Nel libro “Mors tua vita mea” sulla liceità morale dei vaccini che utilizzano linee cellulari di feti vittime di aborto volontario (a cura di Massimo Viglione, Prefazione di Monsignor Carlo Maria Viganò, Maniero del Mirto, Roma 2021) è di particolare interesse il saggio di Don Giulio Meiattini, monaco benedettino e teologo, dal titolo “Le risposte “non proporzionate” di una teologia morale “proporzionale”, pp. 45-56.
L’articolo conduce una precisa e severa critica alla Nota sulla moralità di alcuni vaccini anti Covid-19 della Congregazione per la Dottrina della Fede, dicembre 2020. Da qui muove verso considerazioni di più ampia portata, sostenendo che valutare la questione della liceità morale della vaccinazione riducendola alla relazione del singolo individuo col singolo vaccino è non solo ingenua ma anche irresponsabile e ingiusta.
La Nota della Congregazione, secondo il nostro Autore, compie un errore e fa una omissione.
L’errore consiste nel riconoscere lo stato di necessità assoluta della vaccinazione nel caso specifico della SARS-CoV-2. Scrive la Nota: “Il divieto morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave: in questo caso, la diffusione pandemica del virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19”. Quindi la Nota dice che c’è di fatto un “grave pericolo”, il contagio è dovuto a un “agente patogeno grave” e che è “altrimenti incontenibile”. Queste tre affermazioni, osserva Meiattini a) non sono di competenza del magistero; b) non sono certe ma dibattute dagli stessi esperti; c) in molti casi contrastano coi i dati di fatto più evidenti; d) sono sproporzionate. Fondare la liceità della vaccinazione tramite vaccini che utilizzano linee cellulari di feti vittime di aborto volontario su una costatazione empirica così debole è scorretto e ingiusto.
L’omissione consiste nel non aver fatto alcun cenno all’aspetto di insicurezza e di efficacia dei nuovi vaccini, tacendo completamente sugli aspetti inquietanti della “sperimentazione di massa” in corso. È evidente – nota Meiattini – che si sta inaugurando un sistema permanente di vaccinazione di massa. Le varianti del virus e l’assunzione della profilassi vaccinale in via sistematica preparano una “vaccinazione totale e permanente” (p. 53). L’OMS ha allargato il concetto di “pandemia” e nasce il concetto di “stato terapeutico permanente”.
La domanda etica, quindi, si trasforma e diventa la seguente: “è moralmente lecito diventare dei consumatori permanenti e ‘sistematici’ di prodotti farmaceutici compromessi con l’industria dell’aborto?
Limitare il discorso all’ambito di una bioetica personale e di “proporzionalità” tra costi e benefici sanitari è quindi insufficiente. L’applicazione di “visti sanitari” e il prossimo impianto di microchips nei nostri corpi sono una forma di ricatto inaccettabile il primo e una forma di dittatoriale dominio dei nostri corpi il secondo. Possono simili realistiche prospettive essere estromesse dalle considerazioni morali circa l’attuale campagna vaccinale? Meiattini dice di no. Farlo equivarrebbe a non comprendere che “la guerra non è contro il virus, ma contro un ‘sistema’ che del virus sta facendo il suo cavallo di Troia”.