Come siamo passati dalla “salvaguardia del creato” alla “difesa dell’ambiente”.

di Luca Pingani.

Fra gli autori del XII Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân (Cantagalli, Siena 2020, euro 16 – vedi QUI QUI ) compare anche Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, con un saggio dal titolo “Ecologismo: una storia inquietante”.

Diversi sono i temi che vengono affrontati nello scritto, tutti con perizia e senza lesinare riferimenti bibliografici e storiografici: in particolare l’autore traccia un preciso percorso storico circa la nascita e lo sviluppo dell’ecologismo (fratello della meno popolare e più scomoda eugenetica) dalle società scientifiche inglesi di fine Ottocento, fino alle attuali politiche globali adottate, o sarebbe meglio dire imposte, dalle diverse agenzie dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Ritengo tuttavia che il pregio maggiore di questo saggio stia nel riprendere e definire, in modo chiaro e soprattutto fedele alla Dottrina, alcuni termini che la deriva ecologista e il progressismo cattolico hanno portato ormai a confondersi: ambiente / creato da un lato, sviluppo sostenibile / sviluppo umano integrale dall’altro.

Una premessa indispensabile: la questione antropologica

Entrambe queste “diadi” di termini devono essere lette alla luce della “questione antropologica” che il Cardinale Ruini così descrisse nell’intervento conclusivo del IV Convegno Ecclesiale Nazionale (Verona, 20 ottobre 2006).

Un’altra novità di grande spessore e implicazioni che ha guadagnato molto spazio nell’ultimo decennio è quella che viene indicata come “questione antropologica”. Negli interrogativi intorno all’uomo, infatti, nelle domande su chi egli realmente sia, sui suoi rapporti con il mondo e con la natura, ma anche nelle questioni che riguardano l’evolversi dei suoi comportamenti personali e sociali e le nuove e rapidamente crescenti possibilità di intervento sulla sua stessa realtà che le scienze e le tecnologie stanno aprendo, la fede cristiana e la conoscenza dell’uomo che essa ha in Gesù Cristo vengono messe inevitabilmente a confronto con le prospettive e i punti di vista, talora assai divergenti, che riguardo all’uomo stesso hanno largo corso e cercano di imporsi.

La questione che pose allora il Cardinale Ruini è divenuta oggi emergenza: nella società dei diritti, l’uomo è visto come un individuo isolato e in lotta con gli altri uomini, ossia come un essere originariamente a-sociale.[1] L’altro diviene un pericolo, un limite ai propri desideri e impulsi: ognuno cercherà di sovrastare i suoi simili per poter imporre il proprio volere, le proprie necessità e i propri egoismi. L’uomo nella società dei diritti non può inoltre permettersi di ammettere o anche solo rispettare l’esistenza di un Dio che gli sia superiore: l’uomo basta a se stesso, e questo giustifica qualsiasi sua azione. L’unica morale utile sarà quindi quella che dà giustificazione all’agire in tutti i contesti della vita. Il tutto, naturalmente, nel nome di una sedicente libertà, tanto falsa quanto coercitiva e opprimente.

La risposta della Chiesa alla questione antropologica è un richiamo alla vera identità dell’uomo, al suo rapporto con Dio e al posto che Egli deve avere nel mondo. Il Cardinale Caffarra così riprendeva l’antropologia cristiana alla luce del pensiero di San Giovanni Paolo II:

… l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio. È questa la verità originaria riguardante l’uomo: una verità non proposta all’uomo, ma semplicemente donata dall’atto e coll’atto creativo di Dio. E quindi è una verità che la libertà dell’uomo non potrà mai interamente distruggere. È questa costituzione originaria dell’uomo che assicura la fedeltà di Dio all’uomo medesimo, alla Sua paternità nei confronti dell’uomo. … l’uomo è comunione interpersonale. Il significato di questa seconda affermazione sull’uomo, in primo luogo, non è etico [= l’uomo deve avere un rapporto di comunione con gli altri], ma ontologico. Essa descrive chi è l’uomo. Mi sembra che questo sia il momento più originale nella costruzione dell’antropologia adeguata di cui parlavo, compiuta da K. Woityla/Giovanni Paolo II. [2]

Dalla “salvaguardia del creato” alla “difesa dell’ambiente”

Anche negli ambienti cattolici la parola “creato” ha ceduto il passo ad “ambiente”: è politicamente corretta, ecumenica, e riesce a mettere d’accordo persone con origini culturali, religiose ed etniche estremamente diverse. Forse si sarà guadagnato qualcosa dal punto di vista della comunicazione, ma molto si è perso per quanto riguarda il significato.

Con la terminologia “salvaguardia del creato” vengono poste alla nostra attenzione una molteplicità di informazioni sulle quali siamo chiamati a riflettere. Se esiste un creato è perché esiste un Creatore che ha deciso di donare all’uomo la terra. Nell’azione del donare, Dio definisce così anche una “classifica” ontologica dove l’uomo primeggia, essendo egli la prima tra le creature. Proprio poiché anch’egli è creatura, è chiamato a custodire (salvaguardare) il creato affinché quest’ultimo possa svilupparsi secondo il progetto del suo Creatore. Il rispetto che l’uomo deve al creato nasce quindi dalla comune origine a partire dall’iniziativa di un unico Creatore e dalla necessità dell’uomo stesso, come co-creatore, di orientare secondo il disegno divino l’utilizzo del creato.

Nella “difesa dell’ambiente” invece i ruoli cambiano, drasticamente e drammaticamente. L’ambiente non riconosce un Creatore, ma diventa una entità che vive di vita propria; se deve essere difeso, significa che qualcuno sta attentando alla sua stessa sopravvivenza. E chi sarebbe questo malvagio? L’uomo, che con il suo comportamento sta mettendo a rischio Madre Terra e quindi deve essere fermato! Portando all’estremo la logica di questo pensiero, alcuni concludono che sulla terra si starebbe davvero molto meglio se non ci fosse l’uomo.

Il passaggio da “creato” ad “ambiente” racchiude quindi un significato molto più profondo che un semplice “scambio di significanti”: ciò che muta è la visione dell’uomo e del suo ruolo su questa terra. Dall’essere partecipe della creazione e responsabile del creato egli viene relegato a vivente tra i viventi, o addirittura equiparato a problema, parassita, “virus” del pianeta. Gli viene attribuita dignità pari, se non addirittura inferiore, a quella di qualunque altro elemento (animato o inanimato) dell’ambiente.

Verso uno “sviluppo sostenibile” senza “sviluppo umano integrale”

Come è quindi possibile rispettare davvero l’ambiente in modo che esso non venga danneggiato da quell’essere malvagio che è l’uomo? Attraverso uno sviluppo che sia sostenibile. Anche qui è interessante notare come il vero oggetto di questa sostenibilità non sia l’uomo ma l’ambiente. Parliamo di uno sviluppo nel quale è necessario verificare che ogni azione dell’uomo sia sostenibile dall’ambiente: i pesci da pescare, i campi da coltivare, il bestiame da allevare, le industrie da costruire, l’energia da utilizzare, ecc.

Non è mia intenzione dilungarmi eccessivamente sull’argomento, ma penso che il concetto di “sviluppo sostenibile” debba essere ponderato alla luce di alcune questioni: 1) parrebbe che molti paesi lo predichino molto ma lo pratichino davvero poco. Lo sforzo deve essere di tutti, ma soprattutto non deve essere segnato da ipocrisie; 2) é certamente evocativo pensare all’ambiente, ma spesso le condizioni di vita di ampi strati della popolazione nei paesi più “ambientalisti” sono misere, e non esenti da logiche di disuguaglianza o di sfruttamento. Sarebbe forse utile pensare anche a uno “sviluppo sostenibile per l’uomo”? 3) se l’uomo è un pericolo per l’ambiente può essere giusto pensare ad una sua “riduzione numerica” per risolvere il problema? L’eugenetica è matrigna dell’ambientalismo (come spiega benissimo Cascioli); e se l’uomo ha la medesima dignità di una pianta, allora potrà essere consentito sacrificarlo per permettere un reale sviluppo sostenibile. Di fatto l’aborto rientra pienamente in questa logica perversa.

Il Magistero della Chiesa invece, grazie ad una sapienza rivelata e ricca di una storia millenaria, si rifiuta di parlare di “sviluppo sostenibile” per abbracciare invece lo “sviluppo umano integrale”.

… lo sviluppo umano integrale è anzitutto vocazione e, quindi, comporta una libera e solidale assunzione di responsabilità da parte di tutti. Un tale sviluppo richiede, inoltre, una visione trascendente della persona, ha bisogno di Dio: senza di Lui lo sviluppo o viene negato o viene affidato unicamente alle mani dell’uomo, che cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato. D’altronde, solo l’incontro con Dio permette di non “vedere nell’altro sempre soltanto l’altro”, ma di riconoscere in lui l’immagine divina, giungendo così a scoprire veramente l’altro e a maturare un amore che “diventa cura dell’altro e per l’altro”.[3]

L’uomo è chiamato, attraverso l’accettazione della propria vocazione, a divenire strumento nelle mani di Dio per la costruzione del bene comune: si riconosce limitato, bisognoso dell’atro, e soprattutto si riconosce creatura a immagine e somiglianza di Dio. Alla luce di questa consapevolezza diventa per lui imprescindibile farsi carico del suo prossimo, creando per lui le migliori condizioni per la realizzazione della sua vocazione. Sublime paradosso: nella vocazione l’uomo si mette a servizio di Dio e del prossimo per trovare la propria piena realizzazione e per realizzare pienamente la propria libertà. Il creato diventa quindi il luogo dove l’uomo vive questa sua chiamata: sarà fondamentale prendersene cura, affinché ciascuna persona possa pienamente realizzarsi e si promuova realmente uno “sviluppo umano integrale”.

Il saggio di Riccardo Cascioli permette al lettore di entrare immediatamente nelle questioni poste dal XII Rapporto, e soprattutto lo avvia all’approfondimento di concetti che ritornano nell’intero volume. È anche un testo schietto, che non si abbandona a facili genuflessioni: le energie sottratte all’ossequio alle mode intellettuali del momento sono utilizzate per cercare la verità. E non è cosa da poco.

 [Il XII Rapporto dell’Osservatorio cardinale Van Thuân dal titolo “Ambientalismo e globalismo nuove ideologie politiche” edito da Cantagalli si può acquistare scrivendo a: info@vanthuanobservatory.org].

[1] G. Crepaldi. Lezioni di Dottrina sociale della Chiesa, Cantagalli, Siena 2018, p. 216.

[2] C. Caffarra, Individuo o persona? Pensieri sull’antropologia odierna e di Giovanni Paolo II. “Liberal”, luglio 2001. http://www.caffarra.it/indivi01.php

[3] Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, n. 11.

Il XII Rapporto dell’Osservatorio cardinale Van Thuân dal titolo “Ambientalismo e globalismo nuove ideologie politiche” edito da Cantagalli si può acquistare scrivendo a: info@vanthuanobservatory.org].

Fonte: Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân

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