
Commento artistico-spirituale al Vangelo della Seconda Domenica di Quaresima
Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg
Sono trascorsi molti anni ma il ricordo è vivo sia per la notturna celebrazione dell’Eucaristia nel deserto sia per la visita del monastero greco-ortodosso di Santa Caterina (già della Trasfigurazione) ai piedi del Monte Sinai, uno dei più antichi della cristianità, sintesi delle culture ebraica, cristiana, islamica. Con numerose persone in pellegrinaggio, ho potuto vedere nell’abside della chiesa (metà VI secolo), il coevo mosaico «La Trasfigurazione di Gesù Cristo», probabilmente il più antico insieme a quelli di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna.
Al di sotto di due scene relative ai colloqui di Mosè con Dio sul Sinai, è raffigurata la Trasfigurazione di Cristo, così narrata nel Vangelo secondo Luca (9,28-36): «Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme».
Al centro delle più di cinquecentomila tessere che compongono il mosaico policromo su fondo d’oro, ritroviamo il Cristo benedicente, con l’aureola segnata dalla croce, avvolto da una bianca tunica impreziosita da bordi e strisce dorati, in una mandorla di luce azzurra, formata da tre zone concentriche dal colore sempre più chiaro, dalla quale escono otto fasci luminosi. A destra e a sinistra di Cristo compaiono rispettivamente Elia e Mosè che parlano con il Maestro della partenza per Gerusalemme come il nuovo esodo in parallelo a quello verso la Terra Promessa.
«Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa”. Egli non sapeva quello che diceva». Gli apostoli raffigurati in basso, provano un grande stupore fino a cadere per terra. Al centro Pietro con il capo rivolto a Gesù, è bocconi ai suoi piedi, mentre Giovanni e Giacomo, inginocchiati rispettivamente alla destra e alla sinistra del Cristo, lo guardano meravigliati a braccia allargate e mani aperte.
Sotto la scena, un’iscrizione in greco che, tradotta, dice: «A nome del Dio [Padre], il Figlio e lo Spirito Santo, fu eseguita questa opera per la salvezza dei fondatori nei tempi di Longinus, pio presbitero ed egumeno» (nella vita monastica ortodossa l’egumeno è il corrispondente all’abate in quella cattolica).
Dalla riflessione che Paolo VI aveva preparato per l’Angelus del 6 agosto 1978, giorno in cui morì: «Quella luce che inonda il Cristo trasfigurato è e sarà anche la nostra parte di eredità e di splendore».
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