ORAZIONE
Ricordati, o Padre, della tua misericordia
e santifica con eterna protezione i tuoi fedeli,
per i quali Cristo, tuo Figlio,
ha istituito nel suo sangue il mistero pasquale.
Commento artistico-spirituale alla Prima Lettura del VENERDÌ SANTO «PASSIONE DEL SIGNORE»
Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg
«Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. […] Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. […] Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli» (Isaia 52,13- 53,12).
Il brano di Isaia, scritto al ritorno dalla deportazione babilonese, dopo il VI secolo a.C., narra la conclusione del ministero e della vita del servo del Signore, e nel contempo cerca di spiegarne la sofferenza.
Arcabas dipinge (1972) «L’agnello», opera che ora si trova al Museo d’Arte Sacra Contemporanea a Saint-Pierre-de-Chartreuse (Isère). L’agnello, simbolo di Cristo e di dolcezza, è raffigurato sul lato sinistro, zoppo e legato, dipinto d’azzurro come il cielo, davanti all’aureo trono divino, con al centro la croce della morte ma anche la conferma della vittoria sulla morte. Il tutto è posto in un contenitore rosso, simbolo dell’arca dell’alleanza, a riprova che l’immagine rappresenta l’agnello glorioso della Nuova Alleanza.
Un poeta ebreo, Eliezer HaKalir, (IX sec.), ha commentato il testo biblico:
«Messia, nostra giustizia, ci hai lasciato:/ siamo in terrore e non c’è nessuno che ci giustifichi!/ Egli ha portato le nostre iniquità e il giogo delle nostre trasgressioni/ ed è stato ferito per le nostre trasgressioni:/ Egli porta i nostri peccati sulle sue spalle;/ che possiamo trovare il perdono per le nostre iniquità!/ Per le sue lividure abbiamo guarigione».
don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.