L’ombra di Repubblica su Cl

debellini

di Abbondio Dal Bon

Il titolo de La nuova bussola quotidiana di ieri, L’ombra di Repubblica sul Meeting, ha sollevato, dalle mie parti, numerose domande. Non solo tra i simpatizzanti del Meeting, ma anche tra amici ciellini doc. Uno di loro mi ha fatto notare che proprio il patron di Repubblica, de Benedetti, ha recentemente investito 1,8 milioni di dollari nella “Little Heroes Technologies, fondata da Paolo Debellini, di Padova, figlio del più noto imprenditore Graziano Debellini, leader del movimento di Comunione e Liberazione

in Veneto” (http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/economia/corriereimprese/notizie/debellini-jr-ottiene-18-milioni-de-benedetti-startup-vola-2301783472873.shtml). Leggiamo ancora: “Oltre all’indiscusso merito del progetto, a giocare un ruolo nella scelta avrebbe contato la rete consolidata nel tempo di relazioni fra De Benedetti e Graziano Debellini”, un tempo “amministratore delegato di Edit, società che produceva il settimanale «Il Sabato» ed il mensile «30 giorni nella Chiesa e nel mondo»”. Graziano Debellini è stato recentemente al centro di un altro scandalo: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2014/24-gennaio-2014/corsi-truffa-prescrizione-il-leader-cl-debellini-2223969550438.shtml

Gli affari sono affari, dirà qualcuno, ma altri non possono non notare che gli scandali politici ed economici che stanno caratterizzando Cl e la Compagnia delle Opere (CDO), hanno determinato, da parte di Cl, negli ultimi tempi, una notevolissima prudenza, ma non tanto in campo economico e politico (lo stuolo di politici del Pd al Meeting lo dimostra), quanto nell’impegno per i cosiddetti principi non negoziabili che ha contrassegnato invece il passato di Cl.

Alla luce di questo, non appare azzardato ricavare l’impressione di una sorta di boicottaggio, velato o meno, di iniziative ed impegni in difesa dei principi non negoziabili, sostenendo che le manifestazioni pubbliche abbiano come esito inevitabile uno strascico polemico e di scontri, omettendo di rilevare e denunziare a tal riguardo il ruolo dei media laicisti.

L’impressione attende smentite, per non assumere contorni più solidi della verosimiglianza.

Censurare del tutto il dibattito, anche quello culturale, su famiglia e gender, arrivando alla censura, come è accaduto con i domenicani in questi giorni, è, invece, davvero troppo.

Cl, negli anni Sessanta, settanta è stato il Movimento che ha affrontato a viso aperto anche le sprangate della sinistra violenta; poi, è stato il Movimento che, ad ogni elezione, ad ogni avvenimento importante, proponeva una lettura, un giudizio critico, non solo per i suoi aderenti, ma per tutti. Senza temere che questo creasse scontro, convinto anzi che il dialogo ha bisogno di posizioni forti, e di impegno anche pubblico.

Il Meeting ha visto partecipi, nel recente passato, tutti i più attivi interpreti della linea Giovanni Paolo II-Benedetto XVI-Ruini sulla famiglia e la vita. Ora la scena è per il potente segretario della Cei, mons. Galantino, mentre ciò che viene indicato dal presidente dei vescovi italiani, card. Bagnasco (che parla del gender come di un pericolo, ad ogni prolusione), viene bellamente ignorato. Cosa è cambiato all’improvviso? Perché il Meeting deve oggi obbedire ai diktat di Repubblica e di de Bendetti?

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Autore: Libertà e Persona

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