La creazione degli Angeli e dei Demoni
La filosofia greca, in particolare quella platonica in unione al pensiero presocratico, oltre che aristotelico, ha offerto un notevole supporto alla teologia scolastica e alla patristica, soprattutto in riferimento alla creazione dell’uomo. Il ruolo primario è occupato dal pensiero platonico
che meglio si unisce a quello cristiano circa la concezione del corpo e dell’anima. Per Platone la conoscenza è reminiscenza delle realtà celesti, che l’anima ha contemplato prima di assumere il corpo. Va precisato però che la tradizione cristiana ha accezione positiva del corpo a differenza del filosofo greco che lo considera una prigione, per Platone infatti la salvezza dell’anima la si ottiene con la dissoluzione della materia, quindi del corpo. Con la cessazione dell’esistenza terrena l’anima vaga nell’iperuranio e finalmente può comprendere a pieno la verità.
La teologia cristiana pur servendosi del pensiero platonico mette in luce che anche il corpo è destinato alla salvezza in quanto tempio dello Spirito Santo e alla parusia anima e materia saranno un tutt’uno a contemplare la verità nel Regno dei Beati. Il corpo poi è la struttura mediante la quale Gesù, il Verbo, ha assunto sembianze umane. Numerosi pensatori si sono rifatti a Platone, si pensi ad Origene, Clemente Alessandrino e Agostino.
Sempre in riferimento alla creazione delle creature celesti (Angeli e Demoni), i Padri della Chiesa hanno offerto una valida testimonianza sulla loro origine. Essi hanno anzitutto messo in evidenza che Dio per azione libera e per bontà ha creato l’universo e quanto esso contiene, affinché ogni elemento della natura e ogni essere vivente sia in armonia con il suo creatore. In natura però l’unico che ha alterato questa armonia è stato l’uomo. Può a questo punto sorgere legittima la domanda: in che modo Dio ha creato il mondo? La risposta consta nella volontà. Il suo è stato un atto di amore incondizionato, che si è inserito nell’economia della storia, grazie alla presenza dei Profeti e soprattutto con la nascita dell’Unigenito che ha risollevato le sorti del mondo . Dio però da cosa ha creato? Egli essendo l’Essere Sommo e Onnipotente ha creato il mondo dal nulla; poi dalla terra ha plasmato l’uomo: Adam e infine dalla sua sostanza ha dato vita al Cristo, il Messia. Da Dio procedono poi tutte le categorie come verità, bellezza, bene e unione, in quanto Essere perfetto e appassionato delle sue creature per le quali fino alla fine dei tempi e già qui e ora, ossia sulla terra, desidera situazioni propositive che vanno a corroborare e concorrono alla proposto filiale e di salvezza.
LA CREAZIONE E’ AVVENUTA COL TEMPO O NEL TEMPO?
Dare una definizione di tempo è complesso. Si potrebbe affermare che esso sia la percezione è rappresentazione di eventi che si susseguono. Per quanto concerne la creazione Dio ha creato col tempo, perché prima della creazione stessa non vi era il tempo.
GLI ANGELI PRIMI AD ESSERE CREATI
La patristica riflettendo sulla presenza degli Angeli nell’atto della creazione, si concentra ovviamente sulla Sacra Scrittura. I Padri della Chiesa ben ricordano che essi sono creature non emanazioni del divino, tra i quali uno, Lucifero si è ribellato. Nella gerarchia della creazione abbiamo gli Arcangeli, gli Angeli, i Demoni e gli uomini. Per ricollegarsi alla S. Scrittura, va precisato che già nella tradizione giudaica, quindi nell’Antico Testamento, si fa riferimento a questi esseri e in particolare alla loro sorte per esempio in Qoelet, ove l’autore esordisce così :
Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti.
L’uomo non ha alcun vantaggio sulle bestie, perché tutto è vanità.
Tutti sono diretti verso il medesimo luogo: tutto è venuto dalla polvere e nella polvere tutto ritorna.
Nel Nuovo Testamento sempre in riferimento a suddetto argomento si ripropongono le parole di Gesù riportate dagli evangelisti Matteo e Marco. Matteo al capitolo 8 esordisce così:
Ecclesiaste cap. 3 vv. 19 – 20
Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti.
Mt 8, 11-12
Sempre l’evangelista Matteo:
Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Mt 13, 41-42
L’evangelista Marco:
Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.
Mc 9, 43
Nel testo greco l’inferno è tradotto con “Ade” e “Geenna”. “Ade “usato nel Nuovo Testamento equivale al termine ebraico “Sheol”, che indica il sottosuolo, quindi la dimora generica di tutti i morti. “Geenna” invece deriva da “Gittinnam”, nome di una valle sul Monte Sion sulla quale i seguaci di Moloch (divinità pagana), avevano compiuto sacrifici umani bruciando diversi bambini. Nei Vangeli la Geenna è descritta come luogo di fuoco in cui gli ingiusti e gli empi vengono condannati. Gesù, come citato poc’anzi, ha richiamato le folle alla sua sequela, affinché nessuno si danni, ma tutti si salvino. Certo una salvezza che per attuarsi ha bisogno della volontà del singolo in quanto Cristo ti salva, ma non senza di te.
I DEMONI
La demonologia cristiana considera i demoni quegli angeli con a capo Satana che, all’atto della creazione, si sono volutamente ribellati a Dio. I Padri della Chiesa attribuiscono agli influssi demoniaci tutti quei fenomeni che ostacolano e quindi interrompono la relazione tra l’uomo e Dio. La demonologia fin dal II secolo d. C. riconosce nella divinazione, nell’idolatria, superstizione e magia la presenza del maligno, in quanto questi sono mezzi da lui adottati per condurre le genti al peccato. Giustino nella prima apologia al capitolo 5, versetto 2 in proposito scrive:
Anticamente i demoni malvagi, facendo apparizioni, commisero adulterio con le donne, corruppero i fanciulli e mostrarono agli uomini orrori tali che essi erano sbigottiti e non giudicavano i fatti che accadevano, ma assaliti dalla paura, non riconoscendo che erano demoni malvagi, li chiamavano dei e designavano ognuno con quel nome che ciascuno dei demoni aveva stabilito per sé.
Ecco quindi che alcuni angeli si sono uniti alle donne, dalle quali hanno generato dei figli: i demoni. Essi poi con numerosi mezzi hanno condotto l’umanità a peccare. Atenagora definisce i demoni quali angeli ribelli che unitisi alle donne hanno dato vita ai giganti i quali a loro volta hanno condotto l’uomo al male. Quest’ultimo aspetto è perlopiù mitologico e trae le sue origini dalla tradizione giudaica, in particolare dal libro di Enoch che mette in evidenza come il diavolo abbia ingannato Adamo, ma come Cristo il nuovo Adamo abbia distrutto la sua azione nefasta. I Padri della Chiesa hanno ricordato che l’angelo ribelle, Satana, è una creatura di Dio e la sua malvagità è dettata dall’abuso della libertà. Dio non aveva creato Satana per il male, lui a causa della superbia ha agito da iniquo! La malvagità del diavolo, come quella dei demoni, proviene appunto dall’abuso della libertà. Cristo, prima ancora di morire, aveva già vinto su Satana, la sua nascita fu l’inizio della sconfitta delle tenebre. Nel deserto Egli vinse le tentazioni, contrastando definitivamente il progetto del male. Gregorio di Nissa nello scritto “Le Beatitudini” al capitolo 5, versetto 3 afferma:
Per questo il divino giudizio segue, con sentenza retta e imparziale, le premesse da noi poste e distribuisce a ciascuno ciò che ciascuno si è procurato: a coloro che, come dice l’apostolo, cercano onore e gloria costanti nel bene operare(cf. Rm 2, 6), la vita eterna; a quelli invece che si ribellano alla verità e si prestano docili all’ingiustizia, ira ed afflizione, e tutto ciò che si può chiamare tremenda afflizione. Gli specchi precisi riflettono l’immagine dei volti, proprio come essi sono: immagini liete di volti lieti, immagini tristi di volti afflitti, e nessuno può incolpare lo specchio se, di chi è deperito per la tristezza, rappresenta un’immagine tetra. Così pure il giusto giudizio di Dio si adegua al nostro stato: si comporta da parte sua con noi come noi ci siamo comportati.
LA MORTE
La morte è la cessazione della vita fisica e naturale di ogni essere vivente. I Padri della Chiesa intendevano la morte come l’effetto del peccato originale. Adamo se fosse rimasto fedele a Dio non sarebbe morto. Sant’Agostino nel “De Genesi ad Litteram” afferma:
Il corpo di Adamo infatti, prima che peccasse, poteva chiamarsi mortale per un verso e immortale per un altro: cioè mortale perché poteva morire, immortale perché poteva non morire. Una cosa è infatti non poter morire come è il caso di certe nature create immortali da Dio; un’altra cosa è invece poter non morire, nel senso in cui fu creato immortale il primo uomo; questa immortalità gli era data non dalla costituzione della sua natura ma dall’albero della vita. Dopo che ebbe peccato Adamo fu allontanato dall’albero della vita con la conseguenza di poter morire. Mortale era dunque Adamo per la costituzione del suo corpo naturale, immortale per un dono concessogli dal Creatore. Se infatti il corpo era naturale, era certamente mortale poiché poteva anche morire, sebbene fosse nello stesso tempo immortale poiché poteva anche non morire.
Agostino sosteneva che Adamo aveva un corpo mortale, ma se non avesse peccato non sarebbe morto perché custodito dalla grazia divina. A causa però della disobbedienza entrò la morte e il peccato nel mondo. La morte in un certo modo è il debito da pagare per aver disobbedito all’Onnipotente. La morte in senso teologico è una questione escatologica, ossia si giunge o alla Beatitudine Perfetta oppure alla dannazione eterna.
GIUDIZIO
In riferimento alla morte dobbiamo distinguere due tipi di giudizi: universale e particolare. Giudizio universale
Gesù, come aveva promesso e come ben ricorda il Magistero della Chiesa, tornerà a giudicare i vivi e i morti. Le prime comunità cristiane erano consapevoli di questo; esse infatti si preparavano alla parusia con intensità e costanza. Sempre in riferimento al Giudizio universale la Seconda lettera di Clemente offre una visione che abbraccerà tutta l’epoca patristica. Essa propone:
Dice, infatti, il Signore: Vengo a radunare tutte le nazioni, le tribù e le lingue. E questo indica il giorno della sua apparizione, quindi verrà a riscattarci, ognuno secondo le sue opere. Gli increduli vedranno la sua gloria e la sua potenza e si stupiranno vedendo il governo del mondo in Gesù, dicendo: “Guai a noi! Poiché sei tu, e non lo sapevamo, non credevamo e non prestavamo fede ai presbiteri che ci annunciavano la nostra salvezza”. E il loro verme non morirà è il loro fuoco non si spegnerà, saranno di spettacolo ad ogni carne. Dice che quello sarà il giorno del giudizio, quando si vedranno quelli che tra noi furono empi e trasgredirono i precetti di Gesù Cristo. I giusti invece che hanno agito bene, sopportato i tormenti e disprezzato i piaceri dell’anima, quando vedranno coloro che hanno sbagliato ed hanno rinnegato Gesù nelle parole o nelle opere, puniti con terribili tormenti nel fuco inestinguibile, daranno gloria al loro Dio dicendo che c’è speranza per chi ha servito Dio con tutto il cuore.
Il senso è palese, il destino dei malvagi e degli impenitenti sarà la morte eterna, mentre i giusti vivranno nella gloria di Dio per l’eternità. Va ribadito che anche nella cultura pagana c’è l’idea di giudizio di condanna verso coloro i quali commettono iniquità. Platone per esempio afferma che Radamonte e Minosse puniranno gli ingiusti. I cristiani ribadiscono che la stessa sorte toccherà a coloro i quali sono stati operatori di iniquità, la Chiesa ribadisce che l’insegnamento sul giudizio non deve incutere terrore, ma piuttosto stimolare la volontà a fuggire il male.
GIUDIZIO PARTICOLARE
Per i Padri della Chiesa esiste anche il giudizio particolare, ossia quello che riguarda ogni singolo individuo per le azioni compiute sulla terra. Al momento della morte è fissata la sorte eterna: i santi giungeranno direttamente in cielo e i peccatori non pentiti andranno all’inferno. Chi ha poi qualcosa da espiare va in purgatorio, in attesa della salvezza. Per meglio esplicitare questo concetto si riporta quanto Sant’Agostino nel trattato “De anima et eius origine” conferma:
E forse questo finalmente che tu stesso ignoravi, quello che costui crede rettissimamente e molto salutarmente, cioè che le anime sono giudicate appena escono dai corpi prima di andare a quel giudicate, quando saranno già restituiti i corpi, per essere tormentate o glorificate nella stessa carne con la quale vissero qui?
Alcuni Padri però sostenevano la dottrina dello “stato intermedio”, ovvero un periodo di morte fisica dell’uomo e la risurrezione della carne al Giudizio finale, durante il quale le anime si sarebbero per così dire “assopite”. Fautori di questa dottrina Giustino, Ireneo, Tertulliano e Lattanzio. Costoro, va precisato, hanno subito l’influsso della tradizione pagana. Certo il Magistero della Chiesa non ha mai accettato queste dottrine, ribadendo come già esplicitato il destino delle anime al momento della morte.
INFERNO
Avendo ampiamente già trattato sull’argomento, ribadisco che in questo luogo – il cui significato è luogo inferiore o sotterraneo – vengono condannate le anime di coloro i quali sono morti in stato di peccato mortale. Nella Chiesa antica si sosteneva che i malvagi subiranno una pena eterna accompagnata dal fuoco inestinguibile. Cipriano nel “De laude martyrii” sostiene:
L’orribile luogo che si chiama Gehenna risuona del gemito di coloro che piangono e mentre eruttano le fiamme attraverso l’orrenda notte dovuta alla pesante caligine, le fornaci fumanti emettono sempre nuovi incendi e la gran massa di fuoco viene raccolta e poi rimessa in circolo per i vari tipi di punizioni. Allora esistono diversi tipi di punizioni, quando la fiamma divorante del fuco che fuoriesce sottoponendo al tormento qualsiasi cosa abbia avvolto in sé. Coloro dai quali la voce del Signore è stata rifiutata e hanno respinto il suo potere, costringe a diversi supplizi: in proporzione di quanto è stato fatto per perdere la salvezza aumenta le sue forze, mentre impone una distinzione della pena pari al peccato commesso.
Le pene infernali sono immutabili ed eterne, ma hanno un grado maggiore di intensità in proporzione alla gravità dei peccati commessi!
CONCLUSIONI
Si è tentato di offrire delle informazioni su una realtà che oggi è elusa o considerata in parte. Scrivere sull’inferno ha come intento quello di preservare me e il lettore, mediante anche l’ausilio dei Padri della Chiesa più volte citati. L’inferno è la conseguenza dell’abuso della libertà e Dio, pur amando l’uomo, lo rispetta anche nella scelta di perdersi. Non deve intimorire la presenza di questo luogo, ma piuttosto spronare a vivere secondo il Vangelo ed essere a servizio della verità che è Cristo.
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* Le Très Riches Heures du Duc de Berry sono un codice miniato (1412 – 1416), opera e capolavoro dei tre Fratelli Limbourg, nonché della pittura franco-fiamminga del XV secolo. Un libro d’ore commissionato dal duca Jean de Berry, oggi conservato a Chantilly nel Musée Condé.