Dopo Giorgio Parisi, vediamo il rapporto tra scienza e fede attraverso un altro premio Nobel per la Fisica italiano, Guglielmo Marconi (1874-1937).
Non ho trovato particolari riflessioni filosofiche di Marconi, che dava per scontata, però, la conciliabilità tra scienza e Fede, esprimendo in modo pubblico le sue convinzioni religiose, il suo attaccamento e la sua amicizia con papa Pio XI, per il quale costruì la prima stazione radio del Vaticano.
Qui la testimonianza della figlia Elettra sulla fede religiosa del padre:
Continua a leggereIl tempo di Quaresima è quello che precede la Pasqua di Resurrezione ed è quindi caratterizzato dalla contemplazione della Passione e morte di Cristo. Sin dai primi secoli questo tempo è caratterizzato dalla preghiera, dall’elemosina e dalla penitenza (digiuno). Tutte e tre attività connesse tra di loro: la preghiera apre il cuore a Dio, la penitenza insegna il sacrificio, mentre l’elemosina è il sacrificare qualcosa di proprio, aprendo il cuore ai fratelli.
Continua a leggeredi don Enrico Finotti
La Quaresima è la celebrazione del mistero di quel “viaggio”, che il Signore intraprese “con decisione” verso Gerusalemme, salendo il “santo monte della sua Pasqua”.
“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme” (Lc 9, 51).
Tale viaggio è sottolineato dalla liturgia nell’antifona al cantico dei Secondi Vespri della prima domenica di Quaresima:
“Ora saliamo a Gerusalemme:
si compiranno nel Figlio dell’uomo
le parole dei profeti”.
Questo mistero è contenuto e celebrato nel tempo dei “quaranta giorni”, prefigurati nell’Antico Testamento, e che già il Signore stesso visse nel deserto all’inizio della sua vita pubblica, dove anticipò quella lotta e quella vittoria, che, nell’“ora” imminente della sua gloriosa passione, saranno piene e definitive. Ecco perché “l’annuale cammino di penitenza della Quaresima è il tempo di grazia, durante il quale si sale al monte santo della Pasqua”.
Tre sono le realtà che dominano lo scenario quaresimale: il Battesimo, la Croce, la Penitenza.
Il lezionario festivo della Quaresima esprime queste tre tematiche rispettivamente negli anni A. B. C.
1. IL BATTESIMO
La Quaresima è il tempo privilegiato dell’ascolto “della voce del Padre” mediante “il suo Figlio prediletto” in un annunzio intenso della Parola di Dio, per una rinnovata riscoperta e adesione al Battesimo, ossia al nostro “essere cristiani”.
Cristo in ascolto del Padre
Il Signore nel deserto si ritira in un prolungato ascolto e in una totale obbedienza alla volontà del Padre, ascolto e obbedienza che ora porta al pieno compimento, in modo determinato, nel cammino verso la sua Pasqua.
I discepoli in ascolto del Padre
Anche i discepoli, ormai lontani dalle folle osannanti della Galilea, sono condotti dal Maestro a contemplare la volontà del Padre in tutta la sua verità, sia nei tre annunzi della Passione, sia, soprattutto, sul “santo monte” sul quale il Padre proclama con maestà l’invito ad ascoltare il suo “diletto Figlio” e a seguirlo nel suo mistero di morte e di risurrezione, confermato da scelti testimoni “Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria”.
Il Vangelo della “trasfigurazione” è sempre proclamato, secondo l’antica tradizione, nella seconda domenica di Quaresima, illuminando di gloria il mistero della Croce e facendo balenare nell’austerità quaresimale un anticipo della luce pasquale della risurrezione.
La Chiesa in ascolto di Dio che parla
Nella prospettiva di così grandi eventi la Chiesa, nel tempo sacro della Quaresima, apre ai suoi figli le pagine della Sacra Scrittura con abbondanza e li invita ad ascoltare la Parola di Dio con grande impegno, sia per sostenere i catecumeni nel tempo forte delle ultime importanti catechesi prima dei Sacramenti pasquali, sia per preparare tutto il popolo a rinnovare con viva coscienza le promesse battesimali nella notte di Pasqua, meta del cammino quaresimale.
La Quaresima è quindi il grande tempo della catechesi in un clima liturgico-sacramentale, è la scuola annuale della fede. Infatti, la composizione del lezionario della Messa, festivo e feriale, è quanto mai accurata e ricca per offrire alla comunità cristiana un programma abbondante e mirato di catechesi, che si esplica in primo luogo nell’omelia domenicale e feriale, e che trova ulteriore estensione e complemento nella celebrazione “stazionale” settimanale.
Inoltre è nella Quaresima che il “catecumenato” trova l’espressione più intensa e tipica con i riti dell’“elezione”, con gli “scrutini”, le “consegne” e la proclamazione delle grandi pagine riguardanti l’iniziazione ai Sacramenti.
“Tutta l’iniziazione cristiana ha un’indole pasquale, essendo la prima partecipazione sacramentale alla morte e risurrezione di Cristo. Per questo la Quaresima deve raggiungere il suo pieno vigore come tempo di purificazione e di illuminazione, specie attraverso gli ‘scrutini’ e le ‘consegne’…”.
Anche il rito catecumenale dell’“Effatà”cioè: “Apriti” (Mc 7, 34b) invoca per tutta la Chiesa la grazia dell’ascolto che suscita nel cuore dei fedeli l’invocazione biblica del profeta Samuele: “Parla, Signore, perchè il tuo servo ti ascolta” (1Sam, 3, 9) e fonda l’augurio che, come per l’antico profeta, anche per noi la Parola di Dio raggiunga la massima accoglienza e fecondità: “Samuele non lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole” (1Sam 3, 19).
2. LA CROCE
La Quaresima è il tempo della sequela di Cristo sulla “via crucis”, portando la nostra croce “per Lui, con Lui e in Lui”.
Cristo si orienta verso il mistero della sua croce
Nel cammino “deciso” di Cristo verso la Città Santa, vi è l’orientamento cosciente e fermo a quella croce, che nel deserto, dopo la dura lotta contro il Maligno, accolse dal cuore del Padre.
Infatti “imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5, 9).
Ancora: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24).
La croce è così forte nell’anima del Signore da suscitare in Lui un desiderio ardente di compierne il mistero: “C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finchè non sia compiuto!” (Lc 12, 50).
I discepoli sono introdotti al mistero della croce
Anche i discepoli, meno distratti dal fervore dell’attività pubblica del Signore e più intimi a Lui, ricevono ora l’annunzio della Passione: “Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compirà. Sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi e, dopo averlo flegellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà”. Ma non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto” (Lc 18, 31-34).
L’incomprensione degli Apostoli e soprattutto la reazione di Pietro (Mc 8, 32-33) rappresenta il rigurgito di quella tentazione che già il Signore subì e vinse nel deserto. La stessa “gloria”, anticipata nella trasfigurazione non è che un viatico “per preparare i suoi discepoli a sostenere lo scandalo della croce”.
La Chiesa segue Cristo sulla via della croce
Così la Chiesa, in questo tempo sacro, medita le antiche profezie riguardanti la Passione del Signore e in particolare quegli annunzi stessi che il Cristo ci dà nel Vangelo, contemplazione che raggiunge il suo culmine nella proclamazione della “Passione del Signore”.
La Chiesa memore delle parole del Maestro divino: “Chi non porta la propria croce non può essere mio discepolo” (Lc 14, 27) lo segue sulla via dolorosa, perché:
“Certa è questa parola:
Se moriamo con lui, vivremo anche con Lui;
se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo” (2Tim 2, 11
).
“Deposto quindi tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 1b).
“Gesù per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. Usciamo dunque anche noi dall’accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13, 12-13).
Come nel deserto il popolo eletto, ferito a morte dai serpenti velenosi, guardando il serpente di rame eretto sull’asta in mezzo all’accampamento, otteneva la guarigione in vista di Cristo, “maledetto per noi” (Dt 21, 23; Gal 3, 13), così il popolo cristiano, ferito dal peccato, fissando lo sguardo a Cristo crocifisso “nel deserto quaresimale”, ottiene la vita e la salvezza eterna.
Infatti: “La croce di Cristo è nostra gloria, salvezza e risurrezione”e “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14).
La croce quindi domina l’assemblea liturgica nel tempo quaresimale, riceve il quotidiano omaggio della fede, precede il “popolo in cammino” nelle processioni penitenziali e nell’itinerario della “via crucis”. Infine, quale vessillo di vittoria, è presentata nel Venerdì Santo al bacio adorante dei fedeli, che si riconoscono salvati dal sangue di Cristo.
“Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1, 18-19).
3. LA PENITENZA
La Quaresima è il tempo della riconciliazione con Dio, mediante la conversione del cuore, la confessione delle proprie colpe e la penitenza.
La liturgia del Mercoledì delle Ceneri richiama alla riconciliazione con le parole dell’Apostolo: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”… “Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2Cor 5, 20. 6, 2).
La penitenza nella testimonianza del Signore
Il Signore “consacrò l’istituzione del tempo penitenziale con il digiuno di quaranta giorni, e vincendo le insidie dell’antico tentatore ci insegnò a dominare le seduzioni del peccato” con le armi della penitenza, della preghiera e del digiuno.
Egli in tutta la sua vita non ebbe dove posare il capo “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 20).
Nel suo viaggio verso Gerusalemme dovette accettare l’abbandono delle folle che protestavano: “Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?” (Gv 6, 60). L’incomprensione ripetuta dei suoi discepoli giunge al punto che Gesù dovette interpellarli “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6, 60). Per rimanere fedele alla volontà del Padre e per la nostra redenzione Gesù accettò il tradimento, le umiliazioni fino alle sofferenze della Passione e alla Morte di Croce.
“Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio; e tu pretendi per te riposo e gaudio?”.
I discepoli sono invitati alla penitenza
Anche ai discepoli il Signore raccomanda: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione” (Mt 7, 13) e ancora “se non vi convertite perirete tutti” (Lc 13, 3).
Il ”grido” del Signore alla conversione e alla penitenza assume un carattere drammatico quando, ormai in vista di Gerusalemme, piange su di essa esclamando: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco la vostra casa vi viene lasciata deserta!” (Lc 13, 34-35).
Infine, dopo aver compiuto tutto quello che era necessario per la nostra salvezza mediante la sua “sofferenza vicaria”, con voce agonizzante sulla croce invoca: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34) offrendo ai penitenti di tutti i secoli l’assoluzione dei loro peccati.
La Chiesa fa penitenza
Nella luce di così grandi misteri la Chiesa, imponendo l’austero simbolo delle ceneri sul capo dei fedeli, li invita a riconoscersi peccatori e a convertirsi:“Ricordati che sei polvere e – a causa del peccato – in polvere tornerai”; quindi, se vuoi avere la vita, “convertiti e credi al Vangelo”.
Così la madre Chiesa fa eco alle parole del Signore e conduce i suoi figli ad intraprendere un cammino di penitenza, di lotta spirituale, di ascesi per abbandonare il peccato e vivere “nella libertà dei figli di Dio”, perché “Non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole” (2Tm 2, 5).
La Quaresima è, per così dire, il cammino a ritroso del “figliol prodigo” verso la casa paterna, viaggio che esprime tutti gli elementi essenziali per la celebrazione sacramentale della riconciliazione:
– esame di coscienza: “Allora rientrò in se stesso…”
– contrizione: “Mi leverò e andrò da mio padre…”
– penitenza: “Partì e si incamminò verso suo padre…”
– confessione: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te…”
– assoluzione: “Presto portate qui il vestito più bello…”
(Lc 15, 11-32).
“Si raccomandi ai fedeli una più intensa e fruttuosa partecipazione alla liturgia quaresimale e alle celebrazioni penitenziali. Si raccomandi loro soprattutto di accostarsi in questo tempo al Sacramento della Penitenza secondo la legge e le tradizioni della Chiesa, per poter partecipare con animo purificato ai misteri pasquali”.
L’impegno penitenziale della Chiesa oltre che essere delineato nel Lezionario festivo dell’anno C e in tanti testi biblici, patristici ed eucologici della Messa e dell’Ufficio divino, si esprime in concrete celebrazioni: nel rito della imposizione delle ceneri, nell’atto penitenziale della Messa che in questo tempo assume una singolare importanza, nelle eventuali processioni penitenziali nei mercoledì di Quaresima. Raggiunge il vertice nella solenne celebrazione penitenziale al termine della Quaresima che, mentre riassume l’itinerario penitenziale, predispone alla celebrazione sacramentale della Riconciliazione. “E’ opportuno che il tempo quaresimale venga concluso, sia per i singoli fedeli che per tutta la comunità cristiana, con una celebrazione penitenziale per prepararsi a una più intensa partecipazione del mistero pasquale”.
La Chiesa ripetutamente grida con forza a se stessa: “Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore tuo Dio”.
Che questa conversione sia effettiva e ponga sulle nostre labbra l’espressione del pentimento che uscì dalla bocca agonizzante del buon ladrone: “Ricordati di me, Signore, quando entrerai nel tuo regno!” (Lc 23, 42) e il nostro cuore si sciolga ne
lla gioia del perdono ritrovato e dica con Pietro “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti voglio bene” (Gv 21, 17).
La Fede, spiegavano Machiavelli, Marx e tanti altri, è un freno all’azione terrena, impone una visione rassegnata dell’esistenza, perché rimanda tutto all’eternità. Credere nell’aldilà, insomma, impedirebbe all’uomo di essere protagonista nell’aldiqua.
Mi sembra che le cose non stiano così. Cercherò di spiegarlo ricorrendo ad un personaggio de “Il signore degli anelli“: il piccolo Frodo. Egli decide di assumersi un compito molto più grande di lui: prendere l’anello del potere, bramato dal Signore del male, e portarlo là dove può essere distrutto. “Prenderò io l’anello,- afferma- solo non conosco la strada“. Continua a leggere
La felice penna di Roberto Marchesini è di nuovo in libreria con Per la libertà vostra e nostra – La Polonia raccontata agli italiani (D’Ettoris Editori, 2019).
Nel testo, che raccoglie articoli già pubblicati online (anche su Libertà&Persona) e pezzi inediti, si vanno a toccare diversi aspetti del Paese polacco: tra storia, religione, politica… e tra passato, presente e futuro.
Ne abbiamo parlato con l’Autore stesso.
Durante la festa di matrimonio, una simpatica usanza (più o meno diffusa) vuole che gli uomini presenti lancino in aria lo sposo, con sommo gusto di lui e sano terrore di lei, che già si prefigura vanificati tutti gli sforzi fatti per conquistare il traguardo dell’altare e farsi mettere un anello al dito.
A partire soprattutto dalla Riforma Tridentina sorse, in ripresa della più antica tradizione cristiana risalente ai Padri del deserto, un trattato specifico di morale per la formazione sacerdotale e per la guida delle anime, soprattutto religiose e sacerdotali, ad una più alta perfezione ed alla santità, sotto il titolo di «teologia ascetica e mistica», in risposta all’etica luterana, che, sotto pretesto che ogni credente, laico o ministro, è guidato soltanto e direttamente dallo Spirito Santo, respingeva, come condizioni per salvarsi, la mediazione della Chiesa e dei sacramenti, l’esercizio nelle buone opere e lo sforzo metodico, per dominare le passioni, elementi da lui visti come inutili fonti di scrupoli e di presunzione, nonchè pretesa di sentirsi giusti e di meritare davanti a Dio.
L’anno è il 1989: sta per cadere il muro di Berlino, e con esso, la cortina di ferro. Interi paesi, tutti quelli sotto il tallone comunista, intravedono la libertà, che si rivelerà più faticosa e difficile del previsto.
In questo stesso anno nasce il WEB, il World Wide Web cioè la “rete di grandezza mondiale” che abbatterà molti “muri” costituiti dalla distanza fisica, spaziale.
Il luogo in cui questo accade è il CERN di Ginevra, in una zona di confine tra Svizzera a Francia.
E’ grazie a questa invenzione che posso permettermi il lusso di intervistare un “mostro” della scienza contemporanea, il professor Lucio Rossi, via Skype: io seduto nel mio studio, lui nel suo, a Ginevra appunto.
Rossi è un fisico italiano già responsabile dei magneti superconduttori del mitico acceleratore di particelle detto Large Hadron Collider (LHC) del Cern: è dunque uno dei protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs, noto al grande pubblico con un’espressione impropria, più mediatica che scientifica, cioè “la particella di Dio”. Ora dirige il progetto LHC ad Alta Luminosità, volto a aumentare considerevolmente le prestazioni di LHC. Abbiamo voluto chiedergli alcune delucidazioni sul Cern ed alcune opinioni personali.
Professore, come è nato il suo interesse per la fisica?
Un bisogno del nostro tempo è la rivalutazione del matrimonio cristiano non solo in riferimento alla condizione presente della natura umana decaduta e redenta, ma allargando lo sguardo, come fece S.Giovanni Paolo II nelle sue catechesi sul matrimonio, alle condizioni proto logiche e a quelle escatologiche della coppia umana.
Cinque eresie, cinque modi per adulterare la dottrina e rovinare il mondo. Potrebbe riassumersi così Le grandi eresie di Hilaire Belloc, giornalista, polemista, apologeta ma soprattutto storico amico di G.K. Chesterton. L’opera, scritta nel 1938, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, qui presentata per la prima volta in lingua italiana, è una trattazione articolata di cinque grandi eresie della storia (l’ariana, l’albigese, l’islam, la Riforma protestante e infine quella che viene chiamata “la fase moderna”) in qualche modo paradigmatiche per capire le direzioni dalle quali può partire l’assalto contro la fede cattolica; di ognuna vengono enucleate le caratteristiche e tratteggiato lo sviluppo storico, con la consueta attenzione di Belloc per la storia militare come responsabile di molti mutamenti storici (per esempio, evidenzia come tutto l’esercito dell’Impero romano era ariano, e che all’islam è stato permesso di sopravvivere grazie al Continua a leggere