I giornali stanno registrando l’impegno dei cattolici, tradizionalisti e non, a pregare tutti insieme per il Sommo Pontefice, che vive giorni complicati a causa di problemi delicati di salute.
Eppure è proprio attraverso l’esperienza della sua malattia, debolezza e fragilità che stiamo comprendendo la grandezza della sua missione.
Egli ha sulle sue spalle il peso della Chiesa, come Pietro. E come Pietro è un uomo che vive sì il proprio limite, ma anche la grazia di Dio, senza la quale egli non potrebbe portare un peso così grande.
È paradossale ma è proprio in questi giorni che stiamo afferrando tutti insieme la vocazione e missione petrina, per il peso che porta con sè, ma anche per la forza di Dio che la sostiene.
Ed è sempre in questi giorni che stiamo sperimentando una unità fortissima attorno al nostro Papa, che è anche il nostro Papá.
Una unità che va oltre qualsiasi polemica, una unità ecclesiale, fraterna e umana.
Ancora una volta, è la croce che ci chiama e ci raduna, perché è principio di “riconciliazione”.
È bellissima la testimonianza – questa testimonianza – che stiamo dando come cattolici.
Gesù lo ha detto: “È da questo che vi riconosceranno miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. E se l'”altro” è il Vicario di Cristo, Successore di Pietro, tutto ciò diventa ancora più eloquente e visibile.
Ed è paradossale anche questo: di per sè la preghiera è invisibile, indescrivibile, perché parte dal cuore, eppure ha la forza di riunirci visibilmente tutti sotto la croce, in mezzo ad una piazza e in qualsiasi luogo della terra.
Il vento soffia e a volte ti costringe a ripararti. E se ti ripari attesti che il vento c’è, esiste, ti ha mosso.
Noi attestiamo che il nostro Dio è vivo e vero e che il suo Amore ci fa sentire ed essere Chiesa.
Soprattutto adesso.
