di Giuseppe Leonelli.
Quell’appello, ripetuto come un mantra, a ‘stare in casa’ per loro, per gli anziani ospiti delle case di riposo, si è tradotto tragicamente in condanna. Mentre il Governo si sgolava a fare appelli alla responsabilità, mentre droni militari sorvegliavano runner solitari e ciclisti sparuti manco fossero serial killer, mentre pubblicità da Mulino Bianco invitavano a non oltrepassare l’uscio di casa e ad essere felici facendo ginnastica sul tappetino del bagno, proprio tra le mura che ospitavano le persone più fragili e più esposte al virus si consumava, e si consuma ancora, una apocalisse.
I numeri dei malati e dei morti nelle strutture per anziani nel nostro Paese sono lo specchio di una piaga che tocca l’intera Nazione. E’ un fatto. Eppure ad oggi forze dell’ordine e media si sono concentrati prevalentemente sulla Lombardia, con il Pio Albergo Trivulzio divenuto simbolo del dramma che stiamo vivendo. Ma di simboli, allo stesso modo tragici, ve ne sono in tutte le zone dell’Italia più colpite dal virus. Indipendentemente dal colore politico di chi amministra i territori, indipendentemente dalla bandiera che sventola sulle roccaforti governative, il “massacro”, come è stato definito da Ranieri Guerra dell’Oms, ha toccato l’intera Nazione.
E allora non può che sorprendere, per usare un verbo neutro, il tentativo di concentrarsi solo sulla Lombardia, non tanto per la sempre iniqua e mortificante creazione di un capro espiatorio (che oggi qualcuno ha deciso debba avere le sembianze del governatore di centrodestra Fontana), quanto perché così facendo si rischia di mettere in ombra ciò che accaduto altrove, i ‘massacri’ altrettanto inaccettabili, minimizzando numeri e drammi umani altrettanto eclatanti. Quasi derubricando a ‘normalità’, centinaia di storie simili per numero e caratteristiche avvenute fuori dai confini lombardi.
Partiamo dall’Emilia Romagna, seconda Regione italiana in assoluto, dopo la Lombardia, più colpita dalla pandemia con oltre 2900 decessi e 21mila e 800 casi totali, peraltro rilevati attraverso un numero di tamponi (116mila) che è meno della metà di quelli eseguiti in Lombardia e Veneto (circa 240mila in entrambe le Regioni). Ebbene, nella Emilia Romagna da sempre governata dal centrosinistra, in base ai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità all’interno delle strutture per anziani dal 1 febbraio al 7 marzo sono morti 352 ospiti. A Modena sono stati accertati 59 decessi per coronavirus e su un totale di 3254 posti letto i contagiati sono stati 282 (l’8,6% del totale). Il focolaio dell’Istituto Sant’Anna e Santa Caterina di Bologna conta 18 decessi e il 40% del personale a casa in malattia. A Villa Rodriguez a San Lazzaro su 60 dipendenti 39 sono malti, mentre dei 72 ospiti sono una cinquantina quelli contagiati. Al Parco del Navile, in via del Sostegnazzo sono 14 i decessi di cui tre positivi al Covid-19, uno negativo, gli altri con sintomatologia ma ai quali non è stato fatto il tampone. Simile la situazione nel reggiano. Nelle case di riposo gestite dall’azienda pubblica a Reggio Emilia si trovano attualmente 660 anziani: sono 160 le persone il cui tampone ha dato esito positivo e negli ultimi tamponi effettuati, il 50 per cento dei casi è risultato positivo. E poi c’è Rimini: diciotto anziani, ospiti della struttura protetta Valloni, sono deceduti per Covid-19, quattro i decessi in ospedale, 14 all’interno della struttura gestita dalla Cooperativa Elleuno, dove i contagiati sono risultati 59 su 64 anziani.
Eccoli qui dunque i simboli, le situazioni emblematiche, nessuna – almeno stando ai numeri – meno grave di altre, nessuna che meriti di essere messa in ombra da un totem capovolto, quello lombardo, dietro cui nascondere colpe disseminate ovunque. Perchè se di simboli negativi abbiamo proprio bisogno per fotografare un dramma che non abbisognerebbe di emblemi, allora si alzino in piedi solamente i responsabili di strutture per anziani che hanno avuto un numero di casi percentualmente affine a quello della media del proprio territorio. E, si badi, casi simili ci sono (basi pensare ad esempio agli zero contagi nelle strutture del gruppo romagnolo Quisisana che ospita 300 anziani), a dimostrazione che il contagio dilagante poteva essere evitato e non era una fatwa divina. Si alzino solo costoro, quelli che hanno fatto semplicemente il proprio dovere per tutelare gli ospiti loro affidati. Tutti quelli rimasti seduti, tutti i responsabili delle politiche sanitarie delle province e delle Regioni dove queste strutture insistevano e dove erano accreditate si guardino allo specchio. E inizino col condannare e denunciare alle forze dell’ordine se stessi. Perchè la Lombardia è grande ma non abbastanza per nascondere cotante colpe.
Fonte: l’Occidentale
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