La recente sentenza della Corte Costituzionale che ha affidato una bambina da educare ad una coppia di due donne omosessuali appare in netto contrasto con il dettato della nostra Costituzione italiana la quale riconosce e promuove la famiglia naturale fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna.
Questa presa di posizione del resto è in linea con un movimento d’opinione in crescita che vede con favore la possibilità che una coppia di omosessuali educhi dei soggetti umani ad imitazione della famiglia naturale. Tale prospettiva a sua volta si basa su di una concezione della sessualità umana che pretende di essere più possibilista e più indipendente dai condizionamenti naturali fisico-biologici legati alla distinzione maschio-femmina.
E’ sorta infatti di recente una nuova concezione della sessualità, la quale crede di poter applicare ad essa il principio secondo il quale l’uomo ha la possibilità e il diritto di modificare o perfezionare la natura con gli interventi della tecnica. Come sappiamo questo principio soprattutto nella civiltà moderna ha un’infinità di applicazioni in molti campi della vita: dal lavoro alla medicina, dalle belle arti agli sport, dall’economia alle comunicazioni sociali, dalla ricerca scientifica alle stesse attività della cultura e della religione.
In tal modo si è giunti alla convinzione di poter assimilare la distinzione maschio-femmina alla triplice distinzione esistente nel linguaggio fra genere maschile, genere femminile e genere neutro, da cui la ormai ben nota concezione del sesso come “genere” (gender). Si pensa così di fondare teoreticamente, in relazione al genere “neutro”, l’applicazione del suddetto potere dell’uomo sulla natura nel campo della sessualità: accanto alle due specie o differenze specifiche naturali maschio-femmina del genere “sesso”, si darebbe anche un’ulteriore specie o differenza specifica, un genere “neutro”, ma indeterminato, anch’esso naturale, nel contempo modificabile o determinabile dalla scienza e dalla tecnica umane, per il quale l’uomo potrebbe creare altre possibili differenze sessuali artificiali, moralmente e giuridicamente legittime quanto quelle naturali e che in certo modo rifletterebbero quella che è la libertà e la genialità dell’intervento dell’uomo su di una natura presupposta alla sua azione, ma che nulla impedisce che possa essere modificata o completata dall’uomo in relazione ai suoi gusti o alle sue libere scelte.
Ora in questa visione c’è un vizio di fondo, che consiste nella cattiva applicazione del suddetto principio, di per sé del tutto legittimo, riconosciuto anche dalla rivelazione cristiana, del diritto-dovere dell’uomo di completare, perfezionare e correggere la natura secondo i bisogni e la creatività dello stesso uomo.
Distinguiamo così tradizionalmente i prodotti della natura, che sono indipendenti dall’uomo, alcuni dei quali, ma non tutti, sono o possono essere materiale dei suoi interventi operativi, e i prodotti dell’arte e della cultura, che mostrando la genialità dell’uomo, sono da lui ricavati dai dati della natura e adatti alle esigenze della vita umana per il progresso e il benessere stesso di questa vita e un sempre maggior dominio dell’uomo sulla natura e sull’universo. In due parole, distinguiamo il naturale dall’artificiale.
Ma a questo punto si pone una grave questione. Esiste del “naturale” in sé completo e sano, creatura di Dio, che va rispettato, così come esiste del “naturale”, imperfetto e difettoso, che dev’essere corretto o può essere migliorato o modificato al servizio dell’uomo e in forza del potere dell’uomo. Così pure esiste dell’artificiale, prodotto dall’uomo, che va a beneficio dell’uomo ed esiste dell’artificiale che, per quanto fatto con intelligenza, si risolve però a danno dell’uomo, perché offende dati e strutture naturali, presupposti all’uomo e creati da Dio, di per sé buoni e che quindi non vanno cambiati, ma al contrario rispettati e potenziati così come sono.
Ma volendo andare alla radice di queste storture riguardanti il rapporto natura-cultura, dobbiamo dire che esse non sono altro che l’applicazione di una teoria sbagliata della conoscenza e di conseguenza del potere dell’uomo su se stesso e sulla natura, giacchè anche l’uomo ha una natura e fa parte della natura.
Si tratta della teoria idealista della conoscenza, originata dalla filosofia di Cartesio, per la quale la ragione umana non ha il compito di riconoscere il reale esistente davanti a sè (ob-jectum), presupposto a sè e esistente indipendentemente da sé, in quanto creato da Dio, ma avrebbe la facoltà e il potere di ridurre il reale alle sue idee (da qui “idealismo”, vedi l’esse est percipi di Berkeley), al fine poi di modificare il reale secondo queste idee che non sono basate su di un’adeguazione al reale, (la tomistica adaequatio intellectus ad rem), ma dipendono dal puro arbitrio dell’umana volontà, che così, quasi a sostituirsi prometeicamente a Dio creatore ed ordinatore della natura, ritiene di realizzare la libertà e la grandezza dell’uomo.
Naturalmente, come in tutti gli errori, anche qui c’è una parte di verità, e l’ho riconosciuto sopra: è vero che esiste tutto un settore della natura nel quale l’uomo può e deve intervenire operativamente, ma nel contempo esiste un settore ben più ampio e radicale, presupposto all’intervento stesso dell’uomo e regola di questo intervento, un settore sconfinato e sostanziale, che rispecchia un piano divino, che va assolutamente, oggettivamente e realisticamente riconosciuto, senza idealistici soggettivismi e rispettato così com’è, in riferimento al quale lo stesso intervento dell’uomo deve operare per tenersi nell’ordine morale ed assicurare la vera libertà e la vera felicità dell’uomo.
E’ a questo punto che possiamo riprendere il discorso del “genere” per mettere in luce i gravissimi equivoci che soggiacciono a questa teoria, la cui applicazione non è affatto benefica per l’uomo, non è per nulla indice di progresso e di libertà, non concerne alcun diritto umano, ma al contrario è disumanizzante, fonte di tragedie e di infelicità per i singoli coinvolti in prima persona e di riflesso per la società.
Naturalmente il genio umano e la medicina hanno di diritto e di dovere uno spazio di intervento anche nel campo della sessualità umana – pensiamo ai benefici della ginecologia -, ma solo entro certi limiti, al di là dei quali l’uomo si illude di migliorare, costruire o liberare, ma in realtà peggiora, rovina e schiavizza.
E adesso entriamo in medias res. Che una coppia omosessuale possa svolgere un’opera educativa nei confronti di minori ad essa affidati e che quindi per quest’opera non sia strettamente necessaria la presenza dei genitori naturali, non si può mettere ragionevolmente in dubbio. Altrimenti – mi si scusi il paragone, ma è calzante, ovviamente con i dovuti distinguo – con un criterio simile si potrebbe dubitare della possibilità che molte altre persone o coppie o gruppi possano svolgere un’adeguata opera educativa perché i minori a loro affidati non sono il frutto di un’unione tra uomo e donna nel matrimonio.
L’obiezione che invece si può e si deve fare per quanto riguarda il caso specifico delle coppie omosessuali fa sempre riferimento al problema educativo, e riguarda precisamente il come l’educando potrà acquisire la convinzione del valore preminente dell’unione uomo-donna come naturale sorgente della vita umana e conseguentemente come principio originario, adeguato e naturale dell’educazione e della formazione dell’uomo.
L’obiezione che si sente dire e cioè che, affinchè l’educando riceva un’adeguata educazione, è necessario che benefici dell’apporto congiunto e reciprocamente complementare dell’uomo e della donna, possibilmente i genitori naturali, è certamente buona, ma non è decisiva, appunto perché, come ho detto, il minore può essere convenientemente educato, in casi di emergenza, anche da coppie, singoli o gruppi che non costituiscono i genitori naturali.
Ma al riguardo, il punto importante da tenere presente, è la questione della coppie omosessuali, a proposito delle quali si sta diffondendo l’uso di parlare anche per loro di “matrimonio”, sancito dalla legge civile, mentre qualcuno vorrebbe proporre addirittura l’idea di una sanzione religiosa,
A questo riguardo il discorso si può allargare alla questione generale dell’etica sessuale, oggi assai dibattuta. La teoria del gender è solo uno degli aspetti delle tendenza oggi diffusa a contestare i princìpi dell’etica sessuale. Si è perso di vista il suo principio fondamentale, che è il rispetto di quella vita umana, sacra e ad immagine di Dio, che viene concepita e nasce dall’unione sessuale dell’uomo e della donna.
Si crede che la generazione dell’individuo umano possa essere assimilata alla produzione di un elaborato della tecnica, assimilando così la considerazione per l’essere umano concepito al livello di un oggetto materiale prodotto dall’uomo e dimenticando o ignorando quindi che invece questo essere umano ha un’anima spirituale creata da Dio al momento del concepimento.
L’ignoranza o la negligenza di questo fine altissimo dell’unione uomo-donna è poi oggi congiunta, come sappiamo bene e spesso viene denunciato dal Magistero della Chiesa, con un concetto dell’amore e dell’unione sessuale che non prevede e non intende affatto produrre il suo frutto naturale, ossia il figlio. Si tratta di una concezione dell’amore tra uomo e donna che invece di generare la vita, finisce a volte, per non dire spesso, per produrre la morte, come vediamo nella piaga dell’aborto.
Non si intende l’’amore come reciprocità in vista del servizio al prossimo, della riproduzione della specie, del progresso morale, spirituale e religioso dell’uomo, ma come una specie di assoluto, un egoismo a due, finalizzato al soddisfacimento del piacere. Il piacere stesso, così, non viene ad essere, come dice Paolo VI, nell’Humanae Vitae, espressione di un amore ed incentivo ad un amore generoso, donativo e costruttivo, ma questo amore assolutizza se stesso in modo animalesco, sì da farci ricordare le parole del divino Poeta: “fatti non foste a viver come bruti, ma a seguir virtute e conoscenza!”.
E’ chiaro che qui si sottende una gnoseologia puramente sensista ed empirista, che conduce logicamente all’edonismo, all’erotismo e al materialismo ateo, spregiatore dei valori spirituali, religiosi e trascendenti. Tuttavia questa terribile deriva e decadimento morale non sono del tutto estranee alla gnoseologia idealista, alla quale ho fatto riferimento sopra, perché essa, sotto l’apparente stima per l’“ideale” e lo spirituale, del quale si riempie la bocca, in realtà porta allo stesso risultato con la sua attitudine scettica nei confronti della conoscenza sensibile, perché per la detta gnoseologia, secondo il modulo cartesiano, il credere all’esistenza di una realtà sensibile esterna è illusione e quindi il senso non ci dà la verità, ma solo l’apparenza, essendo il vero riservato alla sola “autocoscienza”.
Ma questo scetticismo riguardo al senso non può non avere come conseguenza, come già osservava il mio maestro di teologia morale, il Padre Alberto Galli, l’estromissione della tematica del sesso dal campo della morale, se è vero che la morale deve fondarsi sul vero, mentre il campo del sesso per gli idealisti è confinato all’ordine soggettivo e contingente delle apparenze. Se dunque, continuava Padre Galli, le cose stanno così, è chiaro che nel campo del sesso io poso regolarmi come meglio mi piace, non sono sottomesso a leggi oggettive fondate sull’osservazione di fini biologici della natura umana. Sta proprio qui la radice teoretica, materialistico-idealistica dell’enorme licenza sessuale che si è diffusa nei nostri tempi.
Ad essa pertanto si può rimediare solo con un sincero ritorno all’etica realista, del resto continuamente, ma spesso purtroppo invano, ricordata dal magistero della Chiesa e da molti zelanti pastori e dotti moralisti, nonché ancora viva nella parte sana del nostro popolo erede delle più belle tradizioni del cristianesimo e della stessa civiltà italiana.
Siamo ancora in tempo per evitare ulteriori disastri e risalire la china. Dobbiamo prender coscienza che si è imboccata una strada che conduce alla distruzione non solo del cristianesimo, ma della stessa civiltà e, che dico, della stessa esistenza dell’uomo, giacchè toccare le radici della vita vuol dire toccare l’esistenza dell’uomo e il sesso ha appunto riferimento a queste radici.
Infatti, l’uomo, per divina volontà e quindi per legge di natura dipendente dal Creatore della natura, può essere concepito, generato ed educato elettivamente solo nel matrimonio, istituto appositamente creato per la degna accoglienza della vita, matrimonio inteso come unione stabile ed esclusiva tra uomo e donna (“maschio e femmina li creò”), finalizzata alla generazione ed educazione della prole, mentre altre forme di unione potranno ricevere qualche riconoscimento e sostegno legali, ma devono essere ben distinte dalla vera unione matrimoniale, le si chiami con altro nome, non per creare delle discriminazioni, ma proprio per una questione di ordine e di giustizia, che salvaguardi i diritti e incentivi i doveri di ciascuno, assicurando alla società e alla Chiesa la concordia, la felicità e la pace.
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