
Dopo secoli di stretta e proficua collaborazione con la Chiesa, la monarchia spagnola ha deciso di rinnegare quell’antica e felice tradizione, e di andare all’opposto nel senso della laicité alla francese, giacobina e volterriana.
Così nel 2025 gli omosessuali diverranno (forse) gli unici cittadini
del paese iberico che la Chiesa non potrebbe «cercare di convertire» – proponendo non imponendo – l’adesione al messaggio del Vangelo. Leggere per credere.
Secondo la ricostruzione di Infocatolica, il «Ministero dell’Uguaglianza», presieduto dall’ultralaica Ana Redondo, ha aperto «un fascicolo» per indagare sulla denuncia «presentata dall’Associazione spagnola contro le terapie di conversione». Tali «terapie», secondo i gruppi gay, si svolgerebbero «in diverse diocesi spagnole» e consisterebbero in temutissimi «corsi e seminari» per favorire la «conversione sessuale delle persone Lgbti+».
«Il Ministero» spiega il sito cattolico, «analizzerà il contenuto della denuncia» per studiare le azioni repressive «da promuovere nell’ambito delle sue competenze» e lo farà sulla base della «legge 4/2003». Tale legge intende promuovere «l’uguaglianza reale ed effettiva» dei cittadini trans e il rispetto «dei diritti delle persone Lgbti».
Ma vorrebbe altresì censurare e impedire la «pratica di metodi, programmi e terapie di avversione, conversione o condizionamento», in qualsiasi forma, «volti a modificare l’orientamento sessuale o l’identità o l’espressione di genere delle persone».
E questo, ed è qui che casca l’asino, «anche se hanno il consenso dell’interessato o del suo rappresentante legale». Proteggere i gay facendone una categoria a parte e separata dal resto dei cittadini? Non vi pare che così facendo siete voi che li state «usando» e «discriminando»?
Come può del resto uno Stato democratico impedire alla Chiesa (e a qualunque altra associazione) di proporre a dei cittadini maggiorenni la «conversione» ovvero l’adesione al proprio messaggio spirituale, culturale, filosofico o politico? A questo punto nessun sacerdote (né imam, né pastore, né rabbino) potrebbe dire dal pulpito o comunque in pubblico che al di fuori del matrimonio vige la legge della castità, perché questo potrebbe «condizionare» l’ascoltatore omosessuale. In nome della libertà, si sopprime la libertà.
Ana Redondo ha fatto sapere di «aver incontrato» il presidente della «Associazione contro le terapie di conversione», l’omosessuale militante Saúl Castro e che è intenzionata ad «andare avanti». Si noti che le infrazioni alla legge «anti conversione» si pagano caro: sono previste multe «dai 200 ai 150.000 euro», il prezzo della libertà.
Con gran coraggio quindi, mons. José Ignacio Munilla, vescovo di Orihuela-Alicante, ha scritto su X che «Quella che chiamano terapia di conversione» in realtà «non esiste». Si tratta di un ennesimo «costrutto ideologico del marxismo» fabbricato ad arte per «impedire alla Chiesa di accompagnare pastoralmente le persone con inclinazioni omosessuali», aiutandole a «vivere la virtù della castità».
«D’altra parte», continua il presule, è «ironico» che coloro che «difendono la libertà di cambiare sesso», con «ormoni e interventi chirurgici inclusi» vorrebbero proibire «agli omosessuali di richiedere liberamente» questa cosiddetta «terapia di conversione».
Ma forse, fanatici laicisti che non siete altro, pensate che lo spagnolo omosessuale sia più stupido degli altri cittadini e non sappia decidere da solo se aderire alle proposte cristiane o meno?
Secondo mons. Munilla la possibile censura di questi «corsi e seminari» – a cui tutti sono invitati, ma nessuno costretto – è una «chiara dimostrazione» che i socialisti al potere «non credono nella libertà, di cui si vantavano tanto». Ed al contempo è «un’ulteriore prova della mancanza di libertà religiosa» che impongono da anni alla (ex) cattolica Spagna.
A causa delle polemiche fomentate dai laicisti c’è stato un incontro tra Ana Redondo e il presidente dei vescovi di Spagna, mons. Luis Argüello.
Mons. Argüello, scrive il comunicato ufficiale, ha spiegato che l’espressione «terapie di conversione» è «imprecisa, troppo ampia e non scientifica» e la Chiesa non la usa «nell’ambito della sua azione pastorale».
Il presule ha aggiunto che «il progetto Trasformati», come sanno le persone che lo hanno provato, «invita alla conversione a Cristo» e alla «proposta di vita che nasce dal Vangelo e che viene offerta a tutti gli uomini», omosessuali non esclusi.
Sulla ricezione del sacramento eucaristico il vescovo ha fatto chiarezza ribadendo a politici che sanno poco o nulla in materia, che «la norma fondamentale per ricevere la comunione», «è quella di essere in grazia di Dio», e ovviamente riguarda «tutti i cattolici», a prescindere dalle propensioni intime.
Ci auguriamo che le critiche del laicismo iberico si plachino presto, ma abbiamo ragione di temere che avverrà esattamente il contrario, vista l’opposizione – ogni giorno crescente – tra la visione cattolica ed evangelica della vita e quella dell’ateismo antiumanistico e totalitario di oggi.