Dal Diario Facebook del 22 Maggio 2023
Oggi, a 150 anni dalla morte di Manzoni, ripropongo una pagina del libro che gli ho dedicato in abbinata con Leopardi.
L’ideologia, che sempre eleva a “dio” un particolare, sta alla radice della violenza verbale e materiale. È facile riconoscere le ideologie: finiscono tutte col suffisso -ismo.
Leggendo ciò che scrisse Manzoni, a me viene in mente oggi l’ambientalismo e l’animalismo, per cui, ad esempio,
il sindaco di Ravenna è stato minacciato di morte perché voleva sopprimere le nutrie che trasformano gli argini in gruviere… e ne sappiamo qualcosa (si veda, di Giusi Fasano, Il sindaco di Ravenna De Pascale: «Qui dietro c’è un lago di fango. Servono più idrovore, non è finita» in Il Corriere della sera del 21 maggio 2023 – modifica dell 22 maggio 2023 | 11:03 – QUI ); poi mi sovvengono altri esempi, come la Roccella a cui hanno impedito di parlare, o il nero carbone nella Fontana di Trevi con tantissima acqua che verrà sprecata per ripulire…
Si chiede Manzoni perché proprio l’“incorruttibile” Robespierre – un campione di virtù, desideroso solo di perfezionare lo «stato morale dell’umanità» – fu il maggiore responsabile del Terrore che insanguinò la Rivoluzione francese. Egli risponde in un’opera poco nota, intitolata Dialogo “Dell’invenzione”.
Robespierre era un uomo buono, pieno di pregi fra i quali «la probità privata, la noncuranza delle ricchezze e dei piaceri, la gravità e la semplicità dei costumi»
Com’è possibile che un uomo eticamente così inattaccabile sia stato artefice di tanto male? «Un’astrazione filosofica, una speculazione metafisica, che dominava i pensieri e le deliberazioni di quell’infelice, spiega, se non m’inganno, il mistero, e concilia le contraddizioni. Aveva imparato da Giangiacomo Rousseau…. che l’uomo nasce bono, senza alcuna inclinazione viziosa; e che la sola cagione del male che fa e del male che soffre, sono le viziose istituzioni sociali». Robespierre, che considera come assiomi le affermazioni di Rousseau, conclude che il cambiamento del mondo e l’instaurazione di un “paradiso terrestre” è solo questione di istituzioni, di strutture si direbbe oggi: basta sostituire quelle “artifiziali” con delle altre conformi alla “natura” (parola tanto più efficace, quanto meno spiegata), e si otterrà «uno stato perfetto della società».
Il Terrore, lungi dall’apparirgli riprovevole, diviene per Robespierre una via obbligata per realizzare la sua utopia:
«chi metteva impedimento a quello stato perfetto erano degli uomini. Questi uomini però erano pochi, in paragone dell’umanità, alla quale si doveva procurare un bene così supremo e, per sé, così facile a realizzarsi; erano perversi, poiché s’opponevano a questo bene: bisognava assolutamente levarli di mezzo, perché la natura potesse riprendere il suo benefico impero, e la virtù e la felicità regnare sulla terra senza contrasto. Ecco ciò che poté far perdere l’orrore della carneficina a un uomo»: a quell’uomo “buono”.
Manzoni, grazie anche alla familiarità con Rosmini, non può che opporsi all’utopia della società perfetta.
La partita si gioca tutta dentro la mente e il cuore di ogni uomo, che può realisticamente riconoscere “il domma del peccato originale” e così aprirsi alla Redenzione, vivere la Carità, espanderla a norma dell’agire politico; può invece precipitare nell’“astrazione”, lasciandosi abbagliare dall’ideologia, e così in nome della Natura censurare l’ontologico limite della propria natura, in nome della Ragione (scoperto che i nemici erano pochi e deciso che erano perversi) spalancare la strada alla follia del genocidio.
Negazione della verità sull’uomo (per la quale ogni singolo, in quanto immagine di Dio, è portatore di una dignità inalienabile) e dualismo manicheo che divide il mondo in buoni e cattivi, vanno di pari passo.
Persa la coscienza di verità, operativamente vincolante, «rimaneva solamente la morale, cioè una parola senza senso».
Grande Manzoni!