Qualche miracolo per inquietare gli atheoi (1)

Come la Chiesa ha sempre affermato (e i Vangeli testimoniano abbondantemente), il miracolo è una delle prove più sicure della verità del cristianesimo. E lo è tantopiù oggi, in un’epoca in cui le conoscenze scientifiche a nostra disposizione possono accertare al di là di ogni dubbio la realtà o meno di innumerevoli fatti soprannaturali. Mi propongo quindi di riportare sinteticamente, “pescandoli” tra mille possibili, alcuni episodi particolarmente eclatanti e documentati verificatisi nel corso del Novecento.

Primo episodio: la guarigione di Marie Bailly (1902)

Nel 1902, Alexis Carrel era un giovane e talentuoso scienziato agnostico e positivista. Aveva già iniziato le ricerche in campo medico che più tardi, nel 1912, lo avrebbero condotto al Nobel.

All’epoca, specie negli ambienti medici francesi, si discuteva accesamente della verità o meno dei fatti di Lourdes.

Le convinzioni irreligiose e scientiste di Carrel lo portavano a diffidare e a negare: al punto che, quando nell’estate di quell’anno ne ebbe l’occasione, volle unirsi ad una comitiva di pellegrini per documentare personalmente l’inganno che, a suo parere, stava alla base dei presunti miracoli.

Fattosi illustrare da alcuni colleghi cattolici la dinamica di alcune guarigioni “miracolose”, Carrel sbottò: nulla di “impossibile” a priori, nulla che non si potesse spiegare, ad esempio, con l’immensa forza dell’autosuggestione. “Le guarigioni di cui voi mi parlate – diceva Carrel – sono quasi sempre frutto di complicati processi psichici, frutto quindi di autosuggestioni. Solo nel caso di guarigione di una vera malattia organica si potrebbe parlare di miracolo. Per esempio, una gamba tagliata che ricresce, un cancro che scompare, una lussazione congenita che improvvisamente guarisce”.

A mo’ di sfida, Carrel visitò alcuni malati della comitiva di pellegrini. Il suo scopo era indicare chi, tra loro, risultasse effettivamente inguaribile per vie naturali, in modo da poter convincere un osservatore imparziale, in caso di guarigione, di un reale intervento miracoloso.

Al termine delle sue visite, i malati da lui indicati come effettivamente inguaribili furono solamente quattro. “Ecco – dichiarò agli altri medici che viaggiavano con lui -, se una di queste quattro persone guarisse, saremmo di fronte a un fatto veramente strepitoso, tale da far crollare tutte le mie convinzioni scientifiche”.

La sua attenzione si appuntò in particolare su una pellegrina, Marie Bailly. Marie era gravissima: ventre gonfio, pelle lucida, costole sporgenti, addome teso da materie solide, sacca di liquido che occupava la regione ombelicale, febbre alta, gambe gonfie fino alle ginocchia, battito del cuore velocissimo. Si trattava di peritonite tubercolare allo stadio terminale: alla donna, constatò Carrel, rimanevano pochissimi giorni di vita. Forse, anzi, sarebbe addirittura morta già l’indomani. Dati i dolori indicibili che la attanagliavano, il Nostro le somministrò personalmente della morfina.

La diagnosi nefasta di Carrel fu confermata poco dopo anche da un altro medico.

Ecco – disse Carrel a un conoscente anch’egli recatosi a Lourdes in quegli stessi giorni -: data la gravità e l’assoluta irreversibilità della condizione clinica di questa Marie, se lei guarisse mi dovrei ricredere e convertire.

Ma naturalmente – pensava il giovane scienziato-scientista – non accadrà nulla di simile.

A Lourdes, Marie Bailly stava talmente male che non fu possibile nemmeno immergerla nelle piscine. Carrel ne constatò personalmente lo stato clinico: era tecnicamente in agonia.

Il miracolo avvenne davanti alla Grotta, durante una cerimonia religiosa. Di fronte agli occhi stupefatti e increduli di Alexis, il ventre gonfio e devastato di Marie cominciò ad abbassarsi gradualmente fino alle dimensioni fisiologiche. La respirazione e il battito cardiaco si normalizzarono. Il colorito del viso tornò perfettamente sano.

La moribonda, dopo essere stata affetta dalla malattia per cinque lunghi anni, era improvvisamente e completamente guarita nello spazio di mezz’ora.

Carrel si convertì immediatamente al cattolicesimo. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1944, continuò a svolgere la sua professione di scienziato sulla scorta di un principio che è rimasto famoso: poca osservazione e molto ragionamento portano all’errore; molta osservazione e poco ragionamento portano alla verità.

In un suo libro del 1941 si trova scritto: “L’uomo ha bisogno di Dio come ha bisogno di acqua e di ossigeno. Congiunto con l’intuizione, col senso morale, col senso estetico e con la luce dell’intelligenza, il senso sacro fa sì che la personalità possa pienamente sbocciare. Non c’è dubbio che la riuscita della vita richieda lo sviluppo integrale di ciascuna delle nostre attività fisiologiche, intellettuali, affettive e spirituali. Lo spirito è nello stesso tempo ragione e sentimento (…). Noi dobbiamo ascoltare Pascal con lo stesso fervore con il quale ascoltiamo Cartesio”.

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