Chi è definito boomer? Il termine è oramai conosciuto da tutti e si riferisce alla generazione tra il 1946 e il 1964, epoca di crescita economica e di rivoluzione tecnologica. Periodo caratterizzato da
“interazioni sociali” prevalentemente faccia a faccia, dalle attività ricreative e ludiche, prevalentemente, all’aperto. Pic nic e gite all’aria aperta allietavano le domeniche e i giorni festivi della classe operaia che, dopo estenuanti turni lavorativi in fabbrica, si godeva il meritato riposo.
I Boomer e la Comunità
Ruolo centrale per tutti è la comunità, il quartiere o il paese di appartenenza. Dovevi in un certo senso dar conto alle voci della collettività se il tal dei tali, il figlio di…, il nipote di… avesse fatto, detto e così via. Ti conoscevano e conoscevi fino alle discendenze. Chi può dire se rispetto ad oggi era meglio o no, ma di certo le esperienze erano vissute in modo diretto e tangibile. Oggi, nelle generazioni dei Millennials e Generazione Z, cresciute in un mondo cambiato dalla rete internet, dalla intelligenza artificiale e dai social media, cambiano i modi di fare esperienza personali e collettive. Queste vivono gran parte delle loro esperienze attraverso schermi e dispositivi digitali. Non giudico ma osservo, con dati alla mano, e con fare psicologico che mi appartiene per professione, il diverso il modo in cui gli adolescenti interagiscono, apprendono e sviluppano la loro identità non dalla esperienza diretta, ma attraverso il filtro delle tecnologie che, sebbene offrano vantaggi significativi in termini di accesso all’informazione, destano non poche preoccupazioni.
3D e Quarta dimensione
La carenza di esperienze dirette è sostituita con quelle virtuali dei 3d e di quarta dimensione, o del metaverso. Questo Universo virtuale, che permette agli utenti di interagire in modo immersivo attraverso avatar digitali, rischia di compromettere il rapporto con il “problem solving” nel quotidiano. Un tempo, l’agorà, la piazza, la parrocchia, la banda del paese, i campi sportivi, erano luoghi di esperienze dove prendevano forma il misurarsi e confrontarsi corpo a corpo, vis a vis e non potevi simulare o ritoccarti per mascherare la paura. Dovevi affrontare la sfida. Oggi, nelle piazze, o per meglio dire, sulle piattaforme social, si presenta il sé stessi come un avatar nell’affrontare la vita. Cosa succede a lungo andare? Non lo so, le neuroscienze ancora non sono chiare in proposito, affermando spesso versioni diverse. Da un lato, dicono, questo universo modifica l’apparato neuronale delle percezioni, dall’altro privano le persone delle elaborazioni neuronali. Non sono in grado di propendere per l’una o per l’altra tesi, ma sono in grado di leggere, da psicologo clinico e da psicoterapeuta, i dati clinici dell’ansia, della depressione, dei disturbi alimentari, del cyberbullismo, dell’identità sessuale e dell’isolamento, che fotografano il vissuto delle nuove generazioni, immerse in una realtà ossessionata dalla connessione sempre più anomica ed alienata.
Nuova patologia o noia della non esistenza?
“Openpolis”, fondazione indipendente e senza scopo di lucro, analizza dati al solo scopo di raccontare il mondo presente, riporta che, in particolare negli ultimi due, tre anni, sono circa mezzo milione i minori a rischio dipendenza da internet, 370 mila circa gli adolescenti alle prese con dipendenza da cibo, affettive, e con un continuo aumento di ricoveri per queste patologie.
Sarebbero 66 mila circa i ragazzi tra 11 e 17 anni con tendenza all’isolamento sociale dovuto ad abbuffata da virtuale.
I giochi comportamentali delle challenger ed il rischio morte
Non leggo dati preoccupanti di giovani e minori circa la dipendenza da gioco patologico con scommesse economiche, sebbene tale patologia sia inclusa nei manuali di salute mentale DSM-5 a cui lascio alla libertà dei cultori della materia di venire a conoscenza di come venga incluso in un manuale una nuova patologia. Semmai, osservo i dati preoccupanti dei giochi comportamentali delle challenger, dove il rischio della vittoria non è economico, ma farsi male. Un’analisi psicodinamica sulla vittoria a farsi male ci devierebbe dal discorso, sebbene in sintesi racchiudo dicendo che essa è l’inconscio tentativo di sentire forte le emozioni psicocorporee per far fronte la noia della non esistenza.
Fare parte di una community
Insomma, le nuove generazioni hanno costruito molte delle loro esperienze attraverso dispositivi virtuali di cui fanno un uso ossessivo e in barba al controllo degli adulti che il più delle volte si salvano la coscienza inserendo il divieto per legge di iscrizione ad alcuni social per i ragazzi minori di 13 anni, ignorando che è violato da 2 su 3. L’86% per cento dei ragazzi entro i 18 anni fa parte di una community social, senza di fatto conoscere coloro che ne fanno parte. Più del 90 % dei minori possiede un profilo social dove si posta con foto tese ad imitare personaggi del momento, spesso influencer. È un dato di fatto che le tecnologie digitali e virtuali godono di inarrestabile ascesa e persino coloro che dovrebbero vigilare sulle degenerazioni psicopatologiche (educatori, insegnanti, professionisti della salute mentale ecc.) sembrano essersi arresi ad una deriva ipnotica di massa. E, nel migliore dei casi, si attuano progetti e campagne di prevenzione che fanno effetto “reattanza” ossia non ostacolano i cambiamenti patologici, ma li rafforzano (vedi le ricerche di Jonah Berger 2022).
Un inganno scandaloso di un subliminale moralismo giudicante quello delle molte campagne preventive, che non tengono conto degli aumenti degli interventi di chirurgia estetica sui minori negli ultimi anni, cresciuti del 33%; quasi 700 mila adolescenti italiani si sono fatti ritoccare il loro corpo.
I centri di salute mentale sono pieni di adolescenti alle prese con problematiche di comportamenti antisociali, impulsivi e privi di empatia, uso disinvolto di psicofarmaci e intolleranze a minime forme di disciplina. Nella sola Lombardia, 10.000 adolescenti avrebbero bisogno di ricovero specialistico. Secondo uno studio dell’Università di Pavia, e citato da Polis, si assiste ad “un aumento dei ragazzi che presentano ideazione suicidaria o comportamenti autolesivi, nel 2022 più del 186% rispetto agli anni precedenti del 2015. Mi viene da chiedermi: chi siamo? Quale coscienza e dove sono i valori di un tempo boomer?