Imparare ad essere ciò che si è

Fonte Gruppo Formazione Olympos

La cultura moderna, per molti aspetti, ci ha donato molta scienza e tecnologia avanzata, arricchendo la nostra conoscenza, ma nello stesso momento sminuendo le capacità umane. Tra non molto, i libri non si scriveranno più, ci pensa l’intelligenza artificiale (AI), il confidente amico sarà sostituito dall’AI. Il linguaggio si riduce in slogan e sigle “Tvb”, “cmq”, “ttok”, ecc… con allegate faccine. Il lavoro sarà sostituito dalla chimera del trading online e così via. Una vera e propria epocale trasformazione che spinge l’uomo verso nuovi obiettivi che, alla fine si rivelano vere e proprie trappole mentali ed esistenziali. Eppure, molta della “cultura attuale”, non quella scientifica, ha introdotto

sul mercato professionisti di vario genere come life coach, mental trainer, counselor, operatore di strada ed altri, di tutto rispetto, atti ad aiutare le persone a raggiungere obiettivi di benessere e traguardi lodevoli.

Molto spesso, devo constatare, con rammarico, che l’obiettivo è l’Io. Innalzarlo, osannarlo quasi ad ingannarlo di valere più di ogni cosa. La trappola dell’essere sempre al top. E non solo, è la trappola del nuovo idolo. Non è un caso che proprio nell’antropologia cristiana, del Nuovo come del Vecchio Testamento, l’idolatria è condannata:

Non vi farete idoli, non vi erigerete immagini scolpite o alcuna stele e non collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure, per prostrarvi … (Lv 26). 

La psicologia di Pavlov e l’uomo del terzo millennio

L’uomo del terzo millennio è il cercatore dell’Io grandioso, quello orientato al culto dell’apparire e dell’immagine di sé. È il cercatore narciso che trova sfogo nei social, credendo di essere visto, approvato e desiderato da altri con la fatidica manina di “ok” e “mi piace”.

La psicologia, a partire dagli studi di Pavlov, neurofisiologo, con la scoperta del riflesso condizionato e Premio Nobel (1925) segna il potere del rinforzo sulle azioni e sul modo di pensare. E il paradigma diventa non più quello che sono, ma quello che gli altri mi dicono di essere e che rinforzano il fatidico “mi piace” sul social (P. Riccardi 2014). Alimento per l’Io e di questo alimento stiamo facendo indigestione. Ora, il discorso pare semplice. Se mangio molto e rischio l’indigestione, probabilmente, è più sano mangiare quanto basta, quanto il corpo vuole. Invece, il discorso diviene complesso. Mangio molto, mi sento appesantito e prendo il farmaco che mi aiuta a digerire. Questa vita, così concentrata, non porta ad un reale stato di appagamento interiore anzi, al contrario, porta ad una serie di vizi e peccati quali elencati dall’antropologia biblica e dalla tradizione dei padri del Deserto, come la philautia, che significa eccessivo amore di se (Larget C J., 2003).

Traguardi, obiettivi prestazionali, perfezionismo, relazioni perfette, funzionare al massimo diventa l’imperativo del nuovo uomo centrato sull’Io narciso.

Incapacità di guardare a Dio

Quest’uomo ripiegato in sé e su sé, è incapace di guardare in alto a Dio, alla dimensione spirituale, perché forzato a guardare all’altro nemico della competizione al benessere. Ma il vero nemico è dentro ognuno è la philautia. La Bibbia usa nomi come Satana, “il diavolo” (Matt. 4:1, 13:39; 25:41; Apoc.12:9; 20:2; ecc.), “il serpente” (Gen. 3:1,14; 2 Cor.11:3; Apo.12:9; 20:2); “Belzebù” (Matt.10:25; 12:24, 27; Luca 11:15), che letti a livello di simbolismo psicologico, rappresentano spinte, pulsioni e passioni che deviano dalla retta via del bene. La diabolicità psicologica delle figure bibliche menzionate è nella falsa promessa di un essere migliori nel comandare e raggiugere il massimo. Ma è a partire dalla Genesi che si legge di come il Signore pone dei limiti al massimo:

«Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino,  ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (Gn 2, 16-17)

ma il serpente disse alla donna:

«Voi non morrete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno, e sarete come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn 3, 5).

Il serpente è anche simbolo di perversione razionale dell’uomo che si illude di poter competere con Dio.

Da psicologo, psicoterapeuta e formatore di futuri psicoterapeuti, ma soprattutto da cristiano, non posso che invitare l’uomo a riprendere la tendenza naturale ad orientarsi al benessere: Non imparare ad essere ciò che non si è, ma imparare ad accettare ciò che si è. Con maestria e delicatezza, la psicologia di Gesù suggerisce, con parole secche: «Beati i poveri di spirito». Parafrasando, beati quelli che non desiderano essere ciò che non sono. A buon intenditor poche parole.

Bibliografia

Blaise Pascal, Pensieri, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1994.

Riccardi P., Ogni vita è una vocazione per un ritrovato benessere, Ed. Cittadella, Assisi 2014

Riccardi P., La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, Ed. D’Ettoris, Cosenza 2021.

Riccardi P., Parole che trasformano, psicoterapia dal vangelo, Ed. Cittadella, Assisi 2016.

Larget  C J., La terapia delle malattie spirituali, Ed. San Paolo, Milano 2003.

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Autore: Pasquale Riccardi Psicologo e Psicoterapeuta

Psicologo-Psicoterapeuta Docente Asl per la Seconda Università di Napoli Federico II, Formatore psicoterapeuta per centro Logos (Ce), riconoscimento M.I.U.R. Fra le sue più recenti pubblicazioni: La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, D’Ettoris, Catanzaro 2021; Psicoterapia del cuore e Beatitudini , Cittadella, Assisi 2018; Parole che trasformano. Psicoterapia dal vangelo. Cittadella, Assisi 2016

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