Pubblichiamo da Vatican News del 26 ottobre 2024, 22:16 una relazione sui lavori conclusivi del Sinodo con il link al Documento completo (LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DEL DOCUMENTO FINALE DEL SINODO).
In calce all’articolo di Antonella Palermo alcune nostre personali considerazioni.
(Le parole in grassetto sono nostre)
“Alla conferenza stampa che ha illustrato alcuni punti del testo prodotto dall’Assemblea generale in Vaticano, l’invito a cambiare linguaggio e sguardo: non si parla più di Chiesa universale, come multinazionale con varie sedi, come fosse un centro commerciale con diverse propaggini periferiche. Esiste una “comunione di Chiese” che integra sempre più laici e donne. Resta aperta la questione del diaconato femminile
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Valore magisteriale del Documento finale, relazione come stile con cui le Chiese creano comunità, modo di procedere dei “gruppi di studio” su singoli aspetti emersi nel corso dei lavori che il Papa desidera siano sottoposti a discernimento ulteriore, contributo di laici e donne nella costruzione di una Chiesa sempre più partecipata e meno gerarchica. Sono questi i temi sui quali i giornalisti in sala stampa vaticana hanno richiesto questa sera chiarimenti nella conferenza stampa a conclusione dei lavori della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Insieme al prefetto Paolo Ruffini, presidente della Commissione per l’Informazione e a Christiane Murray, vice direttrice della Sala Stampa della Santa Sede, presenti il cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria Generale del Sinodo, il cardinale Jean-Claude Hollerich, S.I., relatore generale, suora Maria de los Dolores Palencia Gómez, C.S.J., presidente delegato, i due segretari speciali padre Giacomo Costa, S.I. e monsignor Riccardo Battocchio.
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Il Documento finale ha valore di Magistero
La scelta del Papa di non pubblicare una esortazione post-sinodale come va interpretata per il futuro dei documenti papali? È il primo interrogativo per sgombrare dubbi sul carattere magisteriale del Documento finale. Il teologo Battocchio risponde che ciò che ha dichiarato il Pontefice è conforme alla costituzione Episcopalis communio in cui si dice che, se approvato espressamente dal Romano pontefice il documento partecipa del suo Magistero, non con valore normativo, ma dando delle linee di orientamento.
“C’è un documento che non è scritto ed è l’esperienza – aggiunge il cardinale Grech – una esperienza che nell’ultimo anno è stata bellissima. Il primo frutto è il metodo sinodale che è allo stesso tempo la chiave per poter indirizzare altre tematiche”. Hollerich ricorda che lo scorso anno c’erano nell’assise gruppi di maggioranza e minoranza reciprocamente sospettosi. Con il crescere nel metodo è cambiato questo atteggiamento, “alcune opinioni restano diverse, è inevitabile, ma quest’anno abbiamo veramente vissuto la sinodalità. Nessuno era triste. Ora dobbiamo diventare ambasciatori di questo frutto. Non ci siamo infatti riuniti solo per guardare alle strutture della Chiesa o per fare una battaglia tra fazioni”.
Cambiare linguaggio: la Chiesa non è una multinazionale
Nel Documento finale, è stato precisato, si tende a non parlare più di Chiesa universale, intendendola come multinazionale con varie sedi succursali, o come un centro commerciale con diverse propaggini periferiche. Bisogna fare proprio un nuovo linguaggio: esiste infatti una comunione di Chiese, a testimoniare che è possibile essere uniti nella dottrina, come membra di un unico corpo in Cristo. Le Chiese locali non sono dunque “livelli” ma semplicemente “modalità diverse di vivere le relazioni“. Tant’è che, precisa Battocchio, quando il Papa dice che il Documento “non è normativo” non significa che non impegna le Chiese ma indica una direzione da prendere tutti insieme nella pluralità che caratterizza fin dalle origini l’essere Chiesa di Cristo. “Non si tratta pertanto di leggi che vengono da una istanza centrale da adattare nelle periferie, ma si tratta di rispondere a un appello alla conversione (non solo morale), cioè un appello a vivere le relazioni ecclesiali in modo diverso”.
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Radicati e pellegrini
“Ci sono dei punti che possono fare da lievito per far crescere questa realtà missionaria che è la Chiesa”, prosegue Battocchio nell’illustrare il Documento finale. “Radicati e pellegrini” è la prospettiva in cui la Chiesa vuole rispondere e testimoniare in un mondo globalizzato, afferma Costa rispondendo a una domanda su come contemperare le istanze delle Chiese orientali, soprattutto relativamente alle liturgie, e quelle della Chiesa latina, tenendo conto delle migrazioni, spesso forzate, che rischiano di far perdere tradizioni, riti, peculiarità religiose-culturali: “Il radicamento è essenziale – dice il segretario speciale gesuita – ma non possiamo viverlo con muri, arroccati nelle proprie posizioni”. E aggiunge che uno degli aspetti più belli per l’assemblea è stato proprio riscoprire il patrimonio delle Chiese orientali, una grande ricchezza. Così come, per esempio, è una grande ricchezza il contatto con oltre trenta nazionalità diverse che suor Maria, in Messico, vive nella sua pastorale ordinaria.
Costa ha richiamato a un punto essenziale: la Chiesa latina e quella cattolica non sono la stessa cosa. Non coincidono, proprio perché c’è una ricchezza da cogliere nel modo differenziato in cui la fede si è incarnata. Questo dunque è da preservare ma non con rigidità bensì cercando le vie di “come trasformarci noi”. “Dobbiamo diventare una sorta di hub in cui persone così diverse possono riconoscersi come fratelli e sorelle, figli di un unico Padre”.
Laici e ministri ordinati, figure integrate
Attorno al n. 76 del Documento finale si è precisato che “non si tratta di contrapporre ciò che può fare il ministro ordinato e ciò che può fare il laico”. Sono servizi diversi che possono essere vissuti in maniera integrata e dinamica, i laici non devono essere considerati “supplenze”. E questo deve valere certo in aree remote del mondo, ma anche nell’Europa sempre più secolarizzata dove, afferma Hollerich, “si può prevedere di dare spazio a più figure”, posto di intendere la Chiesa in una visione non piramidale ma comunitaria. Va da sé, insomma. Nella liturgia, tema questo che rientra tra quelli ancora da valutare, “non c’è un piano per sostituire sacerdoti con i laici, si insiste. Certo, laddove è opportuno e concorre a una maggiore aderenza con il vissuto particolare del territorio, “può esserci una liturgia più partecipativa”. Hollerich racconta per esempio di celebrare spesso nella sua diocesi, dove sono molti i portoghesi, in questa lingua, talvolta anche usando il messale brasiliano che prevede una coinvolgimento più ampio. In effetti, l’importanza dell’eucaristia domenicale è emersa molto nel corso dei lavori sinodali, come “luogo dove si impara e si può capire anche simbolicamente cosa vuol dire costruire comunità che vivono autenticamente il Vangelo”.
Il diaconato femminile resta una questione aperta
“Già la ratio attuale prevede una varietà di figure che partecipano alla formazione dei ministri ordinati”, spiega monsignor Battocchio a proposito del contributo femminile nei seminari e di come potrà eventualmente evolvere. “Si tratterà di vedere nei vari contesti. Ci sono molti seminari in cui la partecipazione di famiglie, di uomini e donne che non sono membri del clero è attiva”. dal canto suo, il cardinale del Lussemburgo afferma: “Io non voglio privare i seminaristi del contributo che le donne possono dare”. Qui il cardinale Grech racconta di quando ha di recente visitato un luogo in Europa dove c’era una coppia che assisteva in questo ambito: “E’ già un’esperienza, non una trovata dell’assemblea sinodale. Anche in America latina sono già in atto questi doni, carismi e ministeri che l’assemblea apprezza”.
La questione del diaconato femminile è una questione che può restare aperta? È l’altra domanda che ha provocato i relatori. Hollerich afferma che “si tratta di un problema molto delicato”. E fa notare che il Papa non ha detto né che le donne saranno ordinate, e nemmeno che non lo saranno. “Ha detto che resta una questione aperta”.
Il destino dei Gruppi di studio
I dieci “Gruppi di studio” concluderanno i loro lavori a Giugno. Sul destino del loro lavoro Costa non ritiene sia previsto un ritorno a questa assemblea ma un rimando alle Conferenze episcopali di tutte le Chiese che rappresentano: Del resto il Papa ha detto che vuole continuare ad ascoltarle, non per insabbiare le decisioni, ma per dare più tempo al discernimento.
UN NOSTRO COMMENTO
Pur invitando tutti a leggere il Documento finale, si può ben immaginare che molti non lo faranno, affidandosi a veloci relazioni dei giornali ecclesiali, di sacerdoti di questa o quella linea, del Bollettino della Sala Stampa vaticana, e ciò si può capire. Ma è fondamentale osservare come l’istituto del Sinodo, voluto da Sua Santità San Paolo VI, quasi propaggine del Concilio nel tempo, da un lato non è un Concilio, perché non vede tutti i Vescovi, per altro è diverso anche per la ampia parte che vi hanno i laici, fedeli non ordinati. Ignorarlo sarebbe problematico per la crescita di Chiesa.
Si parla di discernimento e di decisionalità.
Ma occorre ben distinguere che una cosa è l’esprimersi e l’essere ascoltati effettivamente da chi ha il compito di discernere e decidere e santificare, secondo l’autorità conferitagli da Cristo, altra cosa è intervenire da laici, anche su tutte le materie, ma con la consapevolezza che il proprio contributo è consultivo mentre le decisioni sono dell’autorità ecclesiastica per mandato di Cristo.
Anche io, come laico, posso approfondire, studiare, insegnare -al mio specifico livello- suggerire, esortare e richiamare, ma la parola finale è sempre quella della autorità voluta da Cristo e, questo, per suo specifico mandato, che risale alla Cena Pasquale con l’istituzione dell’eucarestia e del sacerdozio ministeriale che non come solo servizio, incarico, diversamente da come non raramente viene insegnato in taluni seminari e via via si diffonde nella compagine della Chiesa.
Il sacerdozio ministeriale non è un semplice incarico, ma corrisponde ad un carattere sacramentale, ad una potestas conferita e irreversibile. Anche chi non esercita più il ministero sacerdotale conserva il munus sanctificandi, docendi, regendi. Finché questa verità di fede non sarà nuovamente inequivocabilmente chiara, ogni dibattito sul diaconato o sacerdozio ministeriale alle donne sarà privo di fondamento. Similmente, proprio la riflessione sul sacerdozio comune dei fedeli potrà chiarire come esso si esplichi anche nei servizi della Chiesa sia dei fratelli che delle sorelle, e giustamente non solo come aiuto al clero.
Lascia perplessi l’espressione riportata dall’articolo sopra riprodotto che dice “ si tende a non parlare più di Chiesa universale, intendendola come multinazionale con varie sedi succursali, o come un centro commerciale con diverse propaggini periferiche. Bisogna fare proprio un nuovo linguaggio: esiste infatti una comunione di Chiese, a testimoniare che è possibile essere uniti nella dottrina, come membra di un unico corpo in Cristo. Le Chiese locali non sono dunque “livelli” ma semplicemente “modalità diverse di vivere le relazioni“.
Questo modo di esprimersi sembra troppo echeggiare una linea che pretende di indicare come nuovo ciò che è già assodato. Infatti, la Chiesa universale mai è stata vista come una multinazionale con succursali. La LG parla chiaramente e ampiamente del nesso tra Chiesa Universale e Chiese particolari nelle quali, e solo in esse, sussiste la Chiesa Universale. Esse sono vera Chiesa Universale su un territorio, non una succursale (Vedi anche CJC Can. 368) e proprio per questo è fondamentale l’unità con il Papa, garante dell’Unità e della Comunione di tutte le Chiese particolari, nelle quali sussiste la Chiesa Universale con la salvezza che porta nel mondo. la domanda, invece, potrebbe essere. Le chiese vivono sempre così il loro mandato?
Relazioni ecclesiali
Citando Battocchio nella sua relazione sul Sinodo, si riporta che v’è “un appello a vivere le relazioni ecclesiali in modo diverso”.
Questo modo diverso si ravvisa non tanto nelle proposte (che alcuni vorrebbero sostenere a tutti i costi), ma nel modo di viverle ed avanzarle in uno spirito fraterno, come viene ampiamente ricordato lungo tutto il documento ispirandosi al clima spirituale degli Atti degli Apostoli, dove erano anche ben chiare sia la comunione fraterna, sia la distinzione netta di compiti che fu resa ancor più netta dall’introduzione, istituzione, dei Diaconi come primi collaboratori degli Apostoli (sacerdoti), guarda caso. Santificazione, insegnamento, governo subito lì appaiono ben evidenti come caratteristica degli Apostoli e non dei fedeli.
La donna nella Chiesa
Circa la figura della donna nella Chiesa, sarà opportuno ulteriormente approfondire il modo di essere vicino a Cristo e alla chiesa nascente da parte di Maria, Madre di Dio, e delle altre donne, nel documento citate, e da lì mutuare lo specifico cristiano cattolico senza copiare la sensibilità contemporanea circa la donna, che può anche essere di sollecitazione, ma non di guida, pena tradire la natura della donna nella Chiesa.
Nell’articolo si afferma che uno degli aspetti più belli per l’assemblea è stato proprio riscoprire il patrimonio delle Chiese orientali. Bene, ma forse si tratta di crescita ulteriore, visto che è da prima del Concilio che la Chiesa è in ciò impegnata e, non raramente così fu anche nei secoli precedenti, nonostante la separazione giuridica.
Attenzioni
Occorre stare attenti a presentare come novità ciò che non è di per sé nuovo e anticattolico, come, errore opposto, non presentare come non cattoliche ipotesi che sono già prassi disciplinate e accettate altrove, ma da molti non conosciute.
Per esempio, care persone sono rimaste preoccupate dall’idea che “laici celebrino la messa al posto dei sacerdoti” e mi ha chiesto chiarimenti. In realtà, i laici con celebrano o non concelebrano la Messa per diversità di natura dei due sacerdozi, sacerdozio ordinato ministeriale e sacerdozio comune dei fedeli. Due cose ben diverse.
A riguardo della Messa la sola liturgia della Parola può essere celebrata e guidata da laici, uomini o donne e ciò da tempo avviene nelle missioni. In Cina, nei periodi di più forte persecuzione ed assenza di clero, si continuò a celebrare la liturgia della Parola, come avviene ancora oggi nelle grandi missioni ove mancassero i sacerdoti, ma il sacrificio eucaristico, ovvero la seconda parte della liturgia della Messa, sempre e solo è celebrato dal Sacerdote quando c’è, nemmeno dal Diacono. Similmente per la Confessione e l’Unzione degli infermi.