«Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?» (Gv 11, 25-26).
Maffiolo da Cazzano, Resurrezione di Lazzaro,
Chiesa del Corpus Domini, 1480-1494, Pagliaro di Algua1
Dopo il 24 marzo, data della pubblicazione de Il segreto del Cristo Pantocratore nella Chiesa del
Corpus Domini in Pagliaro, ed il 16 Aprile, de Girolamo Romanino ed il Risorto, in quel di Pisogne, il mio dialogo con i lettori si è interrotto, preso dal lavoro e, soprattutto, da un’ampia ricerca sul Risorto nell’arte figurativa nella Chiesa d’Occidente, assai vasto quanto interessante, che si andava intrecciando con la ricerca sulla Cappella del Risorto di Pagliaro, divenuta per me una “scoperta” di grande valore per il mio stesso itinerario spirituale.
Dentro al Vangelo
Quando mi trovo al suo interno, mi sento dentro al Vangelo, dentro la Vita del Signore, circondato dai suoi Misteri, senza parole e ascolto. Stato dell’anima impossibile, se non avessi compiuto il precedente cammino tra le diverse opere d’arte che abbiamo incontrato, ma oltremodo improbabile se la provvidenza stessa non mi avesse portato tra queste antiche mura, che celano ai più la fede di una piccola e modesta comunità, persa tra i monti della Val Serina, valle laterale della Val Brembana, figlia di un Rinascimento povero, meno che di provincia, mai giunto alle pagine dei grandi critici dell’arte, ma testimonianza impressionante della fede di un paesetto, che, all’epoca, contava dai cinquanta ai settanta abitanti ed, oggi, cento e poche altre unità.
Le cronache dicono che la Parrocchia fu visitata da San Carlo Borromeo tramite il suo vicario Francesco Porro, come testimonia la Cappella dedicata al santo Pastore ed eretta poco dopo la ripida salita, che parte dalla Chiesa del Corpus Domini, contigua all’attuale cimitero.
Il delegato probabilmente non rimase impressionato dalla singolare bellezza del sito artistico, dalla fede esemplare che esprimeva, tutto preso dalle raccomandazioni di indole liturgica e pastorale2 . Se San Carlo avesse avuto modo di sapere in tempo dell’esistenza del ciclo di affreschi, si sarebbe ivi recato di persona per non perdere il motivo di un’ inattesa elevazione spirituale.
Nel Miracolo
Entro nella Chiesa del Corpus Domini e mi avvicino alla Cappella da un vestibolo, che dalla navata vi immette, quasi nascostamente. Mi trovo stretto come in un sepolcro; sprofondo nell’oscurità: da dietro, di fianco, da sopra e ricordo la nota terzina:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che la diritta via era smarrita.
Ma cos’è quel vociare concitato, quel gemere sconsolato di donne. Non posso vedere. Finalmente, scorgo una luce, che mi invita a risalire. Mi si apre un varco e sento come il Maestro dicesse:
« Lazzaro, vieni fuori! » Tu, che giaci nelle tenebre avvolto, esci e cammina! La puzza che emana dalla tua vita tura il naso al tuo prossimo. Sorgi e guarda. Ti attendono il pane ed i pesci moltiplicati (affresco accanto).
Un pane che mai finisce ed il pesce della salvezza. Ed il nome di Gesù risuona « Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Salvatore ». Ancora due passi e, nella luce della cappella, -coro dell’antica chiesa-, si spiegano i trentasette affreschi delle pareti di destra e di sinistra, i ventuno della volta, con il Cristo risorto raggiante, che sigilla i misteri della Salvezza e l’Agnus Dei con i dodici Apostoli del sottarco. Visione e commozione!
Il segno di Lazzaro
Ecco, da vicino, il segno di Lazzaro: Cristo seguito dagli Apostoli. La scena è divisa esattamente a metà dalla colonna. Vi è una distanza, ancora, tra coloro che sono con Cristo, e non pienamente consapevoli, ma al suo seguito con fede, e coloro che sono nella morte, raffigurati da Lazzaro e dalle sue sorelle, che, benché devote a Cristo, questa volta dubitano.
Marta, però, prega a mani giunte, implorante -notiamo le labbra dischiuse- e Maria, in atteggiamento di cuore compunto e contemplativo, -con una certa idealizzazione delle due figure rispetto al testo giovanneo-, prega accoratamente con le braccia incrociate sul petto, silenziosa. Anche in quest’opera del Maffiolo, come in altre ben più famose, i testimoni si turano il naso. E’ il segno inconfondibile della concretezza e che quanto avverrà , se avverrà , sarà oltre le possibilità dell’uomo e della natura; solo opera del Padre:
41Gesù, allora, alzò gli occhi al cielo e disse: « … Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato» (Gv 11, 41-42).
Come ci dicemmo in precedenza, la prima moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci, presente nei quattro vangeli, -diversamente dalla seconda dei cinque pani soltanto, presente in Marco e Matteo-, è la moltiplicazione per gli Israeliti. La seconda per i pagani.
La prima, trovandosi nel registro immediatamente sotto la cacciata del demonio dalla donna pagana (la figlia della donna cananea, detta anche siro-fenicia, di Mt 15, 21-28 e Mc 7, 24-30), che si converte, confermando il simbolo della lettura non solo orizzontale, ma anche verticale (quindi a croce) degli affreschi, l’interpretazione confermerà: sopra, l’azione di Gesù verso i pagani e, sotto, l’azione di Gesù verso il Suo popolo. Ma essendo la Resurrezione di Lazzaro sotto il Battesimo di Gesù, ed accanto a questi due miracoli, il Battesimo potrà essere letto come santificazione delle acque del mondo beneficiato da Cristo e dal quale Cristo scaccia il Maligno, -come nell’esorcismo sopra riportato-.
Resurrezione e moltiplicazione dei pani
La Resurrezione di Lazzaro, tipo della Resurrezione di Cristo, essendo un genere di evento già atteso da certi israeliti , è rappresentato nel registro che li riguarda direttamente, accanto alla Prima moltiplicazione dei pani e dei due pesci, simbolo della comunione con Cristo del nuovo Israele, infatti sta scritto:
42Tutti mangiarono e si sfamarono, 43e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. (Mc 6, 42-43 e paralleli)
una cesta per ogni Apostolo.
Già la moltiplicazione dei pani d’orzo, da parte di Eliseo, ha un valore prefigurativo: annuncia l’intervento salvifico di Gesù, che sfamerà l’umanità (2 Re 4, 42-44). Quel popolo, che in Lazzaro giace nella morte, come coloro che furono sfamati dai pani di Eliseo, sarà sfamato dal nuovo pane di vita e ne avanzerà in abbondanza, senza che il popolo debba preoccuparsene per il domani.
La «moltiplicazione dei pani», infatti, non è un “semplice” miracolo, che risponde ad una esigenza di un momento e poi viene meno. L’evangelista attribuisce a questo «segno» un’importanza particolare perché, per esempio in Giovanni, non lo presenta come appendice a una giornata di predicazione, ma come fatto centrale della medesima. Si tratta di una rivelazione del mistero, che si nasconde nella persona di Gesù. Gesù, con questo segno, mostra che può e vuole appagare ogni altro tipo di fame presente nel cuore dell’uomo.
La resurrezione di Lazzaro è anticipazione della resurrezione di Cristo e pegno della resurrezione futura.
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- Le riproduzioni degli affreschi sono pubblicate su Istituto di Istruzione Superiore David Maria Turoldo – Zogno Bergamo, Pagliaro. Arte Fede Storia, Corponove, Giugno 2003.
- Cf A. G. Roncalli, Gli atti della visita apostolica di San Carlo Borromeo a Bergamo, 194-195
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