Un Beato in TV
La figura del vescovo e predicatore americano Fulton John Sheen (1895-1979) è ormai piuttosto nota, anche al di qua dell’Oceano. E ciò è dovuto a vari fattori. Anzitutto, ai suoi numerosi libri tradotti
in italiano (e nelle altre lingue europee), già a partire dagli anni ’50 del secolo scorso. Le italiche Paoline, per esempio, pubblicarono varie edizioni di un saggio dell’arcivescovo sulla Madonna.
Alla conoscenza del primo tele-predicatore cattolico della storia, ha poi contribuito senza dubbio la sua forte e crescente fama di santità. La quale ha fatto sì che la sua causa di canonizzazione venisse aperta nel 2002, sotto Giovanni Paolo II, e portò Benedetto XVI alla proclamazione delle «virtù eroiche del presule», il quale, da qual momento, acquisì l’insigne titolo di «venerabile».
Papa Francesco, nel 2019, ha approvato un miracolo avvenuto per intercessione del venerabile e il miracolo avrebbe dovuto condurre ad una celere beatificazione. Ma, ora, la causa parrebbe sospesa, e la beatificazione rinviata sine die, senza che nella biografia del vescovo ci sia qualcosa che oscuri la sua preclara santità.
Il “Beato” Fulton John Sheen e la Chiesa oggi
Forse si teme che certi suoi scritti non siano apprezzati o apprezzabili nella Chiesa odierna? Sarebbe un immenso errore di prospettiva e porterebbe ad un insano revisionismo storico, per cui dagli scritti di decine di santi andrebbero espunti passaggi e brani, oggi divenuti scomodi o teologicamente scorretti. Lo stesso del resto potrebbe farsi col Vangelo e l’intera Scrittura: ma allora che resta della Parola di Dio, se la adattiamo ai tempi o copriamo pudicamente per i tempi?
In ogni caso, come disse Pilato, «quel che è scritto è scritto». E la summa letteraria sheeniana è e resta indubbiamente vasta, edificante, formativa e piena di tesori e sorprese.
Tra i suoi numerosi testi oggi disponibili, consiglio vivamente la lettura di uno dei libri dei meno noti dell’arcivescovo (Fulton J. Sheen, Verità e menzogne. Una critica profetica del pensiero moderno, Mimep-Docete, 2022, pagine 242, euro 14).
Si tratta di un piacevolissimo saggio filosofico-teologico e al contempo veramente divulgativo in cui, colla sua abituale maestria, mons. Sheen smaschera le tante fallacie logiche della contemporaneità, notando spesso che l’errore è sempre più antico di quanto sembri a prima vista. (Spesso, infatti, i pensatori modaioli sono i più arretrati, arcaizzanti e ‘indietristi’ del momento…).
Il libretto, pubblicato nel 1931, non ha perduto nulla dello smalto originario ed anzi è invecchiato bene, come un vino d’annata. Lo stesso dicasi per il tipico umorismo sheeniano, che serve all’Autore per farsi capire da tutti, per smorzare i toni bruschi dell’apologetica e per far ponderare bene le carte sul tavolo. È un saggio profetico e presto capirete perché.
Nessuna paura della Verità
Afferma il presule che nel testo tratterà di morale, religione, scienza, sociologia, evoluzione, psicologia e umanesimo, «alla luce della verità e di quel chiaro sole filosofico che si chiama buon senso» (p. 9).
Per Fulton Sheen, la modernità ha di fatto abolito le controversie tra posizioni rivali e questo più che un pregio pacifista gli pare un segno di decadenza: le convinzioni di fondo «per le quali alcuni dei nostri antenati sarebbero morti, si sono disciolte in un Umanesimo senza spina dorsale» (p. 12).
La conoscenza della Verità richiede ragione e dibattito
La Chiesa cattolica, secondo il presule, promuove «il dibattito» e perfino «la controversia» e fa questo perché «i conflitti intellettuali sono fruttuosi» e essa «ama grandemente la ragione» (p. 15). In effetti, quando si vuole andare d’accordo con tutti, e avere solo amici e zero nemici, si commette un delitto contro la ragione e la giustizia. Le parole del presule appaiono particolarmente valide oggi, sprofondati come siamo nel tritacarne della «dittatura del relativismo». Quella dittatura democratica secondo cui, come disse il card. Ratzinger nel 2005, poco prima di essere eletto papa, «avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo».
La Chiesa, nella logica di mons. Sheen, non solo «ama la controversia», ma è «in favore di un sano razionalismo» (p. 16). Cioè, è convinta di poter convincere, con la razionalità e la persuasione intellettuale: non come usa oggi con un’apologetica melliflua, con il sentimentalismo sterile o il buonismo a basso costo. «Venite nella nostra Chiesa perché qui si insegna che tutti vanno in paradiso, tranne forse Hitler, Stalin e pochi altri!»…
Secondo lui, la Chiesa cattolica, senza seguire le mode o i tempi, deve essere «più tradizionalista dei fondamentalisti e più moderna dei modernisti» (p. 62). Ed è facile capire il perché.
Fondamentalisti di ieri e di oggi
I fondamentalisti, di ieri e di oggi, sono quei biblicisti forsennati che credono in un Libro, per quanto santo, più che in quel Dio d’Amore che ne è l’Autore e che può santificare anche gli analfabeti (a-biblici) come Giovanna d’Arco. Bibbia quindi letta e concepita al di fuori e al di sopra di Chiesa e Tradizione: non va, tant’è che la lettera uccide, senza lo spirito vivificatore.
I modernisti, poi, sono sempre indietro rispetto a noi cattolici, perché «quel che una generazione definisce moderno, la successiva lo chiamerà antimoderno» (p. 63). Gli errori dei caporioni modernisti Loisy e Buonaiuti, che alcuni oggi vorrebbero quasi canonizzare, erano già stati confutati dai Padri: la loro modernità impertinente ci riporta a Calvino e Giansenio, se non ad Ario e Pelagio. Indietro di secoli, non avanti!
Al contrario, chi sta con l’Eterno, è sempre antico come Lui (saggezza), collocandosi sempre davanti al Progresso assieme a Lui (novità e attualità).
Secondo un venerabile di pieno Novecento, siamo stati tutti colpiti «dal morbo della tolleranza» (p. 73) mentre, al contrario, «il mondo ha un urgente bisogno dell’intolleranza» (p. 81). Sì avete letto bene, ma meglio se lo rileggete coi vostri occhi sulla carta stampata, fa ben altro effetto
Ovviamente, l’intolleranza promossa dal vescovo non è «l’odio, la ristrettezza mentale, il bigottismo» (p. 82). I bigotti poi sono sempre esistiti e ancora esistono, purtroppo, sia a destra che a sinistra, passando per il magmatico centro ecclesiale.
Tolleranza, Verità, errore
La tolleranza, nel pensiero di Fulton Sheen, è l’indifferenza «alla verità e all’errore», in pratica quel latitudinarismo che confonde tutto e tutti per contagio e dolce asfissìa. Insomma, una giusta tolleranza ci vuole per applicarla alle persone che sbagliano (a partire da noi stessi), mentre una sapiente intolleranza va applicata alle idee e ai sistemi di pensiero: altrimenti Lutero, Stalin, Marat e Robespierre potrebbero tornare.
Riprendendo Cristo che fustiga i mercanti nel Tempio (senza peccare!), mons. Sheen scrive: «sulla verità e sui principi si deve essere intolleranti» e questo è urgente «per risvegliarci dal sentimentalismo in cui viviamo» (p. 84). Pare scritto apposta per il 2024: i santi sono anche profetici.
Auspico che questa breve recensione dia a tutti il desiderio di leggere coi propri occhi il prezioso saggio il cui effetto desiderato sarà quello di un’Aspirina spirituale da cui ripartire, irrobustiti e fieri.