Raccontarsi per confrontarsi e conoscersi

Donna con stilo e libro, cosiddetta Saffo,
affresco romano 50 ca. d. C.
Fonte Wikipedia

Ci sono cose così segrete dentro di noi, che fanno parte della nostra intimità più profonda. Fanno parte di quel meccanismo segreto, spesso “inconscio”, come descritto dallo psicoanalista S. Freud.

Freud sosteneva che molti dei nostri comportamenti e delle nostre emozioni sono guidati da processi inconsci. Questo significa che ciò che pensiamo o facciamo può essere influenzato da motivazioni o desideri nascosti

che non siamo consapevoli di avere. Ad esempio, potremmo provare rabbia o attrazione per qualcuno senza comprendere completamente le ragioni di questi sentimenti. O potremmo desiderare di essere visibili su un social senza sapere le ragioni inconsce del desiderio.

Narciso e la nostra immagine riflessa

Secondo Freud, l’inconscio può influenzare la nostra vita cosciente al punto da influenzare il nostro comportamento senza che noi ne siamo consapevoli. Così come non siamo consapevoli che in questa visione psicoanalitica l’altro rischia di essere nient’altro che “proiezione inconscia” delle nostre più recondite motivazioni inconsce.

Mi chiedo se, in una tale visione, l’altro non diventi un “oggetto” della propria mente inconscia. Ma se l’altro diventa oggetto della propria mente inconscia non rischiamo di essere chiusi dentro i confini del nostro IO?  Atteggiamento narciso che non vede altro che se stesso riflesso nell’altro. Il mito di narciso ci insegna la pericolosità dello specchiarsi nella propria immagine riflessa. Narciso, figlio di Cefiso e della ninfa Liriope; non ricambiando la travolgente passione di Eco, e chiudendosi all’amore, fu punito dalla dea Nemesi che lo fece innamorare della propria immagine riflessa in una fonte; e nell’intento di abbracciare la propria immagine, o accarezzare il proprio volto riflesso, cade in acqua e affoga trasformandosi in fiore. Ma dal mito al narcisismo il passo è breve soprattutto quando ci innamoriamo della nostra immagine riflessa su un social (Riccardi P., Ogni vita è una vocazione. Per un ritrovato benessere Ed Editrice 2014).

Oltre Narciso

Per uscire da questa visione narci-centrica, da psicologo, da psicoterapeuta e, soprattutto, da uomo “cristiano” nel senso evangelico del termine, prendo in considerazione la nuova consapevolezza che offre Gesù all’uomo narci-centrico.

Aprirsi alla “presenza dell’altro” nella nostra vita; il così detto prossimo, a quel valore insindacabile nella visione cristiana: “ama il prossimo tuo come te stesso” che diventa il comandamento per eccellenza (Mc 12,29-31). È la presenza del prossimo che travalica la concezione dell’uomo di Freud, governato da leggi inconsce o della visione del comportamentismo, dove l’uomo è nient’altro che stimolo risposta.

L’uomo non è governato dall’inconscio, né tanto meno da uno stimolo, se fosse così, allora, chi sarebbe l’uomo?

Non abbiamo risposta, ma sappiamo solo che l’uomo è orientato alla vita, all’apertura al prossimo, all’amore e in quest’ottica l’altro diventa per noi possibilità di confronto e crescita. Attenzione, confronto e crescita non sono semplici parole, ma sono dei processi che mettono in evidenzia la maturità della persona. Sapere stare in un processo di confronto richiede il sapere stare con (cum, insieme) l’altro, ma dal “fronte” avverso. L’ottica moderna ci porta a tagliare chi non è d’accordo con noi; se non sei della mia casacca, politica, o altro che sia, non c’è confronto.

Confrontarsi oggi

Non è facile l’apertura e il confronto in una epoca di diffidenza dell’altro. In una epoca di durezza di cuore l’alternativa è l’apertura; monito del salmista

“Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto” (Salmo 94 8).

Sono diverse e tante le situazioni in cui la persona chiude il cuore; ha paura di mettersi a nudo di fronte all’altro. Non è un caso che viviamo nell’epoca narcisa dei followers, dei social e dei like che non evidenziano l’apertura, ma la chiusura di un cuore della cultura social.

“Cuore”, sostantivo dalle mille sfaccettature, che abbraccia significati medico/scientifici, in quanto organo, significati psicologici, in quanto sede di sentimenti ed emozioni, e significati spirituali in quanto elemento di percezione del trascendente in noi. Nella tradizione Biblica sia dell’Antico (Ebraica) come del Nuovo Testamento (Greca), il cuore è un po’ la sede del tutto.

Difatti, dall’Antico al Nuovo Testamento, la parola “cuore” è citata ripetutamente e sempre a conferma di un benessere totale dell’uomo.

Nella Bibbia, si parla di “cuore” sin da Genesi 6:5,

«…il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo…».

Nel Nuovo Testamento, il “cuore” rappresenta l’organo più importante della vita fisica, psicologica e spirituale e Gesù esprime questa concezione con l’espressione:

«Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (Lc 12,34).

Il cuore, in quanto interiorità, è depositario di emozioni e sentimenti inespressi, è direzionalità, è guida interiore. “Va dove ti porta il cuore” recita il saggio della scrittrice Susanna Tamaro.

Catarsi

In ambito psicologico, tra le tante metodologie psicoterapeutiche mirate all’espressione del contenuto del cuore non può passare inosservata la “narrazione di se” che apre il proprio cuore all’altro, al terapeuta, avendo di per sé, già solo il fatto di raccontarsi, un effetto catartico.

Catarsi, dal greco katharsis, κάθαρσις, significa “purificazione”, termine, quest’ultimo, utilizzato in diverse pratiche spirituali per indicare la purificazione dal peccato.

Sebbene utilizzato anche da Aristotele nella poetica, per descrivere l’effetto della tragedia sullo spettatore, è in ambito psicoterapeutico che la catarsi diventa addirittura un metodo terapeutico, ideato da Sigmund Freud e Joseph Breuer negli anni tra 1880 e 1885.

Aprire il cuore

Aprire il proprio cuore, raccontarsi a partire dalle profondità di sé stessi, non è cosa facile. Molto spesso, chiudiamo il nostro cuore, il nostro mondo a noi stessi e agli altri, entrando in quel tunnel psicopatologico chiamato, da noi professionisti della salute mentale, depressione, male oscuro.

A volte può arrivare all’improvviso, come per incanto, a volte a seguito di un evento, apparentemente senza un preavviso, ma non per questo insignificante.

Demotivazione alla vita, senso di vergogna, mal-essere generale sono solo alcuni dei sintomi della chiusura del cuore. Ma non c’è niente di cui vergognarsi, da tenere chiuso nel proprio cuore, celato da un sintomo, da un disagio del vivere. Impossibilitati ad essere artefici della propria vita, manchiamo di fiducia nella vita stessa. Del resto, siano tutti uomini, per natura, fragili e mortali.

Chiedere aiuto

Ed è bene, chiedere aiuto, aprire il cuore, raccontarsi al diario, al terapeuta, all’amico autentico, al partner. E lo sa bene il cristiano, che nella preghiera si affida e confida nel Signore, aprendo a lui il cuore. Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? (Marco 8,17). Che non si indurisca il cuore, ci avverte la psicoterapia del cuore di Gesù1.

Le parole di Gesù non possono passare inosservate ad uno psicologo e psicoterapeuta che cerca di aiutare altri a trovare il senso della propria vita, il significato ad una sofferenza attraverso il raccontarsi, metafora di fiducia e l’affidarsi all’altro, che avviene attraverso l’apertura del cuore.

Parlare con il fratello e parlarsi, scrivere all’amico e scriversi, raccontare di sé all’altro, al terapeuta e raccontarsi in preghiera sono il primo passo per ascoltarsi, prendersi cura di sé per offrire all’altro il nostro cuore.

Questa capacità di autotrascendersi, (V. Emil Frankl), appartenente solo all’essere umano, segna la nostra più autentica spiritualità.

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  1. Riccardi, Pasquale, Psicoterapia del cuore e beatitudini, Assisi, Cittadella 2018, ↩︎
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Autore: Pasquale Riccardi

Psicologo-Psicoterapeuta Docente Asl per la Seconda Università di Napoli Federico II, Formatore psicoterapeuta per centro Logos (Ce), riconoscimento M.I.U.R. Fra le sue più recenti pubblicazioni: La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, D’Ettoris, Catanzaro 2021; Psicoterapia del cuore e Beatitudini , Cittadella, Assisi 2018; Parole che trasformano. Psicoterapia dal vangelo. Cittadella, Assisi 2016

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