante conversione, raggiungerà lo stato di unione maggiore con il Creatore. La volontà di Dio non è una sovranità nell’accezione umana, ma bensì nell’alterità amorosa, ove alla comunione con il Padre e il Figlio si dispiega il fine dell’uomo: la redenzione.

Secondo concetto del CCC 2822: l’amore

L’amore è un attributo escatologico, dacché l’amore divino ha per fine la salvezza delle sue creature. L’amore di Dio presenta differenti aspetti:

  1. Non meritato: la scelta dell’amore di Dio è indipendente e non può subordinarsi alla caducità umana. Perché allora Dio ama le creature? Dio ama le creature perché provengono dalla sua potenza creativa e ha loro donato l’intelletto attivo, affinché realizzassero la propria immagine e somiglianza con Lui. Tale somiglianza però a causa del peccato si è macchiata, ma Cristo mediante l’incarnazione e in successione per mezzo della passione, morte e risurrezione l’ha riscattata. L’amore di Dio è quindi atto donativo, eterno e immutabile.
  2. Donativo: Cristo è la fonte sine qua non per cui si ama Dio. Cristo è l’epifania, quindi la manifestazione piene e totale di Dio. Tale pienezza si manifesta nel Kerygma pasquale.
  3. Eterno: l’amore di Dio consta nell’essere eterno. Geremia(31,3) in riferimento redige: dai tempi lontani il Signore mi è apparso. <<Si, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la bontà>>.
  4. Immutabile: Dio è immutabile perché actus purus. I suoi attributi sono identici alla sua essenza, la quale rende necessaria la sua esistenza. Dio essendo atto puro non è potenza e quindi non sottoposto a mutamento. Un essere perfetto non necessita cambiamenti e Dio essendo il grado massimo di tutte le qualità, non gli può mancare nulla e nulla nemmeno può mutarLo. Dall’immutabilità di Dio derivano l’eternità e la trascendenza. L’eternità come sopra redatto, indica che Egli esiste da sempre ed esisterà per sempre, pur essendo al di fuori del tempo e dello spazio. La trascendenza designa che non è un ente tra gli enti. Egli è l’Essere Sommo da cui gli enti sono generati.
  5. Senza misura: la sublimità dell’amore si manifesta nella donazione, che Dio ha rivelato nell’incarnazione e in avvicendamento con l’evento della croce. Nel sacrificio di Cristo le due nature(umana e divina) presenti nella sua ipostasi hanno sofferto. Il fine dell’amore di Dio è proprio codesto, ossia la morte di Cristo sulla croce per il riscatto dei peccatori. Dall’amore di Dio ci si apre anche all’amore per i fratelli , quindi all’alterità antropologica, sempre sottoposto alla Rivelazione. L’amore al prossimo consiste nell’attuazione della carità, quindi nella correzione, affinché si abbandoni il peccato e si obbedisca alla legge di Dio. Si pensi alla dialettica tra Caino e Abele. Dio accetta il lavoro di Abele perché gregario alla legge di Dio. Abele subordina così il suo io alla volontà divina. Caino invece cede alla superbia, tanto da uccidere per gelosia suo fratello. L’obbedienza è la virtù che conduce l’uomo a riconoscersi caduco e così colpevole, tale da riconciliarsi con l’Eterno. Chi non riconosce il proprio peccato, non può amare l’altro. Chi convive con il peccato, vive una forma di amore fittizia, relegata all’effimero, al momentaneo. L’amore umano deve essere il riflesso dell’amore trinitario, che considerando l’alterità si dona. Si pensi ai coniugi che procreano. Il loro amore è generativo e comunitario. Generativo perché si prendono cura l’uno dell’altro e poi sono generosi come lo fu Dio all’atto della creazione. Comunitario dacché il nascituro è un dono alla Chiesa e alla società. L’amore umano quindi è vero se l’Eros sfocia nell’Agape. Una forma di amore gratuito è espressione dell’assoluto.
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Autore: Emanuele Sinese

Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione. Da ottobre 2024 prosegue gli studi presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Attualmente è anche coordinatore per la formazione teologica di alcuni docenti di religione.