di Stefano Fontana.
Anche un bambino capisce che dare da mangiare e da bere ad una persona non significa curarla. Uno che ha sete non è malato, è uno che ha sete. I parlamentari del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e altri affini e limitrofi non sanno fare questa distinzione di semplice ragione.
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Il testo di legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (DAT) in discussione in Parlamento non distingue tra cure da un lato e idratazione e alimentazione dall’altro. Davanti a questa incapacità della politica di adoperare la ragione si prova autentica paura, insieme ad un sentimento di desolazione: a persone che non sanno fare queste semplici distinzioni di buon senso affidiamo il nostro bene comune?
Anche un bambino capisce che dare da mangiare e da bere ad una persona non significa curarla. Anche un bambino capisce che se do un’aspirina ad uno che ha il raffreddore lo curo, ma se do un bicchiere d’acqua a chi ha sete non lo sto curando, ma semplicemente rispondendo ad un bisogno vitale. Uno che ha sete non è malato, è uno che ha sete.
I parlamentari del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e altri affini e limitrofi non sanno fare questa distinzione di semplice ragione. Ed anche a spiegarglielo, non lo vogliono capire. Così stanno preparando una legge secondo la quale il medico, d’accordo con il tutore di una persona disabile, potrebbe sospendere alimentazione e idratazione, ritenendo di sospendere una cura e magari di ovviare così all’accanimento terapeutico.
La ragione politica ha raggiunto livelli bassissimi di utilizzo delle proprie residue capacità. Ormai non sa più distinguere tra maschio e femmina, tra vita e morte, tra famiglia e somma di due individui, tra complementarietà sessuale e ammucchiata e pretende che questa sua incapacità di distinguere le cose più elementari sia anche insegnata nelle scuole, la chiama tolleranza e pretende che tutti la applichino, ossia che tutti si chiudano gli occhi davanti alla realtà per obbedire a loro, ai politici che, accecati, fanno di queste leggi.
Il bello è che ad una ragione politica così avvilita e svilita, così sfibrata e indebolita costoro vorrebbero assegnare il compito di provvedere alla nostra sicurezza, al nostro benessere, al nostro sviluppo, al nostro lavoro, alla nostra salute, alla nostra pace, alla nostra previdenza, alla nostra istruzione, alla tutela del nostro ambiente, alle nostre infrastrutture, alla ricostruzione dopo i nostri terremoti … ma una classe politica che non sa distinguere tra cure e alimentazione come potrà provvedere a tutto questo? Dove troverà i numeri – intellettuali prima di tutto – per farlo?
Siamo ormai lasciati soli e ci opprimono con la loro ignoranza.
Fonte: Vita Nuova Trieste