(SI SVILUPPA UN ARTICOLO IN RIFERIMENTO AL MINISTERO DEL VESCOVO, CONFERENZE EPISCOPALI E DECENTRALIZZAZIONE DEL PAPA)
Il documento è stato promulgato il 26 Ottobre 2024 a conclusione dei lavori e degli incontri della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Il suddetto documento si suddivide in 155 paragrafi approvato dai due terzi della maggioranza.
Esso a sua volta è strutturato nelle seguenti cinque parti:
1) Il cuore della sinodalità: in questa parte si propone e sviluppa quanto è emerso nella Prima Sessione e si sviluppano le possibili prospettive spirituali e profetiche.
2) Insieme sulla barca di Pietro: riguarda le relazione che edificano la comunità cristiana e permettono lo sviluppo dei “carismi” delle vocazioni e dei ministeri all’interno di essa.
3) Sulla tua parola: riconosce tre pratiche tra loro connesse: discernimento ecclesiale, processi decisionali, cultura della trasparenza, del rendiconto e della valutazione.
4) Pesca abbondante: indica le modalità attraverso le quali ci si può unire alla Chiesa
5) Anch’io mando voi: tutti i cristiani in virtù del Battesimo sono chiamati a essere missionari, quindi annunciatori del Vangelo.
QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DI QUESTO DOCUMENTO?
Il documento è ricco di riferimenti legati ai racconti evangelici della Risurrezione. Il Pontefice in proposito esordisce così:
“Contemplando il Risorto, abbiamo scorto anche i segni delle Sue ferite (…) che continuano a sanguinare nel corpo di tanti fratelli e sorelle, anche a causa delle nostre colpe. Lo sguardo sul Signore non allontana dai drammi della storia, ma apre gli occhi per riconoscere la sofferenza che ci circonda e ci penetra: i volti dei bambini terrorizzati dalla guerra, il pianto delle madri, i sogni infranti di tanti giovani, i profughi che affrontano viaggi terribili, le vittime dei cambiamenti climatici e delle ingiustizie sociali”.
CONTENUTI DEL SUDDETTO DOCUMENTO
Il documento si fonda soprattutto su alcune tematiche, per esempio il nuovo modo di essere Chiesa nel mondo, l’importanza della missione, il ruolo delle donne, lo statuto delle Conferenze Episcopali, il Ministero Petrino.
RUOLO DEL VESCOVO
Prima di addentrarmi nella spiegazione è ragguardevole fornire alcune delucidazioni sul ruolo del Vescovo e delle Conferenze Episcopali.
Chi è il Vescovo?
Il sostantivo Vescovo o Episcopo deriva dal greco “episkopos” e significa supervisore, sorvegliante. Nella Grecia antica con codesto nome si indicava il direttore di un’Accademia che aveva il ruolo di sorvegliare sugli scolari e le attività a loro proposte. L’episcopato (terzo gradino del Sacramento dell’Ordine è citato in particolare da San Paolo nelle sue lettere). Nella Prima Lettera a Timoteo al capitolo 3 l’apostolo delle genti esordisce così:
E’ degno di fede quanto vi dico: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. E’ necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.
Questa figura nei primi tempi del Cristianesimo assume una notevole valenza, si pensi che a Lione e ad Antiochia nel III secolo d. C si hanno importanti comunità cristiane di fondazione apostolica, quindi guidate dai Vescovi. Nel IV secolo d. C differenti Padri della Chiesa esperti in materia di fede sono divenuti Vescovi. Si cita in riferimento Ambrogio a Milano, Agostino a Ippona, Cirillo a Gerusalemme e Atanasio ad Alessandria. Come già redatto poc’anzi l’episcopato è il più alto gradino del Sacramento dell’Ordine(ne fanno parte anche il Papa e i Cardinali in quanto Vescovi). Si evince quindi che i Vescovi sono i successori degli Apostoli. Gli Atti degli Apostoli al capitolo 1, 7 – 25 chiosano così:
Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.
In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle persone radunate era di circa centoventi – e disse:”Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. La cosa è divenuta nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e così quel campo, nella loro lingua, è stato chiamato Akeldamà, cioè “Campo del sangue”. Sta scritto infatti nel libro dei Salmi:
La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un altro.
Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione”. Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: “Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava”.
Sorge spontanea l’istanza, come si diventa Vescovi? Nella Chiesa delle origini veniva scelto dal popolo, che ne testimoniava le qualità per diventarlo, codeste qualità erano soprattutto morali(retta dottrina). Nel Medioevo era invece il capitolo della Cattedrale a designarlo, quindi dei sacerdoti detti canonici che ogni giorno presso la Cattedrale recitavano in coro le orazioni e conducevano una vita quotidiana in comune. A distanza di lunghi secoli, con precisione nel 1917 con la promulgazione del Codice di Diritto Canonico si stabilisce che il Vescovo deve essere nominato dal Sommo Pontefice. Il rito di ordinazione prevede l’imposizione delle mani di tre Vescovi consacranti, la consegna del Vangelo che sta a indicare il dovere del Vescovo di annunciare la Parola di Dio, l’anello simbolo di fedeltà, la mitra simbolo di santità alla quale ogni Vescovo deve aspirare. Il pastorale è la capacità di guidare il gregge che Dio gli ha affidato. Il Codice di Diritto Canonico al canone 375 precisa così:
I Vescovi, che per divina istituzione sono successori degli Apostoli, mediante lo Spirito Santo che è stato loro donato, sono costituiti Pastori nella Chiesa, perché siano anch’essi maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri del governo.
Con la stessa consacrazione episcopale i Vescovi ricevono, con l’ufficio di santificare, anche gli uffici di insegnare e governare, i quali tuttavia, per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica col Capo e con le membra del Collegio.
Nel servizio episcopale si sviluppano le tre caratteristiche che appartengono a Cristo: regalità, profezia e sacerdozio. Si distinguono in successione i tre munera, ossia gli uffici propri del Vescovo:
1) Munus docendi: è l’insegnamento. Ogni Vescovo deve insegnare al popolo di Dio la vera dottrina.
2) Munus santificandi: il Vescovo è il liturgo per eccellenza. Egli presiede le celebrazioni dei Sacramenti e amministra l’Ordine Sacro.
3) Munus regendi: ogni Vescovo è responsabile dell’attività pastorale della sua diocesi. Egli è il primo servitore del popolo di Dio e in conseguenza del suo Regno, che già qui e ora si realizza.
COSA AFFERMA IL DOCUMENTO REDATTO DAL PONTEFICE FRANCESCO CIRCA IL RUOLO DEI VESCOVI?
Al n. 68 del sopraindicato documento si ribadisce che ogni ministro appartenente alla gerarchia ecclesiastica è a servizio del Vangelo. Sul ruolo dei Vescovi come ben cita la Costituzione Dogmatica Lumen Gentium si ribadisce che esso ha la pienezza del Sacramento dell’Ordine e che il suo ruolo è l’essere a servizio della comunità. Il Sinodo però propone al Sommo Pontefice la volontà da parte del popolo di Dio di poter scegliere i futuri Vescovi.
Chi è il popolo di Dio?
Nei racconti veterotestamentari con l’espressione popolo di Dio si indicava il popolo d’Israele; il popolo che Dio ha prediletto e richiamato di continuo all’alleanza, mediante i profeti. Il Catechismo della Chiesa Cattolica tenendo conto del rinnovamento apportato dal Concilio Ecumenico Vaticano II al n. 782 descrive cosa si intende per popolo di Dio:
➔ Si diviene membri di codesto popolo per la “nascita dall’alto”, quindi dall’acqua e dallo Spirito, cioè mediante il Battesimo.
➔ Il popolo ha per capo Gesù.
➔ Ha per legge l’amore di Dio
➔ Ha per missione l’annuncio della salvezza
➔ Ha per fine il Regno di Dio
Come allora il popolo di Dio può scegliere un Vescovo?
Dal documento non è esplicito e quindi il rischio di interpretazioni personaliste può essere maggiore. Ben venga invece la richiesta di supportare il ministero del Vescovo mediante la preghiera, in quanto essendo creatura è anche lui soggetto alle tentazioni di vario genere, in primis il rischio di non annunciare il Vangelo cedendo alle ideologie. Di fondamentale importanza è anche la collaborazione con il Vescovo emerito, che per esperienza può essere considerato come una persona “saggia” e quindi di supporto al successore, che soprattutto all’inizio del ministero si sente sovraccaricato di responsabilità dinnanzi a Dio e al gregge affidatogli.
Cosa si evince dalla riflessione del Sinodo sul ruolo dei Vescovi?
I Padri Sinodali facendo riferimento alla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, hanno messo in luce l’importanza di codesto ruolo, ma non è chiaro però come il popolo di Dio possa essere membro attivo nella scelta del successore degli Apostoli. Non è inoltre trasparente cosa si vada a indicare circa la formazione continua nei contesti locali. Si fa riferimento alla costituzione di nuovi percorsi teologici pastorali? Oppure umanistici? Corretta la volontà da parte dei membri del Sinodo di richiedere la maggior presenza da parte degli episcopi verso i fedeli, a tal proposito si cita il pellegrinaggio pastorale che da alcuni anni il Vescovo di Bergamo sta compiendo nelle numerose parrocchie del territorio orobico. Sua Eccellenza si pone in ascolto dei presbiteri quali suoi collaboratori, ma anche dei laici, sovente infatti la partecipazione del Vescovo durante le visite pastorali ai consigli parrocchiali ove in totale spirito di umiltà si pone in ascolto delle istanze, richieste e problematiche da parte non solo dei ministri, ma anche dei laici. La maggior vicinanza tra Vescovi e fedeli tutti non deve però limitarsi a sole questioni antropologiche. Il ruolo del Vescovo come già ribadito è l’annuncio in prima persona della Parola di Dio alle genti e allo stesso tempo anche di preservare il Depositum Fidei da incursioni relativiste e personaliste, soprattutto a livello sacramentale, ove a volte l’invenzione prende il sopravvento distogliendo così l’uomo dal reale rapporto con Dio.