Continua a leggere“Questa è davero una serata speciale su Calane 5, anzi, unica. Sta per andare in onda, in esclusiva mondiale, un’intervista realizzata dal nostro Fabio Marchese Aragona al personaggio, forse, più amato e seguito al mondo: Papa Francesco. Con la sua dottrina, e soprattutto con la sua grande umanità, ci racconta il suo pensiero. Come dice il titolo, ci racconta il mondo che vorrebbe”.
Queste le parole dell’annunciatrice televisiva, che appariva evidentemente emozionata.
Diamo pubblicazione del testo completo della Nota con la quale la Congregazione per la Dottrina della Fede non intende dare valutazioni sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini anti-covid-19, pur
Continua a leggereIl dottor Leroy Cahart, ottantenne, pratica aborti fino al nono mese. La lista delle violazioni sanitarie e delle lesioni provocate alle sue clienti è lunghissima e agghiacciante. È responsabile della morte di (almeno) due donne: la 19enne Christine Gilbert, campionessa paraolimpica di softball, nata con la trisomia 21, spinta dai genitori ad abortire alla 28 settimana un bambino concepito durante uno stupro.
L’agonia patita da questa ragazza mette i brividi: Carhart uccide il feto con un’iniezione di digossina e dilata la cervice con delle laminarie. Dopo qualche ora Christine partorisce il bambino (morto) nell’auto dei genitori, che non hanno fatto in tempo a tornare in clinica. Carhart, mentre esegue il raschiamento, perfora l’utero e lo sutura. Poi le somministra la pillola abortiva, nonostante negli USA sia vietata nelle gravidanze di oltre 10 settimane e l’evidente follia di indurre contrazioni in un utero lacerato e appena suturato. Continua a leggere
Avrebbe dovuto uscire nei cinema italiani in questo periodo, ma l’emergenza legata al coronavirus ne ha posticipato la programmazione. L’editore ha però deciso di renderlo disponibile al pubblico in streaming, in attesa di poterlo gustare, speriamo quanto prima!, nelle sale.
Continua a leggereLo scorso giugno è stata resa nota la relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, relativa all’anno 2018[i]. Sono già usciti alcuni articoli che ne hanno commentato determinati aspetti, tra i quali: la questione dell’obiezione di coscienza, l’aumento del ricorso alla “contraccezione d’emergenza”, la comparazione tra punti nascita e punti “Ivg”, il carico di lavoro dei medici abortisti, ecc.[ii], [iii]. La mia analisi si baserà su un aspetto non ancora considerato: le complicazioni correlate all’aborto indotto, una questione che già nelle relazioni precedenti, e in maniera analoga nell’attuale, viene costantemente affrontata in maniera opaca e insufficiente[iv].
La relazione sulla 194 dedica specificatamente alle complicazioni la tabella n. 27 e un misero paragrafo di 13 righe “Complicanze immediate dell’IVG”, tuttavia, leggendo le 59 pagine che la compongono, si può individuare qua e là qualche altra scarna notizia e dato che riguarda direttamente le complicazioni dell’aborto. Si tratta nel complesso di un insieme di informazioni che rivela poco o nulla dell’impatto dell’aborto sulla salute della donna, ma che al contempo rivela invece molto della tendenza globale volta a minimizzare e occultare tutto ciò che mette in cattiva luce l’aborto indotto. Continua a leggere
Moriamo un poco ogni giorno, scriveva Seneca; sì, ma nasciamo anche, ogni giorno. Siamo creature che hanno “fame di nascere del tutto” (Maria Zambrano). La filosofia incontra la medicina e la bioetica, nel momento in cui riflette sulla nascita (nasciamo soli, nudi, senza parole…nasciamo da una relazione, un po’ gettati, un po’ accompagnati…nasciamo ad un mondo -quello dell’utero materno, per esempio, per affrontarne uno più ricco e colorato… ma pur sempre incompleto.
Continua a leggeredi Lorenza Perfori
La pandemia in atto rende non più rinviabile la revisione della legge 194/78
Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus
L’epidemia di coronavirus ha dimostrato, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanto la questione dell’aborto indotto e, nello specifico, la tutela della salute psicofisica della donna, sia una questione ideologica.
L’emergenza coronavirus
Il nuovo coronavirus (Covid-19), per il fatto di aver colpito contemporaneamente un numero molto elevato di persone, ha determinato una grave emergenza sanitaria che ha comportato la necessità di incrementare con urgenza i posti letto in terapia intensiva, il personale medico per la cura dei pazienti colpiti, le risorse economiche per presidi e dispositivi medici.
Il bisogno di liberare spazio e risorse mediche, per fronteggiare l’emergenza, ha avuto come conseguenza l’interruzione o il rinvio di molti servizi e attività non essenziali o urgenti, erogati dal Sistema Sanitario Nazionale, e “la rimodulazione dell’attività chirurgica elettiva”, ovvero di quella chirurgia non urgente, programmabile come ad esempio gli interventi di protesi all’anca e al ginocchio, di alcuni interventi oncologici che non comportino rischi per il malato, le operazioni per la cataratta, per l’ernia inguinale, per togliere i nei, ecc. Continua a leggere
Nel mio precedente articolo relativo agli studi italiani di record-linkage sulla mortalità materna, avevo evidenziato il fatto che gli autori degli studi si erano limitati a calcolare solo la sottostima della mortalità materna presente sui certificati di morte, omettendo di ripartire l’MMR (Rapporto di Mortalità Materna) per ciascun esito di gravidanza (parto, gravidanza ectopica, aborto spontaneo, aborto indotto), nonostante i dati per effettuare tale ripartizione fossero disponibili in entrambi gli studi.
Il dottor David Reardon – autore di una revisione sistematica, uscita nel 2017, che prende in esame tutti gli studi di record-linkage che a livello globale sono stati realizzati sulla mortalità correlata alle perdite di gravidanza – ha giustificato questa omissione, da parte dei ricercatori italiani e della ricerca sull’aborto in generale, con la presenza di una parzialità nell’informazione e di un pregiudizio nei confronti della pubblicazione di risultati sfavorevoli alla propaganda pro-aborto la cui narrazione esige che esso sia presentato come una pratica sicura, esente da complicazioni gravi per la donna che vi ricorre, e con una mortalità molto più bassa rispetto al parto. In realtà, tutti gli studi di record-linkage, statisticamente significativi, che hanno ripartito l’MMR su ciascun esito di gravidanza, hanno confutato questa conclusione, mostrando che è l’aborto indotto ad avere i rapporti di mortalità più elevati, sia rispetto alle altre perdite di gravidanza che soprattutto rispetto al parto.
Tutta questa premessa per dire cosa? Per dire che, grazie al primo Rapporto elaborato dal Sistema Italiano di Sorveglianza Ostetrica, ItOSS (Italian Obstetric Surveillance System), è possibile conoscere il numero dei suicidi relativo a ciascun esito di gravidanza, individuati dal secondo studio italiano di record-linkage, dei quali era stata riportata solo la cifra complessiva. I dati del rapporto ItOSS confermano quanto già da tempo si conosce, ovvero che si muore più di aborto indotto che di parto. Ma andiamo per ordine. Continua a leggere
Nel 2018, l’associazione Provita onlus (ora Provita & Famiglia) ha prodotto il libretto “PER LA SALUTE DELLE DONNE” con l’obiettivo di informare le donne sulle conseguenze psicofisiche correlate all’aborto indotto.
Il libretto nasce per sopperire alla carenza di informazioni su questo argomento, carenza presente sia a livello sanitario – cioè quando la donna si reca dal proprio medico di fiducia o in una struttura sanitaria (consultorio, struttura ospedaliera pubblica o privata) per chiedere di abortire -, sia a livello politico, in particolare per ciò che riguarda la relazione annuale del Ministero della Salute sull’applicazione della legge 194/78, in cui il Ministro della Salute riepiloga ogni anno tutti i dati relativi agli aborti indotti. Tale Relazione si presenta lacunosa, incompleta e generica: le complicazioni correlate all’aborto indotto risultano fortemente sottostimate, non chiaramente specificate e molte di esse persino mancanti.
“Per la salute delle donne” ha le caratteristiche di un opuscolo informativo ed è suddiviso in tre parti. Nella prima parte sono riportate le conseguenze dell’aborto indotto sulla salute fisica, così come risultano dalla vasta letteratura scientifica disponibile sull’argomento. Sono elencate le complicazioni comuni a entrambe le procedure abortive oggi praticate (chirurgica e farmacologica), sono poi riportate le complicazioni fisiche specifiche dell’aborto chirurgico e, a seguire, quelle fisiche a carico dell’aborto farmacologico. Sempre nella prima parte sono inoltre elencate le complicazioni fisiche a lungo termine e in successive gravidanze. Infatti, in letteratura scientifica risulta che le donne che in passato si sono sottoposte a uno o più aborti indotti, hanno un maggior rischio di incorrere in determinate complicazioni che possono presentarsi diversi anni dopo l’aborto o manifestarsi durante una successiva gravidanza. Continua a leggere
Pubblichiamo l’intervento del prof. Stefano Fontana al Seminario di Apologetica 2020 (Centro Damasco – Brescia) dell’11 febbraio 2020.
Una breve storia preliminare
Lo stretto collegamento della bioetica con la Dottrina sociale della Chiesa è stabilito in modo incontestabile dalla Evangelium vitae la quale collega direttamente se stessa con la Rerum novarum. Il testo è noto: “Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce” … “Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita è oggi una grande moltitudine di esseri umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati”[1].
La questione bioetica veniva così inserita dentro la questione sociale o, se vogliamo, la questione sociale veniva ampliata a comprendere la bioetica. In questo senso la Evangelium vitae è da collegarsi con la Humanae vitae (1968)[2] di Paolo VI, dato che la bioetica non può non interessarsi della procreazione e quindi della sessualità umana nella sua valenza pubblica; ed è da collegarsi con l’Esortazione Familiaris consortio (1981) di Giovanni Paolo II, in quanto non si può parlare di apertura alla vita senza parlare dell’unico contesto umanamente adeguato per la sua accoglienza, ossia il contesto matrimoniale che la politica deve proteggere.
Questi tre documenti sono da tenere sempre insieme, sicché quando si nega o si pensa di riconsiderare l’uno si hanno ripercussioni negative anche sugli altri. La sessualità, la procreazione, il matrimonio, la famiglia non sono fatti privati, sono certamente personali ma non individuali, hanno invece una originaria dimensione pubblica, quindi sociale e politica. In questo senso bisogna dire che la questione bioetica rientra nella questione sociale. Se invece sessualità, procreazione, matrimonio, famiglia sono intesi come fatti individuali, privati, ludici, tecnici, oppure come delle semplici scelte o preferenze, allora la questione bioetica non solo non rientra nella questione sociale ma non esiste nemmeno come questione. In questo caso basterà il bio-diritto positivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di tutti i legislatori statali che vorranno applicarlo. Continua a leggere