MA LA VITA È DIFFICILE? Dipende da quanto responsabile sei

Solo nell’oscurità puoi vedere le stelle. Martin Luther King Jr.

Un disagio di vivere

Più volte me lo sono chiesto, più volte ho riflettuto a quanto questa domanda appartiene a molti. Soprattutto quelli che cercano la felicità e non la trovano. Ma cosa rende la vita facile o difficile è dato complesso poiché, probabilmente, di definizioni non ce ne sono poiché ognuno, in base alla sua vita, alla sua esperienza può dare una definizione. Ciò nonostante, non posso da psicologo e psicoterapeuta e

constato che in questi ultimi tempi molte sono le richieste di aiuto. Un aiuto che non si configura esclusivamente come dato psicopatologico delle nevrosi di classica memoria; complesso di Edipo, sensi di colpa, complesso di Elettra, complesso d’inferiorità, nevrosi sessuali, ecc., o disturbi di personalità con descrizioni da manuali.

Ogni buon clinico attento ai riferiti espressivi dei clienti non può non considerare le lamentele di “una vita difficile”, di “un disagio di vivere” di “una mancanza di senso”, di perdita di obiettivi” ecc. Riferiti che mascherano un disagio esistenziale più che psicopatologico.

Non volendo entrare nella differenza tra i disagi, possiamo affermare che ogni essere umano ha il proprio modo individuale e unico di essere nel mondo, ha uno scopo, una vocazione da realizzare perché ci è data dal destino, da Dio (Riccardi, P., Ogni vita è una vocazione, Cittadella, Assisi 2014) nessuno nasce con l’intento di essere infelice sebbene l’infelicità fa parte della vita, del resto voluta da Dio come momento di conoscenza e consapevolezza della giusta via:

Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male … (Dt. 30,15)

Responsabilità dell’uomo e mondo interiore dell’individuo

Si comprende che il seguito di Dio è il richiamo alla responsabilità dell’uomo di scegliere. Responsabilità cui fa appello costante Gesù nei suoi insegnamenti. Del resto, al giovane ricco chiede un atto di responsabilità nel vendere tutto per essere felice, ma la storia la sappiamo: il giovane si sottrasse e se ne andò triste (Mt 19, 16-22).

L’uomo è il vero artefice e responsabile del proprio destino e, in quanto essere che vive nel mondo, viene in contatto con 3 dimensioni: Umwelt – ambiente fisico e biologico, Mitwelt – ambiente umano e sociale e Eigenwelt – il mondo interiore dell’individuo, che comprende la sua esperienza psichica, spirituale e corporea (Biswanger L., Essere nel mondo, 1973 ed Astrolabio)

Che la vita abbia il suo appello alla responsabilità è un dato di fatto a cui il capostipite della terza scuola viennese di psicoterapia, (logoterapia), Viktor Frankl, famoso psichiatra e filosofo austriaco da me conosciuto e seguito, fa costante riferimento affermando che la responsabilità è l’essenza della civiltà, del rispetto di se stessi e degli altri e rende senso alla libertà poiché non può esistere libertà senza responsabilità (V. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, Morcelliana, Brescia 2005).

Riconoscere la verità di sé per trasformarsi

Molti non vogliono riconoscere questa verità, altri la rimuovono, altri si lasciano solo a continue lamentele della gravità di problemi da affrontare senza voler trascendersi, trasformarsi cambiare atteggiamento verso le cose senza assumersi la responsabilità delle proprie azioni ma pretendendo da altri quello che spetta a se stessi. Molte persone dei tempi moderni, pazienti compresi, difettano nella capacità di attivarsi, di rendersi responsabili di prendere la vita nelle proprie mani. Si provi ad osservare una comune conversazione: è una parata di lamentele e sfoghi. Ognuno tende ad elencare miriadi di problemi e di ansie, di preoccupazioni e paure, credendo che basti sfogarsi e tutto si risolve da sé. Inconsapevolmente, ci si appropria della politica dello struzzo, ma l’uomo non è come lo struzzo che, difronte alle difficoltà, scava la buca e infila la testa dentro, per non vedere. Eppure non scava la buca, ma si passivizza di fronte agli eventi della vita (Riccardi, P., Psicoterapia del cuore e beatitudini, Cittadella, Assisi 2018).

Si lamenta, si lagna e tende a spostare all’esterno il senso di responsabilità che compete ad ognuno. Anche quando dall’antropologia biblica leggiamo che Il Signore disse ad Adamo:

Mangerai il pane col sudore del tuo volto (Genesi 3:19)

il monito è al senso della responsabilità. L’apostolo Paolo scrive:

Se uno non provvede ai suoi, e principalmente a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede (1 Timoteo 5:8)

Si indica il senso della propria responsabilità come azione cardine per definire il proprio destino.

La domanda dell’uomo moderno

La vera domanda dell’uomo moderno deve essere quindi:

Continuare a fare come lo struzzo o riprendere l’insegnamento evangelico del darsi da fare, attivarsi per risolvere i problemi?

Da psicologo e psicoterapeuta e cristiano devo confermare che la difficoltà della vita è solo nella mente di ognuno, una mente senza riferimenti, una mente persa nel vuoto, una mente che percepisce la solitudine interiore. Allora, di fronte ai problemi più banali ci sentiamo soli, tristi, incapaci, pronti all’ira e al senso di colpa. Disperati e angosciati cerchiamo in altri, al guru di turno che ci risolva i problemi o ci indica la strada della felicità. Ignorando che il Regno di Dio è dentro ognuno:

Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi! (Lc 17,20-21).

Si ricordi che il testo originale greco usa le parole: entòs umon. Entòs significa in mezzo a, oppure, dentro.

Non credo faccia differenza se dentro o in mezzo, sta di fatto che il senso della propria responsabilità ad agire lo realizza. Emblema di responsabilità che si attualizza o si passivizza e, nel paralitico di Betsaida, l’infermo gli rispose:

«Signore, io non ho nessuno che mi metta nella piscina quando l’acqua è agitata, e, mentre io vado, un altro vi scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina» (Gv 5, 7-8).

La possibile risposta

Si legga con occhio della psicoterapia di Gesù quest’intervento. Gesù riconosce il problema, riconosce la sua passività, la sua dipendenza, ma lo stimola, per amore, ad un processo di responsabilità. Perché Gesù conosce come l’affrontare i problemi favorisce una evoluzione interiore. I problemi non sono solo negli eventi e avvenimenti, ma nella volontà e responsabilità dell’affrontarli. Certo, si potrebbe obiettare come costruirsi il senso della responsabilità. il detto del rabbino Hillel (60 a.C):

Se non lo faccio io, chi altri lo farà? – E se non lo faccio ora, quando sarà il momento di farlo? – E se lo faccio solo per me stesso, chi sono io?

Non servono studi di alta psicologia per capire come senza principio di responsabilità personale si perde il senso della propria identità.

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Autore: Pasquale Riccardi

Psicologo-Psicoterapeuta Docente Asl per la Seconda Università di Napoli Federico II, Formatore psicoterapeuta per centro Logos (Ce), riconoscimento M.I.U.R. Fra le sue più recenti pubblicazioni: La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, D’Ettoris, Catanzaro 2021; Psicoterapia del cuore e Beatitudini , Cittadella, Assisi 2018; Parole che trasformano. Psicoterapia dal vangelo. Cittadella, Assisi 2016

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

due × quattro =