RELIGIONE CRISTIANA O RELIGIONI? 

Papa Francesco presiede un incontro interreligioso. Fonte Vatican News 4 Febbraio 2020

Che cos’è la religione? 

Il termine “religione” deriva dal latino “religio” il cui significato è da ricondurre al verbo “legare”. Secondo Cicerone invece la parola “religione” deriva dal verbo “relegere”, ossia ripercorrere, rileggere la propria esistenza in relazione alla divinità. Egli chiosa così: 

«invece coloro che riconsideravano con cura e, per così dire, ripercorrevano tutto ciò che riguarda il culto degli dei furono detti religiosi da relegere, come elegante deriva da eligere (scegliere), diligente da diligere (prendersi cura di), intelligente da intelligere (comprendere)» 

Per Lucrezio la religione è l’insieme di pratiche e legami che unisce tutti gli uomini. Dopo aver offerto delle possibili definizioni sull’etimologia della parola religione e sul senso di esse, si illustrano differenti periodi storici ove la religione ha assunto sfaccettature differenti. 

Le religioni antiche: greci e romani 

Per gli abitanti della Grecia antica la religione è l’insieme di culti, che il popolo è tenuto a celebrare in favore degli dei. Lo scopo quindi non è la relazione personale con la divinità, ma piuttosto un insieme di gesti e riti da officiare affinché si creino condizioni di benessere e di concordia per la società tutta. Non celebrare il culto agli dei significa infatti provocare l’ira di essi. Si evince che la dimensione sacrale è di totale sottomissione alle svariate divinità. 

Gli antichi romani non avevano una concezione differente rispetto ai greci. Essi definivano la religione un insieme di riti da eseguire in modo corretto, affinché gli dei venissero adorati. Vi era quindi un senso anche in loro di timore circa la sfera del sacro. Cicerone nel “De inventione” definiva la religione così: 

«Religio è tutto ciò che riguarda la cura e la venerazione rivolti ad un essere superiore la cui natura definiamo divina»

Lucrezio invece nel “De rerum natura” affermava così: 

«La vita umana giaceva sulla terra alla vista di tutti turpemente schiacciata dall’opprimente religione, che mostrava il capo dalle regioni celesti, con orribile faccia incombendo dall’alto sui mortali. Un uomo grec [n.d.r. Epicuro] per la prima volta osò levare contro di lei gli occhi mortali, e per primo resistere contro di lei.» 

La fede Cristiana 

Agli albori 

Le prime comunità cristiane alla morte di Gesù si radunavano nelle case per timore dei Giudei, essi infatti crearono delle Chiese domestiche, le quali sull’esempio dell’ultima cena rinnovarono il sacrificio eucaristico, memoriale della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. La condizione muta con l’avvento della Pentecoste quindi con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli cinquanta giorni dopo la Pasqua. Essi infatti senza eccessivi timori annunciarono anzitutto alle genti di Gerusalemme la nuova Pasqua; quella donata da Gesù il quale essendo l’unica è somma verità definitivamente ridonò l’innocenza ai peccatori. Nel tempo grazie anche all’apostolato dei discepoli il messaggio di salvezza giunse nell’area mediterranea. In questa vasta regione il Cristianesimo si è confrontato con la cultura pagana, quindi con usi, consuetudini e stili di vita non sottoposti ancora alla rivelazione. Di supporto allo sviluppo teologico che voleva preservare e illustrare il “Depositum Fidei”, vi fu la speculazione filosofica. Il modello platonico e aristotelico permise a numerosi pensatori, si pensi a Sant’Agostino, Basilio, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno e molti altri, di comprendere a livello speculativo il senso della verità che è appunto Cristo. 

IL MEDIOEVO CRISTIANO 

Per non tediare il lettore si tralascia l’epoca Apostolica e dei Padri della Chiesa in parte però citata sopra, per introdursi ad un periodo storico, culturale e religioso di fondamentale importanza: il Medioevo. L’epoca medievale V – XV secolo ha visto sempre più affermarsi a livello sociale e intellettuale la fede cristiana. Per l’uomo medievale il quotidiano vivere era fondato su Cristo. Ogni gesto, azione anche la più semplice da molti veniva offerta a Dio. Non è un caso che proprio in codesto periodo si sviluppano differenti preghiere devozionali, in voga ancora oggi per consacrare al Signore ogni attività di lavoro, studio e di altro genere. Da un punto di vista teologico in suddetto periodo è fondamentale citare due autori, che hanno segnato indelebilmente la Teologia. Essi sono Anselmo d’Aosta e Tommaso d’Aquino.

Anselmo d’Aosta(1033 -1109) dopo Scoto fu uno dei più influenti pensatori del Medioevo a livello europeo. Egli affermava che per comprendere Dio bisogna anzitutto conoscere le Sacre Scritture, alle quali però ci si accosta con fede. Senza la fede che richiede ovviamente l’intelletto, ossia la volontà razionale di comprendere chi sia Cristo e se accettarlo o meno, il testo sacro potrebbe essere ridotto a qualsiasi altro genere letterario. Egli ispirandosi al Libro di Isaia cap. 7, 9 afferma così:  “se non hai fede, non capirai”. Anselmo come già affermato più volte insisteva sul primato della ragione anche per la comprensione dei dogmi, i quali seppur da accettare come verità incontrastabili non sono elusi dalla comprensione del soggetto. Non viene meno accanto alla ragione la dimensione affettiva. Dio è amore e vuole dimorare presso l’uomo riempiendolo del suo immenso amore. Si evince quindi che fede e ragione sono in circolarità e non in dissonanza, evento che invece avverrà nell’epoca moderna. 

Tommaso d’Aquino considerando le creature come elementi del creato, dichiara che tra tutte l’uomo è quella più sublime in quanto creata a immagine e somiglianza di Dio. La somiglianza consta appunto nella razionalità, quindi nella facoltà intellettiva e volitiva di convergere già qui e ora a Dio con azioni, scelte e opere. Tommaso per dichiarare l’esistenza di Dio procede a posteriori, ossia dagli effetti, quindi dall’esperienza sensibile. Egli nel tempo elabora un metodo, definito della cinque vie, grazie al quale illustra con dovizia l’esistenza di Dio. Esse sono: 

1) constatazione di un fatto in rerum natura, nell’esperienza sensibile ordinaria (movimento inteso come trasformazione; causalità efficiente subordinata; inizio e fine dell’esistenza degli esseri generabili e corruttibili, perciò materiali, contingenti nel suo vocabolario, che quindi possono essere e non essere; gradualità degli esseri nelle perfezioni trascendentali, come bontà, verità, nobiltà ed essere stesso; finalità nei processi degli esseri non intelligenti); 

2) analisi metafisica di quel dato iniziale esperienziale alla luce del principio metafisico di causalità, enunciato in varie formulazioni (“Tutto ciò che si muove è mosso da un altro”; “È impossibile che una cosa sia causa efficiente di se stessa”; “Ora, è impossibile che tutte di tal natura siano state sempre, perché ciò che può non essere un tempo non esisteva”; “Ma il grado maggiore o minore si attribuiscono alle diverse cose secondo che si accostano di più o di meno a qualcosa di sommo o di assoluto”; “Ora, ciò che è privo di intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente”); 

3) impossibilità di un regressus in infinitum inteso in senso metafisico, non quantitativo, perché ciò renderebbe inintelligibile, inspiegabile pienamente il dato di fatto di partenza esistente (“Ora, non si può in tal modo procedere all’infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore…”;

“Ma procedere all’infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremmo neppure l’effetto ultimo, né le cause intermedie…”; “Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà ci sia qualcosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in un altro essere oppure no. D’altra parte [in questo genere di esseri] non si può procedere all’infinito…”; questo passaggio manca, per la sua evidenza agli occhi dell’Aquinate manca nella quarta via e nella quinta via, si passa direttamente alla conclusione; 

4) conclusione deduttiva strettamente razionale (senza nessuna cogenza di fede) che identifica il ‘conosciuto’ sotto quel determinato aspetto con quello “che tutti chiamano Dio”, o espressioni simili (“Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio”; “Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio”; “Dunque bisogna concludere all’esistenza di un essere che sia di per sé necessario e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio”; “Ora ciò che è massimo in un dato genere è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è causa di ogni calore, come dice lo stesso Aristotele. Dunque vi è qualcosa che per tutti gli enti è causa dell’essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio”; “Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine: e questo essere chiamiamo Dio”. 

5) Le azioni non intelligenti presenti nel mondo hanno bisogno di una intelligenza che li renda tali. 

Epoca moderna 

L’epoca moderna è un lungo periodo storico e culturale che vede l’evolversi della società soprattutto a livello tecnico scientifico. A livello umanistico ed anche religioso si esalta il primato antropologico, la corrente illuminista originatasi nel 1685 in Europa definì la religione un insieme di eventi e riti superstiziosi. Non si elimina Dio, ma lo si definisce un garante della morale. In conseguenza si sviluppa il deismo, quindi una fede naturale che definisce Dio un garante della morale. Dio risulta essere la causa efficiente, quindi colui che crea l’universo, ma non vi interviene, non si rivela nella storia. Si instaura così una religiosità laica, ove l’uomo è tenuto a rispettare i doveri naturali come ad esempio la libertà, la fraternità e l’uguaglianza. Essi però hanno dato vita al relativismo, ove il soggetto si crea una propria ed esclusiva verità. La scissione tra fede e ragione si acuisce ancor di più nel fine Ottocento e agli inizi del Novecento con i Maestri del Sospetto (Freud, Marx, Nietzsche), i quali definiscono la religione una somma invenzione umana per contrastare soprattutto tra i ceti meno abbienti le differenti sofferenze e ansie esistenziali, che a detta di codesti si superano con la sola fiducia nella razionalità empirica e in conseguenza scientifica. 

Epoca post contemporanea 

Negli ultimi decenni sempre più sono sorti Nuovi Movimenti Religiosi, si pensi a Scientology oppure a New Age, che tentano di fornire risposte alle istanze dell’uomo, tra le più comuni vi sono queste: perché il male? Che senso ha l’esistenza? C’è un fine dopo la morte? Questi movimenti vedono la partecipazione attiva di numerosi adepti in quanto forniscono anzitutto un senso di accoglienza e poi non vi è un credo o una liturgia ben definita; anzi il più delle volte costoro sovvengono ai bisogni puramente materiali, tali da essere riconosciuti come validi ministri, cosa che però non sono! Il pluralismo religioso, causato anche dalle soventi emigrazioni ed immigrazioni, si è originato negli anni Sessanta del Novecento. Non a caso san Paolo VI papa il 28 ottobre 1965 pubblicò la dichiarazione Nostra Aetate circa i rapporti tra Cristianesimo e altre forme di religiosità. Il Sommo Pontefice riconosce che nelle altre religioni vi sono i semina verbi, quindi la presenza del divino,ma l’unica che però conduce alla salvezza è la fede cristiana (nel prossimo articolo tratterò la Nostra Aetate). A distanza di trentacinque anni l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale Joseph Ratzinger mediante la dichiarazione “Dominus Jesus” (rimando al mio articolo già redatto su questo argomento), mise in luce ancora una volta che la salvezza è donata dalla Chiesa quale mediatrice tra Dio e l’uomo. Joseph Ratzinger scrive suddetto documento in quanto la dittatura relativista tende ad equivalere tutte le forme di religiosità. A livello teologico è privo di senso e fondamento affermare che tutti gli uomini sono figli e fratelli. Per un cristiano è fratello in Cristo chi ha ricevuto il Battesimo e quindi fa parte della comunità cristiana, ma non può esserlo un musulmano, egli stesso infatti lo ribadisce in quanto Dio per l’Islam non figli. Certo a livello sociale ogni soggetto detentore di diritti, doveri e dignità e in virtù di codesti va ovviamente rispettato. 

Discorso di papa Francesco a Singapore in occasione del viaggio apostolico (lo si può recuperare dal sito della Santa Sede) 

Il Sommo Pontefice, all’incontro con i giovani al Cattolico Junior College di Singapore, afferma che tutte le religioni conducono a Dio. Queste affermazioni vanno però a contrastare il primato della salvezza, ossia Cristo via, verità e vita. Per secoli i Padri e i Dottori della Chiesa hanno dimostrato come il Cristianesimo sia l’unica e vera religione. Joseph Ratzinger da Cardinale ripropose sul suddetto tema il dialogo tra sant’Agostino e Varrone spiegando che nel Cristianesimo è avvenuto qualcosa di “stupefacente”: Dio si incarna per salvare l’umanità, Egli assume sembianza umana per dimorare presso l’uomo. Gesù diviene così il Logos, l’Archè che mediante l’evento della croce ridona l’innocenza ai peccatori. Il Cristianesimo quindi è la religione per quanto poc’anzi scritto, la cui presenza storica è accertata dalla Chiesa che è madre, maestra e testimone della verità, la quale richiama l’uomo alla primaria vocazione: essere figlio nell’Unigenito. Giusto allora l’intervento del Cardinale Victor Manuel Fernandez Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede il quale ribadisce che l’equipollenza di tutte le fedi, conduce inevitabilmente al relativismo, tale da eliminare il senso salvifico della fede cristiana.

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Autore: Emanuele Sinese

Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione. Da ottobre 2024 prosegue gli studi presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.