
Il movimento radicale islamico di Hamas nasce nel 1987.
Lo ha ricordato per anni Samīr Khalīl Samīr, cattolico egiziano, pro rettore del Pontificio Istituto Orientale di Roma, noto per i suoi scritti polemici contro l’Islam, consulente di Benedetto XVI per il Medio Oriente.
Perchè Samir ricordava questa data?
Per spiegare che la questione palestinese non data a questi ultimi anni, tantomeno, si potrebbe dire, al famoso 7 ottobre, ma molto prima. Tutto origina, ricorda Samir, dall’occupazione di terre dei palestinesi ad opera dei sionisti, con l’appoggio dell’Occidente (ad eccezione dell’Italia democristiana).
Quello è il peccato originale, da cui sgorgano da 70 anni violenza su violenza, da entrambe le parti. Per capire perchè Hamas abbia prosperato, bisogna allora tener presente almeno 3 cose:
-i milioni di profughi palestinesi post 1948;
-la condizione di Gaza pre 1987;
Soffermiamoci un attimo su questo con un articolo del 1986 (vedi foto in alto): Gaza, la colonia formicaio Un rapporto sul piccolo territorio occupato da Israele
Gaza, la colonia formicaio Duemila persone per chilometro quadrato, operai sottopagati, strutture sanitarie inesistenti
TEL AVIV — Un rapporto del professor Meron Benvenisti (già vicesindaco di Gerusalemme, studioso del Medio Oriente e autore di un’importante opera sui Crociati) sulle condizioni geopolitiche della regione di Gaza, indica che in questo territorio — di cui si parla molto meno che della West Bank perché la colonizzazione ebraica è più limitata e su di esso non gravano le pretese storiche del Grande Israele — la realtà sociale è complessa e esplosiva Anzitutto, la densità della’ popolazione, una delle più alte del mondo: 2100 persone per chilometro quadrato rispetto alle 186 di Israele e alle 140 della Cisgiordanla. Qui risiede il 40 per cento di tutti i palestinesi dei territori occupati: 525 mila persone che vivono per la maggior parte in otto campi profughi, il loro numero si raddoppia a ogni generazione. Quarantacinquemila dei lavoratori della fascia di Gaza, il 50 per cento della forza operaia, lavorano In Israele. Secondo il rapporto Benvenisti, essi ricevono salari del 40 per cento più bassi di quelli degli israeliani e, oltre alle tasse locali, devono pagare l’imposta sul reddito e l’assicurazione nazionale. In tal modo, conclude il relatore, si può dire che tutta la fascia di Gaza stia diventando un vasto campo di lavoro a uso di Israele e che non esiste più un’economia indipendente in questa regione. La disoccupazione cresce anche per la diminuita richiesta di lavoratori nel Golfo Persico a causa della guerra irano-irachena e del ribasso dei prezzi del petrolio. Nel 1973 le somme guadagnate dagli arabi di Gaza in Israele rappresentavano il 31% del totale delle entrate dell’area: oggi sfiorano la metà, a conferma della crescente dipendenza di questa regione dallo Stato di Israele. Al tempo stesso il prodotto nazionale lordo pro capite della regione è un quinto di quello israeliano. A questa crescerne dipendenza economica fa riscontro un indebolimento di quelle che erano le risorse tradizionali della regione: gli agrumi e la pesca. La produzione delle arance che ammontava a 243 mila tonnellate nel 1975 è scesa a 164 mila nel 1984. La pesca è scesa da 3000 tonnellate nel 1968 a 420 nei primi 8 mesi del 1985. E questo soprattutto perché le autorità militari hanno stabilito per la pesca un limite di dodici chilometri dalla costa e l’Egitto ha rifiutalo ai gazani di pescare nella laguna di Bardwill. nel nord del Sinai. Il settore industriale di Gaza, stagnante per mancanza di investimenti arabi e israeliani, è caratterizzato da piccoli chalets che danno lavoro a un numero limitato di persone e funzionano oramai come subappaltatori Il rapporto Benvenisti afferma che le condizioni sanitarie della regione sono catastrofiche- e che dodici su quindici città, villaggi e campi sono privi di impianti di fognatura o di altre misure igieniche si che spesso le acque di scolo straripano (ci sono stati casi di colera). La mortalità infantile è quattro volte superiore a quella di Israele e gli ospedali hanno mezzi inadeguati e personale insufficiente. Le scuole sono sovrappopolate e fatiscenti. Nonostante il grande aumento della popolazione il numero dei diplomati nelle scuole superiori è diminuito perché un crescente numero di studenti si ritira prima della maturità per cercar lavoro in Israele e ci sono limitatissime possibilità per chi ha titoli di studio. Giorgio Romano La Stampa, 31/5/1986.
Vediamo anche qualche altro documento:



La Stampa, 10/2/1983

La Stampa, dicembre 1987

-la marginalizzazione dell’OLP, su cui invece puntavano i fautori dei due stati e della pace, tra cui la Santa Sede, da parte dei nazionalisti ebrei; si parla spesso del rifiuto di Hamas a riconoscere Israele, ma bisognerebbe ricordare anche il rifiuto di Israele, in mille occasioni, a dialogare con l’OLP (sino all’accusa alla Chiesa e a Giovanni Paolo II di essere antisemita, quando provava ad intessere trattative con Arafat), rifiuto che non ha fatto altro che favorire l’esplosione di Hamas (molti sostengono che Netanyahu abbia cercato proprio questo obiettivo, in nome del divide et impera)



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