“NON BASTA ESSERE ISTRUITI PER ESSERE UMANI”

Dal sito Alzo gli occhi verso il cielo

Riprendo un articolo dal Corriere del 5 Febbraio 2018, dalla rubrica Letti da Rifare, un’articolo di Alessandro D’Avenia: Miglior professore, ecco le caratteristiche | Alessandro D’Avenia- Corriere.it.

Il divorzio tra istruzione ed educazione è uno dei mali peggiori della scuola, frutto del luogo comune secondo cui esisterebbe un’istruzione neutra. Invece sempre si educa mentre si istruisce,

perché la prima comunicazione è quella dell’essere, e solo dopo

arrivano le parole, altrimenti non sarebbe necessaria la relazione viva con i ragazzi, ma basterebbe caricare le lezioni sulla rete. In senso stretto non esiste insegnamento in differita, ma solo in diretta.

Insegnare è una branca della drammaturgia. È l’essere dell’insegnante che genera la conoscenza, perché apre la via al desiderio dello studente, che scorge nel docente una vita più viva e libera grazie alla cultura e al lavoro ben fatto, e la vuole anche per sé. Lo ricordava con precisione il nobel Canetti nella sua autobiografia: «ogni cosa che ho imparato dalla viva voce dei miei insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l’ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine. È questa la prima vera scuola di conoscenza dell’uomo». Le nozioni più raffinate da sole non rendono umani, tutto dipende da come gli insegnanti si relazionano tra loro e con i ragazzi, perché, prima delle nozioni, sono le relazioni a essere generative dell’io e del sapere. È nella relazione che si impara a sentire il valore del sé come destinatario del dono del sapere. Quali insegnanti siete tornati a ringraziare e per cosa? Per la lezione sulle leggi della termodinamica e su Leopardi, o per come vivevano e offrivano la termodinamica e Leopardi proprio a voi?

Parte di una risposta

Queste parole sono parte della risposta ideale ad un testo che lo stesso D’Avenia cita come citato dal suo compianto Preside nel giorno della Memoria.

Quando quest’anno ho iniziato ad insegnare, oltre che nella Primaria per l’ultimo anno prima della pensione, anche in una scuola professionale regionale, all’ENAIP di Romano di Lombardia, il mio principale scopo era parlare agli alunni e con gli alunni facendo loro percepire che erano persone capaci ed importanti, nonostante quello che spesso si dica degli alunni delle professionali regionali considerate come l’ultima spiaggia per coloro che intendono solo assolvere all’obbligo scolastico o conseguire un diploma all’unico scopo di accedere al mondo del lavoro.

Ma io proposi alle sette classi assegnatemi un’ora di Etica e Religione -così è chiamata la materia di IRC- di provare a vivere le ore scolastiche e questa disciplina come un’occasione di vita buona, vissuta per stare non solo meglio, ma bene!

“L’essere dell’insegnante apre la via al desiderio dello studente”

Cominciarono così i percorsi che, pur insegnati in classi parallele del secondo anno e del terzo, diversificandosi oltremodo da classe a classe per attese ed indole degli alunni, partivano da una stessa idea e necessità: diventare persone in un mondo che sembra cambiare, scoprendo che ciascun giovane ha un mondo interiore che può aprirsi allo spirito, alla vita.

Dovevano incontrarsi due esigenze: da un lato lo spazio all’attenzione a quanto i ragazzi vivono, sentono, pensano provenendo da culture assai diverse, essendo di origine e paesi lontani, dall’altro, far conoscere temi e aspetti dell’etica e della Religione cattolica, dando la certezza di non voler spingere ad un passo verso la fede, bensì verso la cultura ed il dialogo aperto e disinteressato.

Partendo da temi esistenziali, come quello della morte in tempo di Natale, una festa nota a tutti come festa della vita che nasce, della famiglia ma per i cristiani prima di tutto del Verbo che si fa carne dando senso anche agli altri aspetti, passavo dal gesto estremo di un uomo assai conosciuto nel cinema, nel teatro, nella letteratura contemporanea, come Vitaliano Trevisan morto suicida, a Viktor Frankl, ebreo che non ha parlato della sua tragedia nei lager come un disastro, ma, pur nel dolore enorme che gli toccò, testimoniò, uno tra pochi, che “non nonostante la sofferenza, ma attraverso la sofferenza” l’uomo trova il senso della vita.

Cambiare aula e cambiare vita

Ma pochi giorni fa, mentre durante un cambio d’ora e di aula, parlavo con un’assistente educatrice di come i ragazzi stanno vivendo questa materia, un giovane, sempre attento, silenzioso durante le lezioni, si fermava accanto a noi con discrezione ad ascoltare. Gli chiesi:

– E tu, come ti chiami?

C.

Prima di iscriverti qui, frequentavi l’ora di religione?=

Sì.

Allora, conoscerai molti argomenti …

Sì, certo, molti.

E ti trovi bene?

Sì, ma la religione non mi è mai interessata

E, allora, come fai a trovarti bene?

Mi piace come propone lei la materia!

Mi lasciò molto impressionato e commosso perché, con semplicissime parole, chiare, nette e dirette, diceva proprio quello che oggi leggevo qui, nell’articolo di Alessandro D’Avenia.

“Come lei la presenta!”

E non che abbia fatto nulla di straordinario! Ho solo ascoltato; dato seguito a temi di loro interesse, come la situazione Israelo-Palestinese … Ma, anche qui … La prima lezione, alcuni alunni marocchini mi chiesero subito da che parte stessi perché loro erano per i Palestinesi.

Io risposi con franchezza:

-Non sono né per quegli israeliani che voi chiamate ebrei, né per i palestinesi che considerate vittime. Sono per gli uni e per gli altri. … Penso che ci sia un’altra via! Ma questa è la prima volta che ci incontriamo e potremmo prima conoscerci e, in seguito, parlare di temi così importanti!

Alcune lezioni dopo, mantenendo la parola, io stesso riaprii il discorso, presentando un articolo che offrisse la ricostruzione di una situazione di conflitto pluridecennale, il più possibile senza dichiarare pareri: i fatti accaduti nel modo più discreto possibile. Gli animi si calmarono e così potei parlare della terza via.

Parlai del villaggio di Nevè Shalom, ove vivono musulmani, cristiani ed ebrei;

della Abrahamic Family House, ad Abu Dhabi, frutto dell’incontro tra Papa Francesco e il Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib, incontro che vide la firma congiunta al Documento sulla Fraternità universale per la pace mondiale e la convivenza comune, noto anche come Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 Febbraio 2019 e che, come uno dei grandi frutti, ha avuto la costruzione della Abrahamic Family House: presenti una moschea, una sinagoga ed una chiesa cristiana all’interno di un giardino comune, dove ciascuno prega secondo la propria fede e può partecipare ad incontri e convegni di natura teologica secondo le tre fedi abramitiche.

Abu Dhabi, Abrahamic Family House

Per i musulmani, tutte le preghiere, comprese quelle del venerdì, si tengono presso la moschea Eminence Ahmed El-Tayeb; la messa viene celebrata in inglese ogni domenica nella chiesa di San Francesco mentre servizi quotidiani si svolgono presso la sinagoga Moses Ben Maimon. Ogni edificio può ospitare da 200 a 350 fedeli. Indicazioni e segnali orientativi all’interno del sito sono scritti in tre lingue, in arabo, inglese ed ebraico. […] Durante la giornata, visite guidate gratuite sono offerte ai visitatori in inglese e in arabo. Oltre alle tre case di culto, c’è un’ampia area di ‘Accoglienza visitatori’ che comprende un caffè, un angolo biblioteca aperta alla libera consultazione e un negozio di articoli da regalo.

In quell’area del complesso, chiamata forum, c’è il ‘Muro delle Intenzioni’, dove i visitatori sono invitati a scrivere i loro desideri e i loro impegni per la pace e la fratellanza. (Fonte ANSA)

Ecco la terza via …! E anche che si impari ad accogliere le ragioni di ciascuno. Ho fatto loro ascoltare le parole del Papa su questo argomento. Ho parlato del

sacrificio di cristiani, come Mons. Luigi Padovese, promotore della Pace, ucciso dal suo autista musulmano dopo anni di fraterna convivenza, e del messaggio della Beata Madre Teresa di Calcutta, gradita ospite delle tre diverse comunità, come dell’opera di Mons. Paolo Martinelli, che continua, ad Abu Dhabi, lo spirito e l’opera di Mons. Luigi Padovese, lo spirito della Chiesa.

Cercate la verità e la verità vi farà liberi (Gv 8, 32)

Sembra impossibile, ma quella antica etichetta sul pensiero socratico, ma per la quale Socrate morì, scolasticamente definita come intellettualismo etico, in realtà, mosse Socrate a vivere una grande coerenza e mosse molti cuori, almeno quelli di chi, nella propria giovinezza, sentì vero l’invito del pagano ateniese e che ascoltò riecheggiare, anche se in diverso modo, sulle labbra di Gesù. Poiché pensieri non veri possono generare azioni malvage e pensieri veri possono generare azioni buone.

Almeno aiutiamo i nostri giovani ad essere veraci.

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O. F. M. Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Ancora con Padre Gianmarco Arrigoni O. F. M. Conv., Non è qui, è Risorto! Mimep-Docete, Marzo 2024.