Benedetto XVI e il Paradiso (“conosciuta realtà sconosciuta”)

Sappiamo che Benedetto XVI si preparava da vari anni non “alla fine della vita, ma ad un incontro”, quello con il Signore. In fondo per un cristiano la vita altro non è che un pellegrinaggio, in quella direzione.

Ebbene il papa tedesco amava parlare del Paradiso in varie occasioni, ragionando sulla “vita beata”, cioè sulla Felicità cui tutti aspiriamo. Proviamo a capire cosa il papa intendeva per Paradiso.

Partiamo da un’esperienza di tutti noi: l’uomo è sempre insoddisfatto, le cose non gli bastano mai… Sei famoso? Vuoi esserlo di più! Sei ricco? Non basta… anche perché c’è sempre chi è più ricco di te…. e poi puoi ammalarti, perdere un caro e allora tutti beni non servono a nulla…

Dunque tutti vogliamo la felicità, ma: non la sappiamo definire, né sappiamo darcerla da soli, su questa terra.

Se io, lettore, ti chiedo “cosa è la felicità?” tu proverai a rispondermi, ma ti accorgerai di non saperlo fare. Perché ogni cosa che dirai (una villa con piscina, una vittoria alla lotteria..) ti sembrerà troppo poco… sai bene che una volta ottenuta la villa, il tuo animo non sarà ancora sazio e comincerà subito a volere qualcos’altro…

Il nostro corpo, che è polvere, desidera cose che sono di questo mondo: mangiare, bere, dormire bene… ma anche se mangiamo bene, beviamo tanto e dormiamo sui migliori materassi, non siamo sazi. Questo perché il nostro spirito non si riempie di panettoni o di pizza o di birra, ha bisogno di ben altro.

Ecco perché la parola felicità ha qualcosa a che vedere con la semplicità e la purezza dei bambini, con le gioie, che nascono dagli affetti, dall’amore, da esperienze che non dipendono dal possesso di oggetti o potere, ma da ben altro: cioè esperienze non esteriori, ma interiori, profonde, invisibili, ineffabili. L’anima ha sogni immensi, incommensurabili, ma… a costo, materialmente parlando, zero!

Torniamo dunque alla felicità, che Benedetto definiva, sulla scia di sant’Agostino, “conosciuta realtà sconosciuta”: la desideriamo (ed è questo segno della nostra grandezza), ma non sappiamo darcerla da soli, su questa terra (ed è questo segno del nostro limite); la conosciamo, parzialmente, altrimenti non potremmo desiderarla, ma senza mai possederla del tutto.

Per questo la Chiesa definisce la Felicità con la parola Paradiso: il Paradiso è la felicità piena, completa, finalmente raggiunta! Esso non è su questa terra, se non come assaggio (quando amiamo, qualcosa del paradiso lo viviamo già ora); non è un paradiso materiale, perché la materia non ci sazia; solo “amore e luce ha per confine”, per usare l’espressione di Dante, perché non ha confini, come l’Amore, che abbraccia ogni cosa e la luce, che dirada ogni tenebra.

Una descrizione più precisa, umanamente parlando, è impossibile: solo Dio, l’Infinito, può colmare il desiderio infinito che sta in queste piccole e grandi creature che chiamiamo uomini; solo l’essere assoluto può colmare questo nostro desiderio di essere di più (più buoni, più giusti, più felici) che abita il nostro essere.

Per questo san Paolo scrive: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano”. E Dante, dal canto suo: “Vidi cose che ridire/ né sa né può chi di là su discende”.

Il compito terreno del cristiano è allora impedire che i desideri cattivi restringano il nostro animo, abbassandolo alla ricerca di beni che non saziano, e che il desiderio buono dilati sempre più il nostro animo, per renderlo via via più capace di vera felicità: “Dio con l’attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capace. Viviamo dunque, o fratelli, di desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti”.

E’ questa la convinzione espressa da sant’Agostino nella quarta omelia del Commento alla lettera di san Giovanni:

Che cosa possiamo esprimere noi che siamo creature assolutamente impari alla sua grandezza? …Non potendo voi ora vedere questa visione (di Dio), vostro impegno sia desiderarla. La vita di un buon cristiano è tutta un santo desiderio. Ma se una cosa è oggetto di desiderio, ancora non la si vede, e tuttavia tu, attraverso il desiderio, ti dilati, cosicché potrai essere riempito quando giungerai alla visione. Ammettiamo che tu debba riempire un grosso sacco e sai che è molto voluminoso quello che ti sarà dato; ti preoccupi di allargare il sacco o l’otre o qualsiasi altro tipo di recipiente, più che puoi; sai quanto hai da metterci dentro e vedi che è piccolo; allargandolo lo rendi più capace. Allo stesso modo Dio con l’attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capace. Viviamo dunque, o fratelli, di desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti. […] In questo consiste la nostra vita: esercitarci col desiderio. Saremo tanto più vivificati da questo desiderio santo, quanto più allontaneremo i nostri desideri dall’amore del mondo. Già l’abbiamo detto più volte: il recipiente da riempire deve essere svuotato. Tu devi essere riempito di bene: liberati dunque dal male.

Per concludere riporto un vecchio pensiero di Benedetto XVI, tratto da una sua chiacchierata improvvisata: “… E, per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare “a casa”, andando verso l’”altra parte del mondo” ”.

da: La Voce del Trentino

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.

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