di Silvio Brachetta
QUESTI DI SEGUITO, I LINK CONTESTUALI ALL’EDITORIALE Continua a leggere
Cento anni fa nasceva il Partito comunista d’Italia (PCd’I): così si chiamava, respingendo un’appartenenza nazionale, e rivendicando un legame con Mosca e l’internazionalismo. Solo più avanti sarebbe diventato Partito comunista italiano (PCI). I fondatori provenivano per lo più dal socialismo massimalista: erano stati compagni di strada, amici, collaboratori – su l’Avanti o l’Utopia – di quello stesso Benito Mussolini che ora occupava la scena.
Per la verità già nel 1921 Mussolini non poteva più contare sullo slancio degli anni precedenti. Il biennio rosso (1919-1920), tentativo violento della sinistra di realizzare anche in Italia una rivoluzione bolscevica, gli aveva permesso di ricollocarsi politicamente. Di tornare ad avere un ruolo, presentandosi come un baluardo contro i comunisti. Ma in breve le “guardie rosse” avevano ridotto la loro attività e le squadre fasciste allarmavano ormai anche molti che avevano simpatizzato per loro più che altro per paura dei comunisti. Continua a leggere
Cento anni fa nasceva il PCd’I, poi PCI, partito comunista italiano. Fondato da uomini che sino a poco prima erano stati compagni di strada e amici di Benito Mussolini (come lui nella corrente massimalista del socialismo italiano).
In un articolo pubblicato su L’Utopia il 23 ottobre 1913 e intitolato “Democrazia?”, Mussolini sottolineava il “dissenso teorico e pratico che ci divide dalla democrazia”. Su quel giornale scriveva anche Amedeo Bordiga, futuro fondatore del PCI.
Cosa è stato il PCI? Il partito che voleva la dittatura sovietica in Italia; il partito che all’inizio del Novecento ha diviso il paese contribuendo a impedire qualsiasi alleanza che generasse un governo stabile; che ha reso marginali i socialisti moderati… contribuendo a consegnare il Paese al vecchio compagno di strada. Continua a leggere
Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=3RwBlSv75m4&feature=youtu.be
Traduco solo una parte di questa illuminante intervista che smaschera in maniera magistrale l’inganno mediatico a cui siamo sottoposti al fine di accettare come cani al collare gli ordini di padroni occulti che forse amano solo gli animali. Quando terminerò questa traduzione forse sapremo chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. Anche se da giorni i maggiori media mondiali, i politici di mezzo mondo e il Papa hanno già deciso che il vincitore è Joe Biden, queste elezioni lasceranno in molti il dubbio di gravi frodi. Ndt).
Andres. – Approfitto dell’occasione di parlare con César Vidal per chiedergli di aiutarci a comprendere il momento che stiamo vivendo. Buona sera César! Come va’?
César. – Buona sera Andres! Sono felice di essere qui.
Continua a leggeremagistrato – vicepresidente del Centro studi Livatino
Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus
Carceri: l’emergenza dell’emergenza
… ben più dello scontro Bonafede-Di Matteo
Sarebbe riduttivo leggere la diatriba fra il ministro della Giustizia e l’ex P.M. Di Matteo decontestualizzandola da quella che fin dall’inizio della pandemia si è manifestata come l’emergenza nell’emergenza: e cioè la tragica situazione del sistema penitenziario italiano. Per il quale, come per ogni altro settore della nostra vita istituzionale, Covid-19 non ha fatto emergere problemi nuovi, bensì ha radicalizzato ed enfatizzato questioni che si trascinano da anni. Il peggio che può accadere è che, dopo che il Guardasigilli ha riferito in Parlamento e l’attuale componente togato del CSM sarà rientrato in sé stesso, la vicenda carceri riprenda a essere marginale, nonostante quello che ha manifestato negli ultimi due mesi. Ripercorriamoli in ordine cronologico. Continua a leggere
Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus
Il supermercato dei diritti, l’afonia della Chiesa, il decesso dell’Unione Europea e il modello cinese
Intervista a tutto campo al prof. Marcello Pera
[L’intervista esce in contemporanea su www.lanuovabq.it e www.loccidentale.it]
Da più di due mesi siamo tutti coinvolti in una crisi che da sanitaria si è fatta vieppiù sistemica e capace di dissolvere molte decennali illusioni e rivelare la malattia spirituale che corrode sin nel midollo realtà dall’apparenza solida: l’UE, la statualità e la democrazia italiana, la nostra civiltà (che fu cristiana) nella sua cultura di massa e nella sua ideologia di fondo, la stessa Chiesa Cattolica.
In questa Italia in quarantena nuove illusioni sono sorte a riempire lo spazio lasciato dalle vecchie dissolte … illusioni però effimere destinate probabilmente a dissolversi appena la crisi economica che seguirà quella sanitaria farà sentire la sua morsa.
Si tratta allora di capire la crisi, culturale-spirituale di una civiltà prima che sanitaria e socio-economica, per poter ragionevolmente pensare al dopo-crisi, a come uscirne e a come e cosa ricostruire.
È l’interesse del nostro Osservatorio che ha avviato, a partire dal documento dell’arcivescovo Crepaldi, un Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus per pensare cattolicamente una risposta alla crisi partendo dal patrimonio filosofico/teologico della Dottrina sociale della Chiesa.
Ne abbiamo parlato con il professor Marcello Pera, illustre filosofo, già ordinario di Filosofia della scienza all’Università di Pisa, uno dei pensatori più autorevoli del conservatorismo liberale italiano, senatore della Repubblica per quattro legislature, Presidente del Senato dal 2001 al 2006, intellettuale laico dei più sensibili alla Tradizione Cattolica, capace di intessere con papa Benedetto XVI un dialogo filosofico approdato a pubblicazioni e che dura tuttora. Continua a leggere
di Lorenza Perfori
La pandemia in atto rende non più rinviabile la revisione della legge 194/78
Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus
L’epidemia di coronavirus ha dimostrato, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanto la questione dell’aborto indotto e, nello specifico, la tutela della salute psicofisica della donna, sia una questione ideologica.
L’emergenza coronavirus
Il nuovo coronavirus (Covid-19), per il fatto di aver colpito contemporaneamente un numero molto elevato di persone, ha determinato una grave emergenza sanitaria che ha comportato la necessità di incrementare con urgenza i posti letto in terapia intensiva, il personale medico per la cura dei pazienti colpiti, le risorse economiche per presidi e dispositivi medici.
Il bisogno di liberare spazio e risorse mediche, per fronteggiare l’emergenza, ha avuto come conseguenza l’interruzione o il rinvio di molti servizi e attività non essenziali o urgenti, erogati dal Sistema Sanitario Nazionale, e “la rimodulazione dell’attività chirurgica elettiva”, ovvero di quella chirurgia non urgente, programmabile come ad esempio gli interventi di protesi all’anca e al ginocchio, di alcuni interventi oncologici che non comportino rischi per il malato, le operazioni per la cataratta, per l’ernia inguinale, per togliere i nei, ecc. Continua a leggere
di Stefano Fontana.
Nei commenti dei politici e degli opinionisti così come nelle reazioni della gente, c’è la percezione che quella contro il coronavirus sia una guerra che giustifica la sospensione delle libertà. È un vecchio dibattito che ha visto impegnati molti filosofi, ma la realtà ci dice che quando il potere toglie la libertà non garantisce nemmeno la sicurezza e la vita.
Ormai è sulle bocche di tutti: “siamo in guerra!”. Si vive quella del coronavirus come la situazione di eccezione di cui si sono occupati i principali teorici della politica, primo fra tutti Carl Schmitt. Secondo lui la sovranità politica consiste nel decidere del caso di eccezione, come nel caso di una guerra dove l’opposizione amico/nemico raggiunge il suo proprio livello politico. L’eccezione si configura tale quando, data la sua urgenza, per fronteggiarla bisogna azzerare tutte le norme, le prassi e le garanzie. Quando vengono meno la norma e il diritto, allora il potere manifesta pienamente se stesso: decide al di fuori del diritto ma la sua decisione ha valore giuridico. Di più: per Schmitt il potere non consiste solo nel decidere davanti allo stato di eccezione, ma anche nel decidere quando ci sia uno stato di eccezione. Senza un potere così inteso, la società viene travolta dalla guerra civile che, secondo Schmitt, è il male peggiore di ogni male. Continua a leggere
di Francesco Boezi
Dalla critica al multiculturalismo alla difesa dei valori non negoziabili, passando per la non necessità di un “partito dei cattolici”: il cardinal Camillo Ruini e il senatore Gaetano Quagliariello scendono in campo per la difesa del cattolicesimo conservatore
Il cardinal Camillo Ruini e il “ruinismo” sono riapparsi sulla scena politico-culturale del Belpaese. Dopo l’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, quella in cui l’ex vertice della Cei ha domandato alla Chiesa cattolica di non chiudere le porte al dialogo con la Lega di Matteo Salvini, il porporato italiano è tornato a dire la sua mediante “Un’altra libertà – Contro i nuovi profeti del paradiso in terra”.
Usando la definizione del coautore della dialettica declinata a mezzo libro, ossia quella del senatore Gateano Quagliariello, si tratta di un “dialogo laico”, centrato sulla “libertà oggi”, sui “suoi confini” e sui suoi “falsi profeti”. Il testo, che è edito da Rubettino, è curato dalla giornalista Claudia Passa. I ruiniani, e questa di per sé già rappresenta una notizia, si stanno riorganizzando: lo scorso novembre è nata un’associazione di laici presieduta da Eugenia Roccella. La pubblicazione dell’opera libraria che è prevista per giovedì 20 coincide quindi con la riproposizione di istanze che sembravano divenute secondarie rispetto allo stradominio del “cattolicesimo democratico”. Continua a leggere