Colletta
O Dio, tre volte santo,
che hai scelto gli annunciatori della tua parola
tra uomini dalle labbra impure,
purifica i nostri cuori con il fuoco della tua parola
e perdona i nostri peccati con la dolcezza del tuo amore,
così che come discepoli seguiamo Gesù,
nostro Maestro e Signore.
Commento artistico-spirituale alla Prima Lettura della V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C – 09 Febbraio 2025
Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg
Liturgia della Parola in LIS, sottotitolazione e audio a cura della Conferenza Episcopale Italiana (CEI)
«Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: “Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria”. Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: “Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti”. Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato”. Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Isaia 6,1-2.3-8)
Isaia era apprezzato da Ozìa, re di Giuda dal 776 al 736 a.C. Il brano narra di una visione in cui il profeta si rivolge a Dio ritenendosi «perduto, perché – confessa di essere – un uomo dalle labbra impure» e dicendo che vive tra un popolo anch’esso «dalle labbra impure». A quel punto, uno degli angeli gli si avvicina e tocca le sue labbra con un carbone ardente. Dopo essere stato purificato dai peccati, Isaia si offre subito alla chiamata divina a diventare profeta del Signore: «Eccomi, manda me!».
Il dipinto «Isaia profeta» fa parte del ciclo di affreschi che si sviluppa nella Galleria degli ospiti e nella Sala Rossa, del Palazzo Arcivescovile di Udine, opera (1726-1729) di Giambattista Tiepolo su commissione da Dionisio Dolfin, patriarca di Aquileia. Nella maestosa e dinamica scena, collocata entro una cornice in stucco, Isaia è raffigurato al centro mentre, seduto per terra, si rivolge al Serafino – l’angelo più in alto nella gerarchia angelica – che, con un carbone acceso, sta per purificare le labbra dell’uomo di Dio col fuoco divino per chiamarlo al ministero profetico. Nel sapiente taglio dialogale il Tiepolo guida lo sguardo a cogliere la potenza dell’intervento soprannaturale che si attua in una atmosfera mistica.
Dalla «Vecchiaia» di Vincenzo La Porta:
«Il corpo ha cominciato a mollarmi,/ ma lo spirito lo sento giovane./ Più giovane dei miei venti anni./ Non ho la gioia della giovinezza,/ quella condizionata dall’istinto./ Attraverso la maturità, la creatività/ e la capacità di sapermi donare,/ ho trovato l’uomo./ Più trovo il coraggio dell’umiltà,/ per aprire la porta all’amore,/ più sento vicina la risposta/ ai miei problemi esistenziali».
don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.