Cardinal Joseph Ratzinger, “Rapporto sulla fede” (1984): “Il fenomeno dei «Cristiani Tedeschi» (cioè i protestanti che appoggiarono l’ascesa di Adolf Hitler, ndr) mette in luce il tipico pericolo al quale si trovava esposto il protestantesimo nei confronti dei nazisti. La concezione luterana di un cristianesimo nazionale, germanico, anti-latino, offrì a Hitler un buon punto di aggancio, alla pari della tradizione di una Chiesa di Stato e della fortissima sottolineatura dell’obbedienza nei confronti dell’autorità politica, che è di casa presso i seguaci di Lutero”.
Martin Lutero, si sa, gode di ottima stampa. Del resto la stampa fu proprio uno degli strumenti, insieme al potere dei principi, di cui si servì per la sua rivoluzione. Per questo pochi conoscono le sue invettive antisemite, di violenza inaudita, i suoi inviti a massacrare i contadini, i suoi doppi giochi, il ruolo che egli ebbe nel dividere per sempre l’Europa…
Poco indagata è anche l’ammirazione di molti dei gerarchi nazisti per Lutero, non come uomo di fede, ma come esaltatore del potere del principe e dello Stato, come nemico di Roma e dell’universalismo cattolico, e come padre del nazionalismo tedesco.
Qui di seguito un vecchio articolo, comparso sul Corriere della Sera, in cui si ricorda un dato di fatto: Hitler e il partito nazista non sfondarono mai nelle (poche) regioni cattoliche tedesche, ma solo, e talvolta in modo plebiscitario, in quelle (la maggior parte) di tradizione protestante. Nella Prussia protestante, ad esempio, il partito andò oltre il 55%. Forse però, più che di “religione luterana”, bisognerebbe parlare di ideologia luterana.
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