“Venne tra i suoi e i suoi non lo hanno accolto”(Gv 1,11): quale sofferenza più grande di quella di essere respinti da coloro che maggiormente dovrebbero amarci e che maggiormente amiamo? Coloro che dovrebbero essere riconoscenti per il bene a loro fatto e invece ci sono nemici? Coloro che più dovrebbero essere fedeli e invece ci tradiscono? Coloro che dovrebbero essere compagni di battaglia invece passano dalla parte del nemico?
Questa è la sofferenza che ha subìto Cristo e che ci invita a subìre anche noi per amor suo: essere riprovati e perseguitati dai fratelli di fede, confratelli o superiori. Tutti i santi, anche quelli che maggiormente hanno avuto successo nella Chiesa del loro tempo, hanno dovuto subìre questa prova in vari modi e misure. La pazienza con la quale l’hanno sopportata è stata testimonianza della loro virtù, sono stati testimoni di Cristo e in tal senso li possiamo considerare “martiri”, dato che la parola, come sappiamo bene, significa “testimone”.
La sofferenza si acutizza se ci viene dai Superiori, come è capitato a Gesù stesso, messo a morte dai sommi sacerdoti. Uno però potrebbe dire: ma quelli ormai avevano perso la loro legittima funzione, dato che Cristo aveva fondato un nuovo sacerdozio; per noi il caso è diverso: i nostri sacerdoti e superiori sono legittimi, dato che traggono la loro origine da Cristo e in nome dell’obbedienza dobbiamo vedere in loro Cristo stesso. Quindi la disobbedienza a costoro non è la stessa per la quale Cristo ha disobbedito ai capi del suo tempo.
E’ vero. Tuttavia, rispondo, come dimostra la storia dei santi, ciò non impedisce a sacerdoti, prelati e superiori legittimi ma indegni di infierire in certi casi in modi incredibili, crudeli e scandalosi, contravvenendo gravemente al loro dovere di padri, protettori e promotori della santità[1].
E capita che i colpiti non si lamentino o non ricorrano a istanze superiori, pur potendolo fare, ma soffrono nella pace tutto per amore di Cristo e dei loro persecutori, affidando a Cristo la loro causa, sempre pronti a perdonare. Questi bravi capi o confratelli producono così santi e martiri non certo per loro intenzione, ma nonostante la loro intenzione. Dio comunque, come osserva S.Tommaso, si serve anche dei persecutori per fare dei martiri.
Famosa occasione di martirio ci fu in occasione della nascita del luteranesimo: in questo periodo molti cattolici che vollero restar fedeli a Roma e si opposero agli eretici trionfanti ebbero molto da soffrire da parte dei protestanti e molti furono anche uccisi a causa della fede, come per esempio nell’Ordine Domenicano.
I Capitoli Generali di quel tempo presentavano sempre un elenco di confratelli martirizzati dai luterani, che evidentemente avevano concepito uno strano modo di “riformare” la Chiesa. E’ vero che anche da parte cattolica non si usavano troppi riguardi, ma almeno da questa parte abbiamo l’adesione alla verità, benchè non ci sia dubbio che è del tutto controproducente difendere la verità con la violenza.
Ma non c’è dubbio che i veri martiri, ossia i santi, si guardarono bene dal rispondere alla violenza con la violenza e furono miti agnelli condotti al macello, come per esempio, all’epoca di Lutero, tanto per fare un solo nome, il domenicano S.Giovanni di Colonia.
Ma si può essere conniventi complici dei persecutori anche soltanto tacendo per viltà o falsa prudenza, abbandonando i testimoni nelle mani dei potenti nemici della fede ed evitando di difendere i perseguitati quando si potrebbe e si dovrebbe intervenie avendone l’autorità.
Penso per esempio ai Vescovi tedeschi dell’epoca di Lutero. E’ impressionante la loro latitanza e debolezza, mentre i luterani spargevano a più non posso le loro eresie, scandalizzavano ed opprimevano i fedeli e seducevano i popoli. Anzi, come è noto, alcuni Vescovi passarono addirittura al luteranesimo. In questo frangente drammatico si distinsero invece per il loro coraggio e la loro capacità di resistenza e di confutare l’errore, predicatori e teologi appartenenti ad Ordini religiosi, soprattutto i Domenicani.
Oggi naturalmente sciagure così orribili come capitarono agli inizi del protestantesimo e nelle guerre di religione non si danno più. Episodi più recenti furono i martiri della Rivoluzione Francese e quelli della Guerra di Spagna o le persecuzioni nel Messico.
Il martirio continua in territori dove i cristiani sono in minoranza, per esempio in paesi intolleranti come quelli islamici. Moltissimi martiri, come è noto, ci sono stati nel secolo scorso in Paesi a regime comunista. Altri si sono avuti più di recente in Italia, negli anni ’70, allorché, con le Brigate Rosse ci fu un tentativo rivoluzionario comunista: possiamo pensare per esempio al Prof.Bachelet, ad Aldo Moro o al commissario Luigi Calabresi, riguardo al quale si sta preparando la causa di beatificazione.
Non mancano i martiri uccisi dalla mafia, come il commissario Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino fino a don Puglisi, per il quale è avviato il processo di beatificazione, oppure i martiri, vittime di regimi autoritari in America Latina, come per esempio Mons.Romero, per il quale il Papa intende attivare il processo di beatificazione. E chi ci dice che non sarebbe possibile citare anche il cattolico John Kennedy?
Le difficoltà per le cause dei martiri sono a volte date dal fatto che per un certo tempo persistono i suoi nemici, i quali – dispiace dirlo – possono trovarsi nello stesso ambiente cattolico. Occorre in tal caso attendere che tali nemici scompaiano o desistano dallo loro ostilità. Questo fatto per esempio ha ritardato la beatificazione dei martiri della Guerra di Spagna ed oggi ostacola le cause dei martiri del comunismo, dato che questo non è ancora morto.
Ma, come sappiamo bene, esiste anche un martirio non legato alla morte fisica, e tuttavia reale, importante e persuasivo: è quel martirio che comporta l’essere disprezzati, disobbediti, diffamati, emarginati, umiliati, insultati, calunniati, ostacolati nell’esercizio delle proprie funzioni di sudditi o superiori, nel fedele compimento del proprio dovere, attaccati alla sana dottrina, nemici dell’errore, in comunione con la Chiesa, impegnati nel proprio cammino di santificazione.
Esiste un martirio quotidiano come sofferenza interiore magari ignota ai più, ma feconda di salvezza, quella che S.Teresa di Gesù Bambino chiamava “puntura di spillo”, l’esser crocifissi giorno per giorno ad opera di fratelli ignoranti, invidiosi, prepotenti o maligni, che forse non sempre si rendono conto di quello che fanno, anzi, come osserva Cristo, “credono di render gloria a Dio”, si considerano senza la minima esitazione ma con inflessibile ostinazione le punte avanzate della Chiesa, i profeti degli ultimi tempi, i messi dello Spirito Santo, i testimoni di un cattolicesimo “moderno”, “aperto”, “progredito”, “conciliare”.
Sono i modernisti, i quali da alcuni decenni con crescente successo sono diventati fecondi produttori di martiri, dato che in molti casi hanno acquistato posizioni di potere e non c’è che il cattivo Superiore o il cattivo Vescovo che possa avere questa possibilità di produrre martiri, in quanto, imponendo dittatorialmente ed immotivatamente una falsa linea di cattolicesimo, non possono non incontrare resistenza nei buoni sudditi e nei buoni fedeli, i quali, se rifiutano di sottomettersi al sopruso, se resistono od obiettano, devono pagarne le conseguenze.
Questo fenomeno è sempre esistito nella storia della Chiesa, ma oggi è diventato più grave, data la diffusa crisi di fede oggi presente anche in ambienti della cultura cattolica, della Gerarchia e dei Superiori degli Ordini religiosi: mentre da una parte l’arroganza modernista vorrebbe imporre una fede che non è la vera fede, è logico che da parte di chi invece vuol essere ortodosso vi sia resistenza ed essendoci in gioco la fede, è comprensibile che chi resiste, lo faccia con fermezza e tenacia. Da qui il martirio.
Ma oggi ed ormai da alcuni decenni, il fedele che vuol pensare al martirio si trova in buona e consolante compagnia: gli stessi Pontefici a partire da Paolo VI, e questo perché i modernisti hanno ormai raggiunto un tale potere da ostacolare seriamente l’azione stessa del Papa: da qui le dimissioni di Benedetto XVI.
I martiri sono un richiamo alla stessa coscienza dei persecutori e sono di esempio ed incoraggiamento per tanti fedeli turbati e scandalizzati dal comportamento dei capi. Questi fedeli sono quelli che in questo frangente, aiutati dall’esempio dei martiri, riescono a vincere la tentazione di perdere la fede e un domani saranno quelli che riconosceranno ai martiri la loro gloria e la loro vittoria.
[1] Famose, tra molti altri esempi, sono rimaste le sofferenze e le vessazioni inflitte dall’Autorità a San Pio da Pietrelcina.