Antifona
Tutte le cose sono in tuo potere
e nessuno può opporsi alla tua volontà.
Tu hai fatto il cielo e la terra
e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento:
tu sei il Signore di tutte le cose. (Cf. Est 4,17b-c)
Commento artistico-spirituale alla Prima Lettura della XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – 13 Ottobre 2024
Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg
Liturgia della Parola in LIS, sottotitolazione e audio a cura della Conferenza Episcopale Italiana
«Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile» (Sapienza 7,7-11).
Il libro della Sapienza è l’ultimo libro dell’Antico Testamento, redatto in greco verso la fine del I secolo a.C. ad Alessandria D’Egitto. Nel racconto l’uomo di Dio, Salomone – ritenuto dall’autore un modello di colui che cerca la sapienza e agisce sapientemente – implora e ottiene «lo spirito di sapienza» da Dio che ne è la fonte, proponendo in tal modo, ad ogni persona, il tesoro di vita: compiere il bene e, di conseguenza, fuggire il male, allenandosi a saper riflettere e prendere posizione anche di fronte a proposte diverse o contraddittorie. Salomone, famoso per la sua saggezza, si presenta come un uomo simile agli altri che ha desiderato e conquistato con l’impegno la sapienza e ha pregato per riceverla e perciò è consapevole che questo dono divino supera ricchezze, potere, salute, bellezza fisica, luce degli occhi.
L’«Allegoria della Sapienza» è opera dipinta da Benedetto Luti, poco prima del 1724. Il pittore fiorentino rappresenta una scena narrata con il tocco morbido e sfumato, dove una giovane donna, seduta su un’ampia nube – «Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi» (Siracide 24,4) – tiene nella mano destra un’ampia stele. La figura muliebre centrale che veste abiti nobili con svolazzo e un prezioso cammeo sulla fronte, s’accompagna a due fanciulle: «Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti» (24,19). La ragazza di sinistra, in ginocchio, conversa con la Sapienza mentre l’altra gode della protezione di Lei e trattiene un libro invitando chi guarda a fare tesoro dell’insegnamento biblico: «Vedete che non ho faticato solo per me, ma per tutti quelli che la cercano» (24,34).
Quanto è attuale l’auspicio di p. David M. Turoldo nei «Canti ultimi» (1991), quando invitava a un dialogo serio e severo:
«Fratello ateo, nobilmente pensoso,
alla ricerca di un Dio che io non so darti,
attraversiamo insieme il deserto.
Di deserto in deserto andiamo oltre la foresta delle fedi,
liberi e nudi verso il Nudo Essere
e là dove la parola muore
abbia fine il nostro cammino».
don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.