Riportiamo dal sito vittoriomessori.it il retro di copertina del nuovo libro-intervista del noto scrittore con Andrea Tornielli, in uscita ad ottobre per Piemme.
Vittorio Messori è il più noto scrittore cattolico, la sua fama ha varcato da tempo i confini nazionali. Autore di best-seller tradotti in tutto il mondo, con il primo libro, Ipotesi su Gesù – l’inchiesta divulgativa ma rigorosa che ha dato inizio ai suoi saggi sulla storicità dei vangeli – ha superato il milione di copie solo in Italia. Interlocutore dell’allora cardinale Ratzinger (e quel saggio, Rapporto sulla fede, ha segnato l’inizio della fine del caos postconciliare), ha avuto poi il privilegio del primo libro intervista con un papa, Giovanni Paolo II: 53 lingue, più di 20 milioni di copie. Molti altri volumi di grande impatto internazionale gli hanno confermato un ruolo di “reinventore” della moderna apologetica.
Eppure, Messori non è nato cattolico. Anzi. L’educazione familiare e la formazione scolastica ne avevano fatto un anticlericale e un razionalista della dura scuola torinese. Poi, nell’estate del 1964, nei giorni dei funerali di Togliatti, accade Qualcosa di imprevisto e di imprevedibile. Il laureando in Scienze Politiche che stava alla larga dalle chiese, l’allievo di famosi Maestri sprezzante verso la “sub-cultura cattolica”, non si converte ma, come a forza, “è convertito”. Si scontra, inaspettatamente, con quel Gesù di Nazaret alla cui figura dedicherà gli studi di una vita. Una storia insolita e in fondo drammatica, che Messori descrive per la prima volta in questo dialogo con il collega Andrea Tornielli, svelando molti particolari fino ad ora taciuti. Una svolta radicale, tale da rovesciare la sua vita e da cambiare quella di molti che, grazie ai suoi libri, hanno scoperto o riscoperto la fede.
Nelle sue parole non c’è traccia di clericalismo, di integralismo, di nostalgia per una cristianità tramontata. Assente, in lui, anche il moralismo: mai si è proposto come modello di vita, sorride di chi si atteggia a “profeta”, allergico a ogni posa edificante spera per sé che la misericordia del Cristo superi, e di molto, la giustizia. Nella sua ricerca si è sempre preoccupato dei fondamenti della fede, lasciando ad altri di indagare sulle conseguenze morali e socio-politiche. Uomo di frontiera tra le “due culture” (ha lavorato a lungo a La Stampa, da anni collabora al Corriere della sera ma si è impegnato anche ad Avvenire e nei Periodici Paolini), la sua è una prospettiva cattolica del tutto ortodossa e, al contempo, non conformista, scandalosa per timorati e benpensanti. Innamorato della libertà, convinto che la fede vada proposta e mai imposta, cosciente che la virtù esige la possibilità di optare per il vizio, troppo ironico per vestire i panni del predicatore, Messori non rifiuta a priori questo mondo post-moderno. Ne vede le contraddizioni, denuncia le ipocrisie della ideologia egemone – il “politicamente corretto”, per il quale, ad esempio, la pena di morte per i criminali è una vergogna, mentre quella per i nascituri innocenti è un diritto sacrosanto e un progresso civile – ma vede le chances di una società dove il credere è una libera “scommessa” e dove i cristiani ritrovano la funzione di lievito, di sale, di granello di senape. Minoritari ma non marginali, secondo la prospettiva indicata loro da Gesù stesso. Un libro emozionante, di grande spessore culturale, di esperienze singolari, di rovesciamenti di schemi, di giudizi spiazzanti, di fede “pensata” senza paura. Ma, al contempo, pagine di grande umanità. Per dirla ancora con Pascal: “Pensavano di trovare un autore. Hanno trovato un uomo“.