Acclamazione al Vangelo
Il Figlio dell’uomo è venuto per servire
e dare la propria vita in riscatto per molti. (Mc 10,45)
Commento artistico-spirituale alla Prima Lettura della XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – 20 Ottobre 2024
Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg
«Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Isaia 53,10-11).
Il profeta Isaia rivela un oracolo in cui si parla del Messia presentato nel canto poetico del «servo sofferente» che diventa umiliata vittima espiatoria per i peccati del popolo: «il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità». A motivo di questo ritratto del «servo», la tradizione cristiana non ha avuto esitazione a identificarlo nel Messia sofferente, per chiarire il mistero della morte e della risurrezione di Cristo, salvatore del mondo. Quando s. Agostino nel volume «La Città di Dio» commenta questo passo, scrive che è come se il profeta Isaia fosse stato presente alla croce di Cristo, con le «parole che preannunziano profeticamente, molto più che negli altri, le vicende del Cristo e della Chiesa, cioè del re e della città da lui fondata, al punto che da alcuni è considerato più un evangelista che un profeta» (29.1).
Per la «Testa di Cristo», dipinta intorno al 1645, ad olio su legno di quercia, «dal vivo» (secondo l’inventario del 1656), Rembrandt ha probabilmente utilizzato come modello un residente nel quartiere ebraico di Amsterdam, vicino alla sua abitazione. Nel corso della carriera, il pittore e incisore ha più volte studiato il carattere di Gesù realizzando anche diverse teste simili, in pose diverse. Questa raffigurazione di Cristo esposta dal 1998 nella Gemäldegalerie (Musei statali Berlino) è considerata la versione principale dell’artista. Gesù si presenta illuminato dall’alto, con il bel viso dalla barba folta e i lunghi riccioli scuri, girato a destra, dall’espressione gentile e amichevole che, vestito di marrone, si dimostra un Salvatore compassionevole e comprensibile.
Il biblista domenicano p. Giuseppe Girotti, morì a 39 anni, il 1° aprile 1945 nel campo di Dachau, per le sevizie patite. Nelle note scritte a stampa, da professore, si legge:
«Il Servo di Jahvè sarà quindi umile, dolce, mansueto, tranquillo. Dio infatti è il Dio della pace e coloro che sono ripieni del suo spirito non sono litigiosi, agitati, precipitosi o tumultuosi, ma agiscono pacatamente e modestamente. Si comprende ancor meglio il silenzio operoso del ‘Servo di Jahvè’, che va alla conquista di ciò che sarà per tutti la salvezza, la pace, la serenità; non la serenità impassibile di chi nulla sente, ma la trasparenza dello spirito che, nel raggio di luce feconda, scorge il segnale per cui l’uomo errante ritrova la sua vera strada».
don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.