di STEFANO LORENZETTO
Ci fu un tempo in cui gli uomini si accontentavano di sapere che Cristo camminava sulle acque. Adesso succede il contrario: è Christo che consente ai comuni mortali di compiere l’esercizio soprannaturale. Chi non vede la differenza, significa che non capisce un’acca.
«Volevo agire sul desiderio e sulla curiosità delle persone», dichiara l’artista di origine bulgara Christo Vladimirov Yavachev, classe 1935, famoso impacchettatore di monumenti, autore di The floating piers, l’opera lunga 4,5 chilometri che collega provvisoriamente Sulzano ai due isolotti del lago d’Iseo, Montisola e San Paolo. Migliaia di visitatori hanno preso d’assalto i 200.000 blocchi galleggianti ricoperti di tela giallo-arancione (affrettarsi, il baraccone si smonta domenica prossima), per «una passeggiata verso il nulla», secondo il vivido giudizio del critico Vittorio Sgarbi.
Infatti la passerella è concepita fine a sé stessa, non collega le sponde dello specchio d’acqua bresciano, che pure sarebbero ricche di capolavori ignoti agli escursionisti: la Passione di Cristo (quello vero) del Romanino nella chiesa di Santa Maria della Pieve a Pisogne, ribattezzata «la Cappella Sistina dei poveri» dallo scrittore Giovanni Testori; i dipinti di Jacopo Bellini e Francesco Hayez nell’Accademia Tadini a Lovere; la chiesa di San Giorgio a Credaro e la cappella Suardi a Trescore Balneario, affrescate da Lorenzo Lotto; le architetture liberty a Sarnico.
Il fenomeno sociologico è istruttivo. Una media di 68.000 gitanti al giorno, con un picco di 80.000 lunedì scorso (avranno chiesto un permesso al datore di lavoro? si saranno assentati dall’ufficio con un certificato medico? erano in ferie?). Ore di attesa sotto il sole per poter affrontare il percorso acquatico. Un’ottantina le richieste quotidiane di pronto soccorso a causa di svenimenti e malori. Uomini che restano in mutande e donne che improvvisano topless per difendersi dal gran calore. I vigili del fuoco costretti a rinfrescare la folla con gli idranti. La stazione ferroviaria di Brescia paralizzata da 3.000 viaggiatori diretti sul lago d’Iseo. Le autorità pronte a disporre, per motivi di ordine pubblico, la temporanea soppressione della fermata di Trenord a Sulzano. Interventi per ricucire il tessuto usurato e riposizionare il pontile pericolante. Il prefetto che alla fine ne ordina il blocco dalle 24 alle 6. Un battello che ci va a sbattere contro. Lattine di birra gettate nel lago. Cigni in fuga.
Scene fra il grottesco e il tragicomico, in parte già viste in quel Lunapark delle Nazioni che era stato chiamato Expo. Del resto, non siamo sul Cammino di Santiago de Compostela. Sebbene qui sia accorso un mitomane blasfemo travestito da Cristo, con la tunica e la corona di spine sulla testa, che tirava fuori chupa chups dagli slip e li offriva ai pedoni, i quali imploravano: «Battezzaci». Per domenica prossima ne sono attesi ben 4.100, conciati così, precettati all’insegna del motto «chi mi ama mi segua» attraverso la pagina «Cristo su Christo» di Facebook.
Il performer nato a Sofia dice che la sua è «arte non necessaria», e gli crediamo sulla parola, infatti The floating piers in 45 anni era stata rifiutata da dieci Paesi prima di trovare accoglienza in Italia. Però assicura che lungo la passerella «si produce un vero flusso energetico», e anche questo è garantito, se non altro dal cielo: la sera stessa dell’inaugurazione, l’allestimento è stato sfollato per l’emergenza causata da un furioso temporale, evitando così agli svagati peripatetici di finire affogati in massa. Non si vede, in ogni caso, di quale idea innovativa sia portatore questo maestro (con la minuscola): da una vita i veneziani s’improvvisano senza entusiasmo equilibristi sui cavalletti mobili, non prima d’aver esclamato «Christo!» all’udire le sirene che annunciano l’acqua alta.
Si dice che il benefattore abbia finanziato la perfomance di tasca propria: 15 milioni di euro. Sarà. Di certo gli hanno dato una mano i ministri Dario Franceschini e Maria Elena Boschi, che si sono affrettati a fare passerella, è il caso di dirlo, sul lago d’Iseo. Mi pare d’aver letto da qualche parte che Regione Lombardia, Provincia di Brescia ed enti locali hanno partecipato all’impresa con 3 milioni di euro, oltre un sesto dei quali solo per le operazioni di sicurezza e assistenza sanitaria nei 16 giorni dell’evento. Poi si prodigati, con i loro potenti mezzi, i Beretta (produttori di armi, proprietari dell’isolotto di San Paolo fino a ieri semisconosciuto), la Conad («Persone oltre le cose», e anche oltre le onde), nonché vari altri sponsor. Avranno avuto il loro bell’interesse, immagino.
Siamo nell’era dopo Christo. L’homo bulgaricus appare l’esponente più sublime di questa società, appunto fluttuante e ondivaga, ben rappresentata sullo schermo da Dino Risi fin dalla metà del secolo scorso. Intervistai il regista per Panorama alla vigilia dei suoi 90 anni. Viveva in un appartamento che si era fatto allestire dentro l’hotel Aldrovandi di Roma, affacciato sullo zoo. Dalle domande che, in una curiosa inversione di ruoli, lui poneva a me («Mi racconti della tua vita? Sei sposato? Hai figli? E hai un’amica?»), capii che l’hobby preferito del medico psichiatra prestato al cinema era l’osservazione degli uomini, più che degli animali, essendo spesso i primi somiglianti ai secondi al punto tale da risultare indistinguibili.
L’autore di Poveri ma belli, Il vedovo, Il sorpasso, La ciociara, e soprattutto I mostri e I nuovi mostri, mi svelò il suo segreto: «Li vedi questi libroni? Dal 1946 ci raccolgo tutte le cazzate italiche». Erano una decina di blocchi da disegno da 150 fogli ciascuno, 42 centimetri per 30, sui quali ogni mattina incollava articoli, notizie e foto ritagliati dai giornali, secondo una consuetudine imparata dai vecchi cronisti quand’era critico cinematografico al Milano Sera diretto da Elio Vittorini. «È da questi spunti che sono nati tutti i miei film», concluse. Uno dei titoli della collezione riguardava un giudizio su Antonio Di Pietro espresso da Oliviero Toscani: «È il Marlon Brando di Montenero». Il genio si riconosce a colpo d’occhio. Ecco, penso che le cronache trionfalistiche dell’happening christico sul lago d’Iseo sarebbero entrate di diritto nel bestiario di Risi.
Da allora mi dedico con una certa assiduità allo stesso inventario del regista. Metto da parte le sbalorditive notizie che, giorno dopo giorno, segnalano come l’umanità e il buonsenso abbiano preso strade nettamente divergenti. Volete le ultime in campo artistico? Voilà.
Un ragazzo di 17 anni, Tj Khayatan, ha appoggiato i suoi occhiali da vista sul pavimento di una sala del Museum of modern art di San Francisco, allo scopo di filmare con il telefonino le reazioni dei visitatori. In pochi minuti, decine di costoro si sono sdraiati pancia a terra per ammirare da vicino e fotografare quella che avevano scambiato per un’opera d’arte.
Milo Moiré, artista concettuale di Lucerna sponsorizzata dalla trasmissione Eurotrash della tv inglese Channel 4, è stata arrestata a Londra, davanti alla National gallery, perché si faceva toccare le parti intime dai passanti, indossando una scatola-gonna rivestita di specchi, munita sul davanti di una tendina per poterci infilare le mani e di una telecamera interna per filmare le manipolazioni dei genitali. «L’arte non si lascerà fermare dalla polizia», ha protestato. In precedenza era finita in gattabuia a Parigi per lo stesso motivo.
Il Daily Mail, quotidiano britannico un tempo alfiere del conservatorismo, ha sprecato una pagina per offrire ai suoi lettori il repellente racconto, anche fotografico, della trasformazione cui si è sottoposto tale Richard Hernandez, 55 anni, ex bancario transessuale originario dell’Arizona, padre di un bimbo. Volendo diventare un drago, costui si è fatto tatuare squame multicolori su tutto il corpo. Poi ha chiesto al chirurgo di recidergli le orecchie e il naso, di modo che la testa apparisse piatta come quella dei serpenti. Indi ha perfezionato la trasfigurazione in rettile facendosi estrarre tutti i denti e sezionare la lingua, affinché diventasse biforcuta. Infine si è colorato di verde la sclera dell’occhio. Per spiccare il volo, Dragon Lady – ora si chiama così – è ricorso all’impianto di protuberanze ossee sulla schiena (le ali) e sulla fronte (le corna). La metamorfosi estetica, costata 30.000 euro, conferma, per restare all’anatomia, che i coglioni sono molti più di due.
Christo è cresciuto nel più grigio Paese satellite della defunta Unione Sovietica, dunque bisogna tener presente quanto già aveva intuito Nikita Krusciov: l’arte moderna si chiama così perché non ha nessuna probabilità di diventare antica.
Al gallerista veronese Ghelfi, che gli chiedeva che cosa mai fosse l’arte, un giorno Carlo Carrà rispose: «Vedi, Giorgio, un dipinto di qualsiasi pittore, anche il più famoso, vale 30.000 lire, cornice compresa. Tutto quello che si riesce a guadagnare in più, è arte». Solo un artistissimo può permettersi di produrne e di regalarne in due settimane per quasi 30 miliardi di vecchie lire, un milione di volte tanto. Quindi deve avere senz’altro ragione il novello Messia. Prevedo che resterà a galla ancora per lungo tempo.
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