“Ma quelle lí cosa fanno chiuse in monastero tutto il giorno? Ah vedi…perdono tempo anziché godersi i piaceri della vita. Sono frustrate. Sono fuggite per non affrontare i problemi del mondo” (cit. L’ignorante medio).
Sono gli slogan in voga tra diverse persone (alcune persino “cristiane”) che parlano così di quanti scelgono di offrire la loro vita a Cristo…
….ma spesso nel mirino finiscono soprattutto le monache o i monaci di clausura, e senza – tra l’altro – che questi criticoni abbiamo vissuto un giorno in clausura con loro!
Eppure se anche ci avessero vissuto, non ci sorprenderemmo delle loro parole.
Gesù lo ha già detto: “non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso” (Mt 19,11).
Chi non vive questa chiamata particolare non può comprendere. Gli sembra tutto assurdo, tutto contraddittorio e a tratti anche negativo. Ma in realtà non lo si comprende proprio perché c’è qualcosa di molto più grande in tutto questo.
Il minimo che si può dire è che vivere in clausura è tutto tranne che una comoda chiusura.
È invece un’apertura della finestra del proprio cuore sul mondo, perché la propria vita offerta interamente al Signore sale al cielo come sacrificio che si condensa in alto insieme alle loro preghiere e attraverso queste nubi cariche di grazia scende una pioggia di benedizioni sulle necessità di tanta gente.
È un vero aprirsi ai bisogni della gente, sempre assetata di consigli, di aiuto, ma soprattutto di Dio, in una società che lo rinnega.
Non è paradossale che chiediamo di essere ascoltati, lamentandoci quando non ci sono preti o suore disponibili a farlo, e poi ci lamentiamo perché diciamo che non dovrebbero esserci persone che scelgono questa vita, perché quel modo di vivere è una perdita di tempo inutile?
Le monache e i monaci sono lì anzitutto per ascoltare la Parola di Dio, per “ruminarla”, per familiarizzare con essa nel silenzio e nella contemplazione. Hanno scelto l’Amore per eccellenza e vogliono sentire parlare al cuore.
Ed è dal grembo di questo silenzio che viene concepita in loro la parola giusta, la parola vera, da dispensare a noi e a quanti chiedono preghiere, consigli ed esortazioni.
Badate bene: alcune grazie che riceviamo, anche quotidiane, le dobbiamo proprio alle preghiere di queste “claustrali” che si sono offerte per noi, che hanno rinunciato al mondo per donarsi al Signore e abbracciare nella preghiera le anime che implorano aiuto.
Quanto sono importanti le loro preghiere! Di quanto ne abbiamo bisogno! Per questo, tutti dovremmo pregare e sperare che ci siano maggiori vocazioni di questo tipo. È un beneficio per tutto il mondo. Ed è soprattutto una lode a Dio.
O forse non crediamo all’efficacia della preghiera? Forse abbiamo dimenticato la forza del sacrificio di sè, unito a quello di Cristo? L’abnegazione e la rinuncia di sè stessi sono dei valori inestimabili, che dovremmo apprezzare maggiormente.
Dovremmo solo ringraziare chi si dona a Dio per donarsi a noi e tenderci le mani da “lontano”. Perchè il bene più grande, spesso, lo si fa rimanendo “invisibili”, proprio come loro.
E in una società che invece punta alle visualizzazioni e ai like, questo bene passa in sordina, ma in realtà è uno sconvolgente atto profetico.
Quanto alla loro presunta “frustrazione”. Le avete mai viste? Ci avete mai parlato? Non avete visto in alcuni visi l’irradiazione della pace?
Non certo perché non hanno preoccupazioni quotidiane (tranquilli che ce le hanno anche loro, anche se non visibili), ma perché in loro c’è qualcosa e Qualcuno di più grande nel quale vivono e al quale affidano ogni cosa.
E poi decidetevi: o dite che fanno una vita triste che voi non fareste mai o dite che stanno bene perché non hanno problemi. Delle due l’una.
Loro bevono continuamente della grazia di Dio. Sono libere interiormente, perché non sono le “grate” a delimitarle.
Se si è felici dentro, si è liberi dovunque. Per questo i santi dicevano che i loro monasteri erano il Paradiso: vivevano in intimità con Gesù Cristo. E che vuoi di più?
Poi se ci pensiamo, quando ci affacciamo ai loro parlatori, anche loro ci vedono dietro la grata. Forse i “prigionieri” siamo noi. Dipende dalle prospettive! È più una questione di cuore che di luoghi fisici, è più un fattore di comunione con Dio, perchè solo Dio appaga il cuore.
Tante di queste monache si alzano presto, lavorano nell’orto, imparano a cucire, fanno del bene ai forestieri, sono piene di Amore, di Gioia Vera, di saggezza, di una pace che non è paragonabile ai piaceri effimeri e passeggeri di questo mondo, che sono un nulla a confronto.
Piuttosto sembra invece che è il mondo a vivere la frustrazione, il ripiegamento su di sé, l’infelicità. Strano, non doveva essere il sesso libero, la ricchezza e la ribellione a far stare tutti meglio e a far progredire la società?
E invece notiamo proprio il contrario. Notiamo che la fede di chi ha scelto la castità, la povertà e l’obbedienza (che si oppongono proprio ai tre capisaldi moderni citati sopra), rendono felici, pienamente amanti, pienamente liberi.
Perchè solo la Verità rende liberi. Il godersela non offre una gioia duratura. Il donarsi al Signore sì.
Tutto passa, solo Dio resta. Solo Dio basta.
È Lui che rende giovani, è Lui che chiama, è Lui che rende la tua vita piena. Se lo vuoi
Ecco le claustrali.
Vivono con Dio. Sole a sole con Lui. O meglio ancora: A TU PER TU…TTI.
P.S. Facciamole “conoscere”, diffondendo questo articolo.
