Gli anticlericali sono sempre esistiti, ma con la modernità l’astio e l’odio verso la Chiesa di Cristo hanno raggiunto livelli massimi. Da Lutero in avanti le critiche al Sommo Pontefice si sono fatte sempre più aspre e violente.
Negli ultimi decenni anche papi come San Giovanni Paolo II o Benedetto XVI hanno ricevuto attacchi non solo dal consueto “fuoco nemico” (a cui i secoli e la storia ci avevano abituato), ma anche da quello “amico”.
In che cosa, però, consistevano gli attacchi interni ai due pontefici? Per ragioni di sintesi mi limiterò solo ad alcuni aspetti. In primis c’era l’idea che entrambi i pontefici fossero legati ad un modello troppo “tradizionale” di fede e di morale, sostenitori di una Chiesa “retrograda” e non aperta alle vere istanze del mondo moderno. Questioni come quello del ruolo della donna, dell’omosessualità o dell’avversione ai regimi comunisti avevano contribuito a sollevare velenose critiche anche da personaggi autorevoli nel mondo cattolico. Basti pensare alle parole di fuoco pronunciate dal card. Martini poco prima della sua morte nelle quali accusava apertamente la Chiesa di essere “rimasta indietro di 200 anni” (proprio quelli che ci separano dalla Rivoluzione Francese!).
Per non parlare dello scandalo sulla pedofilia che ha colpito sia il pontificato di Wojtyla quanto, se non di più, quello di Benedetto XVI. Altro tema su cui la Chiesa era considerata come “ingessata” da secoli era costituito dalla sessualità, ordinata all’amore coniugale e alla apertura alla vita, modello che non rispondeva più alla realtà del mondo ma divenuto solamente un ideale non più vissuto da alcuno.
Anche oggi però assistiamo ad attacchi “interni” al regnante pontefice, Francesco. Questi attacchi però sono di natura molto differente. Mentre ai suoi predecessori veniva rimproverato il non volersi aprire alle istanze della modernità e di un mondo che cambia velocemente, al nuovo Vescovo di Roma, non si risparmiano accuse sul lato opposto. Il pontificato di Francesco, a detta dei critici, sembra correre troppo in avanti, fino a rasentare il mutamento della Dottrina di fede bimillenaria.
Ultima in ordine di arrivo è una lettera firmata addirittura da ben 45 fra teologi, filosofi, studiosi, professori e pastori di anime di diverse nazionalità, che hanno voluto esprimere forti critiche nei confronti dell’esortazione apostolica “Amoris laetitia”, rea di contenente “una serie di affermazioni che possono essere comprese in un senso contrario alla fede e alla morale cattoliche”. Ma queste critiche non sono certo una novità!
Personalità di laici come Spaemann, Grygiel e Seifert avevano già manifestato medesime opinioni al documento pontificio. In Italia vaticanisti e giornalisti del calibro di Valli, Magister e Socci hanno più volte richiamato (chi più pacatamente, chi più energicamente) il rischio di una deriva verso tesi eterodosse, lontane dal Depositum Fidei, a cui il Sommo Pontefice è legato proprio per il ruolo che svolge nella Chiesa.
Rispetto ai pontificati precedenti, dunque, con Bergoglio assistiamo ad una critica inversa. Stupisce, in tutto questo, il giudizio di alcuni esponenti della cultura cattolica, fino a vescovi e pure cardinali, che sembrano ignorare tutte queste critiche (che provengono, vale la pena di ricordarlo, da autorevoli ambienti culturali ed ecclesiali, un tempo difensori stenui del Vicario di Cristo). L’allarme che questi lanciano sul rischio di mutamento della Dottrina (e quindi conseguentemente anche della fede) non sembra turbare minimamente l’animo di questi intellettuali, i quali spesso si rifugiano nel clericalismo più becero e deleterio. Non è una novità, per chiunque abbia almeno seguito il catechismo in parrocchia, che il compito principale del Papa sia quello di “custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli”.
Che qualcuno (in questo caso autorevole e fino a ieri difensore della Chiesa e del suo Vicario) metta in discussione proprio questo aspetto del pontificato di Francesco, se anche non vero, costituisce comunque un punto di dibattito che non si può liquidare con arroganza o minimizzando la questione. Vista l’autorevolezza dei “critici” non può valere neanche l’accusa di ignoranza avendo, alcuni di questi, collaborato spesso con i pontificati precedenti. È alla luce di questi presunti cambiamenti dottrinali che rientrerebbero, allora, le scuse ai luterani, ai valdesi, agli omosessuali, ecc.. Che oggi esista un problema legato a possibili mutamenti della Dottrina è per molti un fatto, ridicolo è non rendersene conto o fare finta che non sia così.