Isabel Vaughan-Spruce, è stata arrestata e processata più volte nel 2023 per aver pregato in silenzio e da sola nei pressi «della Robert Clinic», un ospedale noto «per le interruzioni di gravidanza a Birmingham». Ma la dirigente della March for Life non si è persa d’animo, ha denunciato la
polizia per l’ingiustizia subita, ha vinto il processo e ha ottenuto 13 mila sterline come risarcimento.
Si poteva quindi ritenere che l’assurda idea «anti life» delle «zone cuscinetto» attorno agli ospedali che praticano aborti, fosse ormai archiviata per sempre. E invece il nuovo governo laburista, presieduto da Karl Starmer vuole varare una nuova legge per proibire «qualsiasi forma di protesta o attivismo pro vita intorno alle strutture per l’aborto», inclusa, come nota Infocatolica l’innocua «preghiera silenziosa» (davvero un orwelliano «psicoreato»).
La norma potrebbe essere approvata presto ed entrare in vigore già ad ottobre, criminalizzando e sanzionando duramente ogni «manifestazione di dissenso», ancorché pacifica e religiosa, che intenda «influenzare intenzionalmente la decisione di un’altra persona» per quel che riguarda «i servizi di aborto». Il divieto creerebbe delle «zone di sicurezza di 150 metri» attorno agli ospedali della morte.
I vescovi cattolici non ci stanno e per la penna del loro portavoce sulle questioni della vita, mons. John Sherrington, hanno appena emesso una dichiarazione ineccepibile. Secondo i presuli, «la Conferenza episcopale cattolica ha ripetutamente affermato» durante l’approvazione della «legge sull’ordine pubblico» che «la legislazione sulle ‘zone di accesso sicuro’ è inutile e sproporzionata».
Da un lato, ribadisce Sherrington, «condanniamo tutte le molestie e le intimidazioni nei confronti delle donne», ma dall’altro ricorda ai laburisti che «sono già in vigore leggi e meccanismi per proteggere le donne da tali comportamenti». Non c’è alcun bisogno di creare zone e strade speciali, in cui sarà pericoloso perfino sostare, passeggiare o attendere qualcuno.
A ben vedere, infatti, questa nuova legge anti vita «costituisce una discriminazione» e «colpisce in modo sproporzionato le persone di fede», privandole di quella «libertà religiosa», che è «fondamentale in ogni società libera e democratica». Libertà religiosa che logicamente include «il diritto di manifestare le proprie convinzioni in pubblico» attraverso «la testimonianza, la preghiera e l’azione caritatevole, anche al di fuori delle strutture per l’aborto».
Si può ammettere che la presenza di pro life con volantini davanti ad una clinica possa produrre malumori, ma che vuol dire? Allora bisognerebbe proibire qualunque manifestazione di sinistra nei pressi di sedi politiche di destra, o viceversa, ma questo è assurdo e illegale in uno «Stato di diritto».
Nota Sherrington che il «sano pluralismo» deve rispettare i credenti e le loro idee, e non può «privatizzare le religioni» nel tentativo di «ridurle alla quieta oscurità della coscienza individuale» o magari, come avveniva in Urss, e avviene in Cina, cercare di «relegarle nei recinti chiusi delle chiese, delle sinagoghe o delle moschee».
Se la nuova legge effettivamente sanzionerà chi vorrà manifestare pacificamente per la sacralità della vita, anche nelle vicinanze di una «clinica della morte», allora secondo i vescovi «il governo del Regno Unito» avrà compiuto un pericoloso «passo indietro», incentivando «una nuova forma di discriminazione e autoritarismo».
I progressisti, da parte loro, restano gli esperti della logica manichea dei due pesi e due misure: mentre la libertà di manifestare contro la vita umana innocente resterà intatta e senza limiti, quella non meno preziosa di difendere la vita (fragilissima) dei nascituri avrà un nuovo e assurdo ostacolo in più.