Acclamazione al Vangelo
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna. (Cf. Gv 6,63c.68c)
Commento artistico-spirituale alla Prima Lettura della XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – 25 Agosto 2024.
Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg
Liturgia della Parola in LIS, sottotitolazione e audio a cura della
Conferenza Episcopale Italiana
«In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: “Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume, oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore”.
Il popolo rispose: “Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio”» (Giosuè 24,1-2.15-17.18).
Giosuè (il nome significa «Dio salva») è profeta e condottiero dell’Antico Testamento, nato in Egitto prima dell’esodo dei figli di Israele, vissuto nel XII secolo a.C. e successore di Mosè, morto all’età di centodieci anni.
Nel brano del libro che prende nome da Giosuè poiché ne è il protagonista, ma non l’autore, egli dichiara di fronte a tutti la sua posizione verso il Signore, manifestatosi sul Monte Sinai, che aveva accompagnato il cammino di liberazione di Israele dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra Promessa: «Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». A quel punto la comunità dell’intero popolo aderisce all’invito di Giosuè ad essere fedele al Signore e a camminare sulla strada dei padri: «Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».
«Il profeta Giosuè» è un dipinto su intonaco che un maestro popolare del primo ‘500 ha lasciato nella Chiesa di S. Maria Assunta di Sovramonte (BL), fondata in periodo altomedievale. L’opera, dipinta a fresco nella fascia della superficie interna dell’arco dell’altare maggiore e unita da un elemento decorativo d’insieme, fa parte della serie di dodici Profeti di cui compare solo la testa, inscritta in cerchi incorniciati in forma di medaglione. Nell’immagine, attorno al capo dell’effigiato, entro l’ovale, è scritto a lettere capitali: «IOSVE PROPHETA».
Il libro del filosofo tedesco Edmund Husserl, «La preghiera e il divino. Scritti etico-religiosi», si conclude con una meditazione sulla preghiera come fedele compagna di ogni persona nel colloquio con il divino, da coltivare e continuamente alimentare:
«La vicinanza con Dio è descritta come una vita desta, o meglio che è stata “destata” attraverso un lavoro su sé stessi, nel senso che si è presa in mano la propria esistenza consapevolmente».
don Tarcisio Tironi
direttore M.A.C.S.